Sulphur, di Cesare Carpenito: incontro con l’autore

Sulphur di Cesare Carpenito: incontro con l'autore

In occasione dell’uscita del suo romanzo “Sulphur”, ambientato in un borgo del Sud Italia di fine anni Cinquanta, il cui cuore pulsante è incarnato da una miniera di zolfo, l’autore Cesare Carpenito ha concesso un’intervista alle pagine di Eroica.

Quella di Cesare Carpenito – scrittore, docente liceale di Lettere, collaboratore del “Quotidiano del Sud” e notevole violinista, originario di Tufo (AV)è un’opera prima intessuta di echi lontani, saldamente radicata alla sua terra. In un borgo meta-letterario dell’Irpinia di fine anni Cinquanta, si snodano le vicende di due adolescenti, i quali, attraverso un percorso di formazione, vivranno scoperte destinate a mutare per sempre i loro destini. Scavando nel vissuto dei personaggi, emergono, passo dopo passo, alcune memorie e tracce peculiari della realtà di provincia che fa da sfondo alla vita interna del romanzo, che l’autore mira a custodire: tale legame atavico con le proprie radici traspare chiaramente dalla piacevole intervista che abbiamo condiviso.

“Sulphur” e il suo background 

Vorrei partire da una domanda molto personale. Come nasce l’idea?

Ho coltivato a lungo l’idea di questo romanzo: per anni mi sono interrogato sul possibile fluire di questa storia che, ormai, da troppo tempo accarezzavo. L’ispirazione, senza dubbio, affonda le proprie radici nel mio vissuto, sia sotto il profilo territoriale, sia sotto quello culturale. Ho creduto che, per un’opera prima, non ci fosse nulla di più adatto che aprire il proprio io, le proprie suggestioni, la propria personalissima mitologia interiore.

Qual è il filo conduttore del romanzo, quali sono le dinamiche che lo percorrono?

“Sulphur” si sviluppa come romanzo di formazione, dunque il filo conduttore è rappresentato dalla storia di due adolescenti, Enea e Ninetto, i quali, pur essendo molto diversi, sono legati da un’amicizia fraterna. La loro vita trascorre fra le arcane credenze custodite dagli anziani, la musica della banda del paese e la poesia appresa sui libri di scuola sgualciti. L’estate narrata nell’opera, però, li cambierà per sempre, per volere di un destino ineluttabile che, inconsapevoli, si portavano già cucito addosso.

Ovviamente il titolo è un riferimento alla tua terra, che costituisce lo scenario di fondo dell’azione. Che cosa ti ha spinto ad ambientarvi la storia che hai costruito?

La storia si svolge a Borgo San Michele, paese meta-letterario di un’Irpinia di fine anni Cinquanta che non esiste più, se non nel ricordo stemperato di qualche anziano. Il cuore pulsante del borgo è incarnato dalla miniera di zolfo e, in questo aspetto, senza dubbio, lo scenario di fondo è debitore delle mie radici… di Tufo (AV). Tuttavia, il background mitico e sociale alitante intorno ai protagonisti, a mio avviso, per quanto locale, si innalza all’universale, richiamandosi a un comune sentire atavico che ha caratterizzato le nostre realtà di provincia sin dall’antichità, prima di infrangersi contro il muro di gomma della globalizzazione forzata, per imprigionarci, dunque, in un modello sociale che ci ha sradicati e spersonalizzati nelle nostre identità più profonde, come profetizzato dal Pasolini degli “Scritti corsari”.

Chi o cosa è stata la tua fonte di ispirazione?

Io non credo che l’ispirazione ci pervenga come un’illuminazione. L’ispirazione cova dentro di noi, si costruisce giorno per giorno, lungo il sentiero del nostro vissuto. Sta solo a noi trovare la voglia di ascoltarla. Tuttavia, come lascia intendere la dedica ai miei nonni, sono stati loro la mia fonte principale.

Quali ostacoli hai incontrato in corso d’opera?

La disillusione. Non c’è pericolo peggiore, per un aspirante scrittore, di fermarsi a chiedersi: “Chi mi leggerà? Cosa si aspetteranno?”.

In che modo la storia dei due protagonisti si rivela un’occasione per conoscere se stessi?

Nelle pagine di “Sulphur”, Enea e Ninetto saranno costretti ad affrontare un percorso di crescita cruento. Enea, in particolare, si scoprirà diverso o, meglio, si comprenderà a fondo, capendo che ciò che siamo non dipende sempre da noi, ce lo portiamo addosso, inconsapevolmente, come una fortuna o una colpa. Il mito della Ripa Favella, il tesoro custodito da un demone nei boschi del Borgo, si innalzerà a metafora di un percorso di crescita che non può diventare significativo se non si trova il coraggio di affrontare le proprie paure, i propri demoni.

“Ripartire dai villaggi” per guardarsi dentro e alle spalle

Credi che la società in cui viviamo valorizzi il recupero del passato e della propria storia?

Credo che il marketing delle radici sia quanto mai fiorente. E nel senso più deleterio. Il passato, le tradizioni, i costumi atavici vengono immolati sull’altare delle sagre e del turismo di prossimità, svuotati di qualsivoglia portata culturale, antropologica, identitaria.

Quale messaggio vuoi veicolare attraverso il tuo romanzo?

Per essere davvero universali, si dovrebbe ripartire dai nostri villaggi, parafrasando Tolstoj. La stessa lezione pavesiana ci porta alla ricerca del mito nella dimensione altra del paese. Lungi da una beatificazione esasperata ed esasperante della provincia, essa viene narrata nel mio libro nella sua estrema umanità. Il che, ovviamente, non sempre ha un’accezione esclusivamente positiva. Per capire davvero chi siamo, sarebbe necessario guardarci prima alle spalle e poi dentro.

Trapela qualche riferimento alla storia passata, recente ed attuale della tua terra?

Sicuramente, molto di Borgo San Michele si lega alla storia del mio paese: la scoperta delle miniere di zolfo e la società proto-industriale che ne derivò, il secondo dopoguerra visto dalla periferia del mondo, la banda musicale…

In che modo è possibile acquistare il tuo romanzo?

Il mio romanzo, “Sulphur”, edito da Edizioni Il Papavero, è disponibile sul sito della casa editrice e su tutti i principali e-store librari nazionali (Mondadori, La Feltrinelli, Libraccio, Ibs, Libreria Universitaria ecc…). È possibile anche prenotarlo presso le maggiori librerie e, in Irpinia, è già disponibile presso la Mondadori di Avellino, l’Angolo delle storie, sempre nel capoluogo irpino, la libreria Gallo di Ariano Irpino e l’edicola Flo.ri.da di Tufo.

 

 

[Immagine di copertina: Tramonto, di Iris Carpenito, acrilico su tela, 2020]

A proposito di Adele Migliozzi

Laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico, coltivo una grande passione per la scrittura e la comunicazione. Vivo in provincia di Caserta e sono annodata al mio paesello da un profondo legame, dedicandomi con un gruppo di amici alla ricerca, analisi e tutela degli antichi testi dialettali della tradizione locale.

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