Recensione del romanzo “caso letterario” del 2020 “Tornare a casa” di Dörte Hansen, edito Fazi.
Ingwer Feddersen è in macchina, alla radio suona Neil Young e la nebbia avvolge la vettura, svelando a poco a poco i tetti e le case di Brinkebüll.
Ingwer, come suggerisce anche il libro, sta tornando a casa nel suo paesino di origine nel nord della Frisia per assistere i suoi nonni, ormai troppo anziani e fragili nel corpo e nella mente.
Per lui tornare a casa non può essere una cosa semplice. Tornare sui propri passi è faticoso ma inevitabile. Perché tornare a casa vuol dire anche ritrovarsi e accettare ciò che siamo diventati.
Con il suo ritorno il tempo si accartoccia su se stesso e si dispiega nuovamente nel presente, lasciando segni e crepe sull’assetto della realtà. Il perno su cui ruota la vicenda è proprio la cittadina di Brinkebüll e la narrazione che i vari personaggi del libro fanno di essa, così descritta:
“Il vento era lo stesso di sempre. Affilava le pietre e scuoteva gli alberi, piegava le schiene. Neanche quel vento antico si curava di cosa facevano le persone, se si fermavano lì o passavano oltre.”
Come la Natura delle Operette Morali di Leopardi, la roccia morenica su cui sorge Brinkebüll non muta nel tempo, rimane la stessa, a tratti imperiosa e indifferente dei suoi abitanti. Questi ultimi, dal canto loro, mutano diventando vittime del loro stesso desiderio di cambiamento.
Ingwer è il primo tra le “vittime”, un ragazzo promettente che si distacca da Brinkebüll già durante il periodo del liceo e non accetta di ereditare la locanda del nonno, Sönke, per continuare a studiare e perseguire il suo sogno di diventare archeologo. Abbandona anche la lingua, non più basso tedesco ma il tedesco scolastico sarà il suo nuovo mezzo di espressione.
Ingwer diventa professore all’Università di Kiel e condivide un appartamento con Claudius e Rebekah, due persone molto diverse da lui, provenienti da famiglie facoltose e sofisticate.
Tuttavia il richiamo dell’Heimat è fortissimo e ritorna a galla nella memoria, nei gesti e nelle parole di Ingwer.
La fuga da Brinkebüll lo ha riportato inevitabilmente tra le braccia della città in un cerchio che prova a spezzarsi, ma poi rimane intatto.
Dietro al bancone della locanda Feddersen, Ingwer riporta in superficie immagini, odori e volti del passato. Alcuni uomini che frequentavano la locanda sono morti, e quei pochi che sono ancora rimasti portano i segni del tempo sul viso.
Dörte Hansen riesce a tracciare in queste pagine la storia di una cittadina che viene trasfigurata e plasmata dalle mani degli uomini in più parti. Le strade sterrate lasciano spazio al cemento, le fattorie scompaiono e al loro posto sorgono grandi allevamenti. Chi ha memoria del passato è in via di estinzione e le generazioni future hanno sulle spalle la responsabilità di mantenere viva quella memoria. Attraverso descrizioni dettagliate, la Hansen permette al lettore di entrare nella psiche dei personaggi, di viverne le sensazioni e le emozioni, la malinconia e la tenerezza. Le pagine del libro sono materia viva e familiare a chiunque, toccano le corde dell’anima con semplicità e naturalezza.
[Fonte immagine: Fazi Editore]