Alessandro Mendini: piccole fantasie quotidiane al Madre

Alessandro Mendini

Alessandro Mendini: piccole fantasie quotidiane dal 31 ottobre all’1 febbraio in mostra al Madre.

Gli ambienti del Madre, Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, ospitano oggi le opere di Alessandro Mendini, architetto e designer. Napoli omaggia una delle voci più autorevoli del panorama artistico internazionale con la prima esposizione in un museo pubblico italiano dalla sua scomparsa nel 18 febbraio 2019. Un momento decisivo questo per Napoli, città amata da Mendini, e per il museo stesso, per la prima volta luogo espositivo di una mostra dedicata al design, a cura di Gianluca Riccio e Arianna Rosica.

L’opera di Alessandro Mendini ha rappresentato fin dagli esordi negli anni ’70 un momento di espressione ideologica dalla funzione sociale (e non solo culturale) vivacemente controcorrente. Il concetto di design per Mendini esce dai severi ranghi imposti dalla logica positivista. Le radici del suo lavoro affondano nella critica al funzionalismo, al quale viene contrapposta la creazione di oggetti disfunzionali.

Il manufatto diventa opera d’arte, in quanto luogo possibile in cui vivere un’esperienza straniante. Il design esce dagli spazi chiusi convenzionalmente immaginabili, aprendosi alla dimensione naturale e, ancora, a quella interiore di chi crea e di chi “utilizza”. La performatività degli oggetti è infatti data non solo dalla tridimensionalità che li rende inevitabilmente presenze attive, ma anche dalla richiesta fatta allo spettatore di prendere parte al processo di evenemenzialità dell’opera. Quest’ultima esiste in quanto prodotto (e spesso prodotto collettivo), ma anche in quanto oggetto di fruizione attiva.

Alessandro Mendini era, e continua ad essere grazie alle opere oggi esposte al Madre, un animatore culturale e un artista a tutto tondo. La sperimentazione attraverso il corpo diventa momento necessario per la creazione, nonché oggetto di studio cardine insieme allo spazio e al rapporto tra gli elementi presenti in esso. Uno dei luoghi ideali di lavoro è stato per lui il suolo napoletano. Mendini ha collaborato con il progetto Metro Art nella realizzazione delle stazioni di Materdei e Salvator Rosa, e si è occupato del rifacimento della Villa Comunale. Il museo Madre attraverso il suo ultimo progetto espositivo intende ricalcare un legame emotivo forte, che è stato in grado di decorrere l’intera esperienza dell’artista milanese. Napoli velatamente compare in ogni tappa di Mendini: dal primo periodo di Radical design, a quello di Alchimia Futurismo, quando la ripresa di colori dalla solarità mediterranea dimostra la persistenza della suggestione data dalla frequentazione del territorio partenopeo.

Alessandro Mendini ha vissuto la creazione come un momento ludico di sperimentazione continua di materiali, dalle stoffe all’oro, con il recupero della dimensione artigianale che il design di fine Novecento aveva sacrificato a favore di un piano funzionalista. Il Madre celebra un artista completo, grazie all’esposizione di alcuni disegni fino a oggi mai presentati al pubblico. Tra le opere principali dell’esposizione, il Mobile infinito: apparente pezzo da mobilio dalla forma bizzarra, il tavolino ospitato oggi negli ambienti museali del Madre rappresentava un punto di ritrovo per artisti diversi. Un aneddoto della vita di Mendini vuole infatti che l’artista avesse deciso di far recapitare questo oggetto-progetto nei laboratori dei suoi colleghi e amici, i quali avrebbero avuto la completa libertà di modificarlo, aggiungendo particolari o privandolo di altri. L’opera è stata dotata così di una potenziale infinitezza in grado di cozzare violentemente con la logica delle forme industriali, per definizione complete.

La filosofia del legame indissolubile – tra l’oggetto e lo spazio, tra l’oggetto e l’uomo, tra l’uomo con gli altri uomini nella realizzazione dell’oggetto – è riassunta nell’opera di Alessandro Mendini, e trova la sua massima espressione nel luogo di Napoli da sempre sinonimo di unione.

Immagine: Madre

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Carolina Borrelli (1996) è iscritta al corso di dottorato in Filologia romanza presso l'Università di Siena. Il suo motto, «Χαλεπὰ τὰ καλά» (le cose belle sono difficili), la incoraggia ogni giorno a dare il meglio di sé, per quanto sappia di essere solo all’inizio di una grande avventura.

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