Cos’è il Placito Capuano: l’origine dell’italiano moderno

Cos'è Placito Capuano:

Il Placito Capuano o Placito di Capua è un documento storico di notevole importanza, considerato il punto di partenza per la ricostruzione del processo di nascita della lingua italiana moderna. Ritrovato a Cava de’ Tirreni nel 1928 dallo scrittore Giosuè Carducci, è oggigiorno conservato nella maestosa abbazia di Montecassino. Nel seguente articolo andremo a spiegare nel dettaglio cos’è il Placito Capuano.

Cos’è il Placito Capuano e di cosa tratta?

A questo punto vi chiederete cos’è nello specifico il Placito Capuano e di cosa tratta; con il termine Placito si indica solitamente un atto giuridico mentre Capuano fa riferimento al territorio di Capua, situato nella moderna Campania. Il documento è datato al 960 d.C. ed è scritto in latino volgare: nonostante in quel periodo il latino era ancora la lingua ufficiale della Chiesa e degli illustri, in alcune regioni di Italia si erano già iniziate a sviluppare le prime varietà regionali, ritenute il punto di partenza per la nascita delle lingue romanze. Anche se l’autore è sconosciuto, è ormai certo che il documento tratti di un importante controversia legale circa la proprietà di un terreno ed è quindi facile dedurre che chiunque lo abbia redatto svolgesse la professione di notaio o di funzionario giudiziario. Oltre ad essere un documento di estrema importanza per la ricostruzione del processo di formazione della lingua italiana moderna, sapere cos’è e di cosa tratta Il Placito Capuano può aiutare anche a comprendere le procedure legali del tempo. Nello specifico, la controversia giudiziaria riguardava la contesa tra un signorotto locale di nome Rodelgrimo di Lupo d’Aquino l’abate Aligerno, delle terre nei dintorni del Monastero benedettino di Montecassino. Infatti, Rodelgrimo aveva occupato il territorio adiacente all’abbazia che Aligerno sosteneva appartenere ai monaci Benedettini. Il processo si concluse  a favore dell’abbazia e l’abate vinse la contesa, com’è riscontrabile dal contenuto del documento.  

La lingua utilizzata

Adesso che sappiamo cos’è il Placito Capuano, possiamo iniziare ad analizzare il testo dal punto di vista linguistico. La lingua utilizzata nel Placito Capuano presenta elementi riconducibili al latino medioevale ma è possibile notare anche le influenze dell’antica lingua longobarda e del greco. Questo intreccio di forme e parole è dovuto alla complessità linguistica del luogo in cui venne redatto il documento: la Campania, nei secoli addietro, era stata un punto di incontro tra diversi popoli e culture che avevano esercitato una notevole influenza gli uni sugli altri, contribuendo alla nascita di una specifica varietà regionale. Nonostante la maggior parte degli elementi siano riconducibili al latino, nel Placito Capuano è possibile notare anche delle parole e delle forme verbali molto vicine al moderno italiano. Un esempio tangibile è l’utilizzo della parola “casale” (che all’interno del documento indica un insediamento rurale) con un significato simile a quello dell’italiano modernoInoltre, è riscontrabile un uso massiccio dell’articolo determinativo e una prima forma di articoli dimostrativi che, invece, in latino non esistono.

Testo e traduzione 

Ma cos’è stato scritto precisamente nel Placito Capuano? La prima parte del documento è ormai famosa ed è comprensibile anche se non si conosce perfettamente il latino. La riportiamo di seguito con la sua traduzione in italiano moderno:

Sao ko kelle terre, 
per kelle fini que ki contene,
trenta anni le possette
parte sancti Benedicti
 
«So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent’anni le ha tenute in possesso l’amministrazione patrimoniale di San Benedetto»
 

 Fonte immagine per l’articolo “Cos’è il Placito Capuano“: Pixabay

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