La sindrome di Madame Bovary: il concetto di Flaubert

La sindrome di Madame Bovary: il concetto di Flaubert

La sindrome di Madame Bovary o “bovarismo” corrisponde a un disturbo comportamentale che nasce nel 1856-1857, a seguito della pubblicazione del romanzo di Gustave Flaubert intitolato Madame Bovary.

La sindrome di Madame Bovary, che racchiude il messaggio dell’intero romanzo, si basa sulla disillusione riguardante l’idealizzazione dell’amore, presentato per lo più nei romanzi di stampo romantico del XIX secolo. All’interno di questi romanzi venivano narrate delle vere e proprie fiabe incentrate su due innamorati che si sposano e vivono per sempre felici e contenti. I romanzi di Jane Austen mantengono fedelmente questa struttura: un esempio è Orgoglio e Pregiudizio.

Scrivendo Madame Bovary, Flaubert si focalizza sulla vita che i due innamorati vivono all’interno del matrimonio, dalla quale scaturirà la sindrome di Madame Bovary.

Il tema principale dell’opera è la noia che nasce dall’insoddisfazione della protagonista, legata principalmente al rapporto con il marito Charles, un uomo molto più grande di lei e fisicamente poco attraente. Charles, una volta sposati, le darà il suo cognome e, di conseguenza, il suo titolo nobiliare. È proprio a causa del titolo di “Madame” che il lettore, procedendo alla lettura del romanzo, si aspetterà determinati comportamenti conformi alla sua posizione sociale.

Nonostante ciò, Emma Bovary non nasconde la sua infelicità coniugale. Ciò che le si pone da ostacolo tra lei e la felicità è proprio la percezione romantica che esista qualcosa di più, un futuro più allettante che deve riuscire a trovare. Ciò che darà inizio alla sindrome di Madame Bovary, infatti, sarà proprio l’influenza dei romanzi di stampo romantico dai quali ricava i suoi desideri, come sfoggiare begli abiti viaggiando in carrozza o danzando ai galà, tutto ciò destando sempre ammirazione. Inizierà così la sua ricerca di una vita migliore, che penserà di aver trovato con ognuno dei suoi amanti. 

Sindrome di Madame Bovary e l’adulterio

Un ruolo centrale all’interno di Madame Bovary è costituito dall’adulterio. Nei romanzi tradizionali, l’adulterio è inconcepibile: l’amore nasce in maniera semplice tra i due innamorati, che dopo diverse prove riescono a ricongiungersi definitivamente e a unirsi in matrimonio, ma l’adulterio non è parte delle peripezie che i due amanti sono costretti ad affrontare per coronare il loro sogno d’amore. In Madame Bovary, infatti, si dà l’illusione di aver adempito alla norma sociale per eccellenza, celebrando questo matrimonio tra Emma e Charles. La loro unione verrà coronata anche dalla nascita di una graziosa bambina. A seguito di questo lieto evento avverrà la rottura di questa cornice sociale: Emma tradirà per la prima volta Charles. L’adulterio, all’interno dell’opera, è un atto di autodeterminazione individuale e la più alta espressione del desiderio che condurrà alla sindrome di Madame Bovary.

Sarà proprio questo desiderio a portare Emma Bovary alla rovina. Di volta in volta, Madame Bovary verrà intrappolata dai suoi amanti che si succederanno nel corso della narrazione e che, infine, la tradiranno e deluderanno le sue attese riguardo una vita diversa. È questo ciò che darà inizio alla sindrome di Madame Bovary

Alla fine del romanzo, l’eroina verrà punita per le sue azioni e la sua anima diverrà un campo di battaglia tra il bene e il male. La sindrome di Madame Bovary si trasforma man mano in un vero e proprio conflitto interiore, causato dalla sua perenne insoddisfazione che, infine, la condurrà al suicidio.  Emma morirà, infatti, a causa della sua istintività: la sua sarà una morte assurda e terribile nella sua banalità.

Ciò che diviene evidente dopo la morte di Madame Bovary è l’intento di Flaubert, che andrà a plasmare la definizione della sindrome di Madame Bovary. Flaubert nel suo romanzo rivolge una forte critica al Romanticismo, che conduce le persone a idealizzare la realtà inadeguata in cui vivono, favorendo così l’illusione e la perenne insoddisfazione che non genererà mai a una vera e propria felicità dell’individuo.

Fonte immagine: Wikipedia

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