Il 18 aprile 2011 veniva denunciata la scomparsa di Carmela Rea, chiamata da tutti Melania. Due giorni dopo la denuncia, il corpo senza vita di Melania Rea fu ritrovato nel bosco di Colle San Marco, il luogo in cui la donna si era recata con suo marito e la figlia per una passeggiata. Melania Rea aveva 28 anni ed era originaria di Somma Vesuviana, in Campania. Era sposata con Salvatore Parolisi, un uomo di 33 anni e militare dell’esercito ad Ascoli Piceno.
Il giorno della scomparsa di Melania Rea
Il 18 aprile 2011, Salvatore Parolisi denuncia la scomparsa della moglie intorno alle 16:30. Ai carabinieri spiega che Melania si era allontanata per andare in bagno e lui era rimasto con la figlia Vittoria nei pressi delle altalene. Si accorge dell’assenza della donna quando, dopo 20 minuti, ancora non fa ritorno.
Da quel momento iniziano le ricerche per ritrovare Melania. Solo due giorni dopo, il 20 aprile, i carabinieri ricevono una telefonata anonima che denuncia la scoperta di un corpo vicino al chiosco della pineta di Ripe di Civitella. Successivamente viene accertato che si trattava del corpo della giovane donna.
La donna è stata massacrata da 35 coltellate alla schiena. L’assassino ha poi inciso con un coltello una svastica e conficcato una siringa. Secondo l’aggressore, questa scena avrebbe depistato gli inquirenti sul posto. Dall’autopsia, si capisce che l’aggressore non si è accanito sul corpo della donna subito dopo la morte, ma che avrebbe continuato a colpirla e a sfregiarla nelle ultime ore prima del ritrovamento.
I primi sospetti e i tradimenti
Le indagini iniziano con sospetti sul conto del marito di Melania, Salvatore Parolisi, dopo aver ritrovato tracce di DNA sulle labbra della donna. Ad avvalorare questa tesi sopraggiunge la scoperta del tradimento da parte di quest’ultimo, con una sua allieva.
Melania e Salvatore litigavano frequentemente, soprattutto dopo la scoperta del tradimento. Melania decise di perdonare Salvatore per poter salvare la famiglia, ma questo non servì a salvarle la vita.
Un mese prima della morte di Melania, Salvatore scambiò vari messaggi con l’allieva con cui tradiva la moglie, in cui diceva di desiderare solo lei e che avrebbe voluto stare con lei, che avrebbe dovuto avere pazienza perché avrebbe sistemato la situazione con la moglie. Ancora, su Facebook, Salvatore aveva un profilo sotto il nome di Vecio Alpino, in cui nascondeva una fitta rete di chat, che avrebbe cancellato il giorno dopo la morte della moglie.
I sospetti diventano certezze quando, un mese dopo la morte, il cellulare e la macchina di Salvatore furono messi sotto controllo. Gli inquirenti riuscirono ad ascoltare delle conversazioni con l’allieva e delle frasi che ripeteva in macchina in preda al panico, quali “Come ho potuto fare una cosa del genere? Ma sono comunque un bravo ragazzo”, che non lasciano spazio alla fantasia e alle interpretazioni.
La condanna per l’omicidio di Melania Rea
Il 25 settembre 2013, iniziò il processo a Salvatore Parolisi per l’omicidio della moglie Melania Rea, condannato all’ergastolo. Tuttavia, cinque giorni dopo, la Corte d’Appello ridusse la pena a 30 anni di carcere. Infine, il 13 giugno 2016, la Cassazione confermò la pena definitiva di 20 anni di reclusione. La figlia Vittoria cambiò il cognome da Parolisi a Rea e il padre perse definitivamente la possibilità di vederla.
Cosa insegna questo caso di femminicidio
Il caso di Melania Rea ha avuto un forte impatto sulla società riguardo le dinamiche di relazioni complicate e caratterizzate da anni di tradimenti, nascoste sotto una superficie falsamente tranquilla. La tragica storia di Melania è un avvertimento sulla necessità di prevenzione nelle relazioni personali e di suggerimento nel non accettare rapporti extraconiugali, che potrebbero poi portare a situazioni ingestibili.
Fonte Immagine: RaiPlay