Andrés Calamaro è uno dei più importanti cantautori di rock e di pop della scena musicale argentina. La sua carriera artistica è stata marcata dal successo che ha avuto sia da solista sia come membro di famose band nazionali, tra cui ricordiamo Los Abuelos de la Nada, gruppo formatosi nella bellissima città di Buenos Aires nel 1967 che ha lasciato in eredità alla musica argentina un hit indimenticabile come Mil Horas. Tuttavia, nel 1991 forma un’altra band storica, Los Rodríguez, questa volta in Spagna, tappa che permette alle canzoni di Andrés Calamaro di essere conosciute anche da un pubblico europeo. Durante il suo percorso artistico tra Buenos Aires e Madrid, il cantante ha avuto la possibilità di lavorare insieme ad altre personalità assai influenti del suo tempo, come Charly García, Fito Páez e Luis Alberto Spinetta, vincendo poi nel 2008 il Latin Grammy Award per la categoria “Best Rock Solo Vocal Album”.
Vediamo ora 4 canzoni di Andrés Calamaro da ascoltare assolutamente.
1. Flaca
Tra le canzoni di Andrés Calamaro, Flaca è uno dei più grandi successi musicali. È contenuta nel quinto album discografico del cantante, Alta Suciedad, prodotto nel 1997. Dopo essersi allontanato dal gruppo Los Rodríguez, infatti, decise di andare negli Stati Uniti per trovare uno stile proprio, più vicino alle sue radici, e sperimentare con la musica cercando musicisti di studio che avessero già lavorato con artisti come John Lennon e Aretha Franklin. Come ha spiegato lo stesso autore, il testo ruota intorno a una relazione amorosa in cui c’è poca onestà, in cui le bugie innocenti dette per amore diventano un’arma, più precisamente dei pugnali, con cui la persona amata colpisce il narratore mentre è di spalle, ma senza ferirlo.
«Flaca
No me claves
Tus puñales
Por la espalda
Tan profundo
No me duelen
No me hacen mal»
Flaca determinò la popolarità di Andrés, che si faceva chiamare “El Salmón”, nel suo percorso da solista. Egli stesso ha riconosciuto la sua importanza, sostenendo che la particolarità della canzone sia la parte strumentale, che inizialmente è monotona ma alla fine cambia armonia. Si pensa, inoltre, che la flaca (‘la ragazza’) a cui si fa riferimento sia in realtà l’allora moglie del cantante, Monica García, e che la storia che viene raccontata sia ispirata ai rumors su un avvicinamento tra la donna e Charly García. Questa relazione avrebbe poi dato origine a sentimenti contrastanti che si traducono da un lato nell’identificazione dell’autore con un cane fedele, simbolo di un amore incondizionale che continua ad essere lì, e dall’altro nella consapevolezza che nulla sarà come prima.
«Aunque casi te confieso
Que también he sido un perro compañero
Un perro ideal que aprendió a ladrar
Y a volver al hogar
Para poder comer»
2. La parte de adelante
Continuiamo con una delle canzoni di Andrés Calamaro che l’artista ha avuto più difficoltà a produrre: La parte de adelante. Questo classico del rock argentino fa parte dell’album Honestidad brutal, lanciato nel 1999 durante i viaggi tra New York, Miami, Madrid e Buenos Aires, e caratterizzato da uno stile che spazia tra rock, blues e funk. Calamaro, oltre ad aver definito La parte de adelante come uno dei brani preferiti dal pubblico femminile, in un’intervista ha anche ammesso che è la canzone che gli ha generato più paure e insicurezze, nonostante il profondo rispetto che ha poi sviluppato nei suoi confronti. Il testo della canzone si costruisce attraverso la numerazione. In questo elenco che cresce ad ogni verso, il narratore si identifica con diverse figure, ed esiste principalmente in funzione della sua relazione con la donna amata. Si crea, insomma, una forte dipendenza espressa nella ripetizione dell’aggettivo possessivo «tu» (‘tuo’) e del sostantivo «lado» (‘lato’).
«Soy vulnerable a tu lado más amable
Soy carcelero de tu lado más grosero
Soy el soldado de tu lado más malvado
Y el arquitecto de tus lados incorrectos»
Ciò che risalta, dunque, è un’accettazione di tutti gli aspetti personali, sia positivi sia negativi, della partner. Il sentimento intenso che emerge, infatti, porta Calamaro a desiderare di trascorrere l’intera vita al suo fianco. Da questo punto di vista è significativa la conclusione della composizione, in cui l’artista si paragona a un vagabondo che cerca una persona che lo ami così com’è.
«Soy un vagabundo y camino bastante alrededor del mundo
Pero quiero volver a mi casa
A alguna casa
Para encontrar a esa princesa vampira que respira
Que respira y me mira»
3. Alta suciedad
Alta suciedad è la prima delle quindici canzoni di Andrés Calamaro contenute nell’album omonimo. Fu registrata in uno studio di Madrid, dove il cantante diede libero sfogo alla sua rabbia suonando tutti gli strumenti che aveva disposizione: la batteria, il basso e infine la chitarra. Rispetto ad altri brani più sentimentali, in questo il linguaggio usato è molto più diretto e aggressivo. Ciò lo si capisce sin dal titolo, che crea un gioco di parole tra «suciedad» (‘sporcizia’) e «sociedad» (‘società’). Al centro del testo, infatti, vi è una forte critica alla corruzione della società contemporanea, in particolare quella dell’alta società, a cui si fa riferimento con l’utilizzo di metafore e di ironia.
«Alta suciedad! (basura de la alta suciedad)
no se puede confiar en nadie más
alta suciedad! (basura de la alta suciedad)
no se puede confiar en nadie (más).»
C’è inoltre un’allusione a Babe, maialino coraggioso, film del 1995 diretto da Chris Noonan, che in questo caso rappresenta un altro motivo per criticare l’atteggiamento indifferente della società nei confronti dei disonesti. Una società di cui, quindi, non ci si può fidare. Questa mancanza di fiducia culmina nella figura del banchiere, simbolo dell’avarizia delle istituzioni finanziarie, a cui viene chiesto di restituire dei soldi.
«Señor banquero
devuélvame el dinero
por ahora es lo único que quiero»
4. Te quiero igual
Chiudiamo questa lista delle canzoni di Andrés Calamaro da ascoltare con un brano particolare del cantante argentino, Te quiero igual (Honestidad brutal, 1999), che lui ha definito come un “malinteso”. Questo malinteso è dovuto proprio a quel “te quiero” del titolo. L’espressione spagnola potremmo tradurla con ‘ti voglio bene’, in certi contesti anche con un ‘ti amo’, ma non è questo il caso: la continua ripetizione del te quiero all’interno del testo è proprio un “ti amo” che non viene mai detto. Andrés Calamaro, in un’intervista, arriva addirittura a paragonarlo all’“I want you” di Bob Dylan.
«Te quiero pero te llevaste la flor
y me dejaste el florero
te quiero me dejaste la ceniza
y te llevaste el cenicero
te quiero»
La malinconia e la rassegnazione nei confronti dell’amore, che anziché dare toglie, ad un certo punto si fondono con quello stato di confusione tra realtà e finzione che viene generato dal consumo di droghe.
«No sé si estoy despierto o tengo los ojos abiertos»
Grazie alla ricchezza di contenuto e alla continua sperimentazione musicale che le contraddistinguono, le canzoni di Andrés Calamaro hanno segnato un prima e un dopo nella storia del rock argentino, tenendo testa alle leggende nazionali degli anni ‘80 e ‘90.
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