Otaku: significato, storia ed evoluzione di una subcultura giapponese

Fenomeno Otaku: i super appassionati di Anime e Manga

In questo testo scopriremo il significato del fenomeno degli Otaku e i suoi sviluppi nel corso del tempo, analizzando le sue origini, la sua evoluzione e la sua percezione nella società. La definizione nasce intorno agli anni ’80 in Giappone, ed indica una subcultura, quindi un gruppo di persone che ha uno stile di vita diverso dagli altri per un aspetto in particolare: la passione per anime e manga. Il fenomeno Otaku, a volte viene usato come sinonimo di nerd anche per la passione per videogiochi e tecnologia.

Origini del termine Otaku: da “casa tua” a passione per anime e manga

Otaku (お宅) in giapponese si può tradurre con “la tua casa“, ed è composto dall’onorifico お e dal kanji 宅 con cui si intende la casa, la dimora. Per estensione si può utilizzare anche come pronome di seconda persona onorifico, l’equivalente del nostro “Lei“; mentre usato tra amici assume un significato ironico e sarcastico.

L’influenza di Haruhiko Mikimoto e Shōji Kawamori

Infatti, è proprio in questo modo che, verso la fine degli anni Settanta, il fenomeno otaku si inizia a diffondere. Due mangaka famosi, Haruhiko Mikimoto e Shōji Kawamori, avevano l’abitudine di chiamarsi tra di loro scherzosamente, proprio con il termine otaku. Shōji Kawamori lo usa poi in uno dei suoi manga, *Macross*, e si inizia a diffondere nel gergo e negli ambienti di Akihabara, quartiere di Tokyo che è diventato un luogo di riferimento per la subcultura degli appassionati di manga e anime. La parola Otaku, quindi, ha due significati ben distinti e viene differenziata nel linguaggio scritto con il seguente espediente:

– お宅 con il kanji si traduce come casa;
– オタク scritto in hiragana o katakana, assume il significato di appassionato di anime e manga.

La svolta negativa: il caso Tsutomu Miyazaki e la stigmatizzazione degli Otaku

La persona che ha reso noto il termine e gli ha conferito ampia diffusione fu il giornalista giapponese Akio Nakamori.

Otaku no kenkyū: l’analisi di Akio Nakamori

Nel 1983, Nakamori scrisse un saggio intitolato “Otaku no kenkyū (Studio sugli Otaku)” in cui venivano spiegate la vita e le abitudini degli appassionati di anime e manga frequentatori del quartiere di Akihabara, che lui identifica proprio sotto il sostantivo Otaku.

L’associazione con hikikomori e NEET

Nel 1989 uscì un nuovo articolo di Akio Nakamori, ben diverso dal precedente, in cui il giornalista trattava del serial killer Tsutomu Miyazaki, che aveva ucciso brutalmente delle bambine e ne aveva mangiato parti del corpo. Il titolo di questo articolo pubblicato fu “L’assassino otaku“, dove venne mostrata la foto della stanza in cui comparivano migliaia di videocassette e fumetti da arrivare sotto al soffitto. In Giappone quindi, il fenomeno otaku assorbì un significato molto negativo, considerando gli appassionati di anime e manga dei disadattati da emarginare. Spesso vengono anche associati agli hikikomori (coloro che decidono di isolarsi quasi totalmente in casa per non avere rapporti con la società) e ai NEET (inteso come persone inattive che non studiano, né lavorano).

La rivalutazione degli Otaku: Takashi Murakami e il paragone con gli Hinin

Nel 2000 avviene la svolta, quando il famoso scultore e pittore giapponese Takashi Murakami afferma di riconoscere nel fenomeno otaku solo una manifestazione culturale, che è stata ingiustamente disprezzata e sottovalutata. Egli compara la discriminazione contemporanea nei confronti degli otaku alla discriminazione per gli Hinin (“non umano“, coloro che svolgevano lavori considerati impuri e vivevano emarginati al di fuori delle mura delle città) che il Giappone ebbe nel periodo Edo. La rivalutazione di Murakami ha contribuito a modificare la percezione negativa degli Otaku, aprendo la strada a una maggiore accettazione sociale.

Il fenomeno Otaku oggi: diffusione globale e impatto sulla cultura pop

Il fenomeno otaku è divenuto spesso fonte di dibattito in Giappone, così come nel resto del mondo, in cui si indaga sulla diffusione storica e sugli aspetti sociologici e antropologici, producendo numerosi documentari. Oggi la cultura Otaku si è diffusa a livello globale, influenzando la moda, la musica, l’arte e, più in generale, la cultura pop. Serie animate come Naruto, Dragon Ball e One Piece, o film d’animazione dello Studio Ghibli come La città incantata e Principessa Mononoke, hanno conquistato un pubblico vastissimo in tutto il mondo, contribuendo a sdoganare l’immagine dell’Otaku come individuo isolato e asociale. Anche la diffusione di eventi come i *Comiket* in Giappone o i vari *Comic-Con* nel mondo, testimoniano la crescente popolarità della cultura Otaku e la sua capacità di aggregare persone di tutte le età e provenienze. È importante sottolineare che non esiste un unico tipo di Otaku. All’interno di questa subcultura, infatti, si possono distinguere diverse categorie, in base agli interessi specifici: ci sono gli appassionati di anime, quelli di manga, quelli di videogiochi, di cosplay, di idol, e così via. Ciascuno di questi gruppi ha le proprie peculiarità e i propri codici di comportamento, ma tutti condividono la passione per un aspetto della cultura pop giapponese. Sebbene permangano ancora alcuni pregiudizi, la percezione degli Otaku sta gradualmente cambiando, anche grazie al loro crescente impatto sull’economia e sulla cultura globale.

Fonte foto in evidenza: Freepik

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A proposito di Turco Rosa

Studentessa di lingue e culture comparate presso l'Orientale di Napoli, con una grande passione verso la lingua e la cultura giapponese. Maratoneta di serie tv e film di ogni genere, amante dell'arte cinematografica in ogni sua parte. Con esperienza quinquennale nell'ambito della vendita e assistenza telefonica. Il suo sogno nel cassetto è di diventare un traduttrice e giornalista letteraria.

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