Embodied Histories: trauma e identità in mostra a Venezia

Embodied Histories

Embodied Histories è la mostra che porta per la prima volta in uno spazio europeo (dal 25 maggio al 20 luglio 2024), quello della Fondazione Marta Czok a Venezia, due artisti, Peter Musami e Mukudzei Muzondo, che ci raccontano il trauma e la ricerca dell’identità a partire dalla storia della popolazione dello Zimbabwe. Che tracce ha lasciato il colonialismo britannico su una popolazione che ancora lotta per ricostruire la propria identità? Gli artisti riportano sulle loro tele la ferita, e insieme il tentativo di ricucire un’identità sepolta a partire dall’io e dalla sacralità, da ciò che gli antenati hanno lasciato loro in eredità, anche laddove quell’eredità sembra perduta, per un popolo che è costretto a migrare per sopravvivere.

Embodied Histories: la mostra nel cuore di Venezia

Al riparo dalla confusione, giù dal ponte di Rialto, esattamente in Campo Rialto Novo, Zerial Art Project presenta Embodied Histories, a cura di Alice Montanini, presso la Fondazione Marta Czok, che è come un luogo segreto e incantato che invoglia chiunque ad oltrepassare la soglia per immergersi in opere d’arte contemporanea, quanto mai attuali. Gli artisti Peter Musami e Mukudzei Muzondo, con le opere in mostra, mettono in scena il corpo. Il primo, attraverso un’arte più concettuale e astratta, mette a fuoco la ferita, lo strappo che la guerra ha causato, e insieme il tentativo di ricucirlo.

Embodied Histories

Mavanga/Scars XIII, 2024
olio e inchiostro su materiali diversi
oil and ink on mixed media
89 x 70 cm

(Fonte immagine: archivio personale)

Mukudzei Muzondo, attraverso un’arte più figurativa, nella mostra Embodied Histories, mette in scena  dei corpi che potrebbero essere i corpi di tutti, senza tratti somatici identificativi, e sempre in movimento, come lo è il popolo che migra. Il tema della mostra Embodied Histories sembra riecheggiare quello della Biennale d’Arte di quest’anno, Stranieri Ovunque, che potrebbe rappresentare l’emblema stesso di Venezia, da sempre crocevia di popoli e di spostamenti, di scambi e di culture diverse che si intrecciano (vedi immagine di copertina).   

Lo scambio però assume diverse connotazioni; da arricchimento può diventare usurpazione, e le tele di Musami lo mostrano con chiara evidenza; i colori vivaci che si affollano sulla tela vengono accerchiati come da una piovra pronta a divorarli, una rete che va, via via, soffocandoli.

Quella stessa rete che viene graffiata, strappata, squarciata, e poi subito accanto ricucita con una spessa corda; tentativo insieme disperato e sperante di riacquisire e ricucire la propria identità contro chi tenta in tutti i modi di annientarla.

Embodied Histories

Wumbiridzo/Restoration I, 2024
tecnica mista su tela / mixed media on canvas
140 x 140 cm

(Fonte immagine: archivio personale)

Come risanare la ferita? Un filo rosso che si fa groviglio occupa il vuoto: da lontano sangue che sgorga, da vicino riparo che chiude e risana. Nel filo si inanellano perline bianche e nere, le stesse che gli sciamani indossano durante le preghiere, estremo tentativo di recuperare la propria identità e le proprie radici, una preghiera che, sgranando un altro rosario, risana.

Nelle opere di Mukudzei Muzondo di Embodied Histories, invece, l’uomo è al centro, ma non è mai uno; è l’emblema di un popolo che si muove; il forte senso di appartenenza a un’unica comunità, i simboli delle proprie radici, come il gallo che accompagna il cammino degli uomini, emblema dell’amore se donato ai propri cari e insieme di forza e resistenza dei popoli che si mettono in viaggio verso una vita migliore, ritornano e campeggiano sulla tela. I colori non sono vivaci e i titoli delle opere, insieme con le parole scritte e poi cancellate rimandando all’illusione che spinge molti popoli a spostarsi; la speranza di una vita migliore, di una “terra promessa” che però si rivela poi solo l’ennesima schiavitù.

Embodied Histories 

Dettaglio di Unstoppable 2, 2024
serigrafia, acrilico e grafite su tela
serigraph, acrylic, graphite on canvas
128 x 200 cm

(Fonte immagine: archivio personale)

Cos’è, dunque, straniero? Questo ci si chiede alla fine: se quello che i due artisti di Embodied Histories ci raccontano sono storie che si ripetono, che sentiamo tutti i giorni, che forse però non comprendiamo fino in fondo dalla nostra posizione di privilegio. Eppure un po’ di quella ferita ci resta attaccata addosso, perché forse ci riguarda tutti. 

Mhozisi/Moses, 2024
serigrafia, acrilico, gommini di metallo e cuciture su tela
serigraph, acrylic, metal grommet, stitching on canvas
120 x 88 cm

(Fonte immagine: archivio personale)

Uno spazio, quello della Fondazione Marta Czok, che sembra l’ideale per uno scambio di idee e di creazioni, che muova le persone, e gli animi, al riparo dal caos della città, in un’altra Venezia, dove il brusio non arriva, ma c’è il silenzio necessario a far parlare i colori e le forme, quindi l’arte, e dunque le idee che muovono il pensiero, e quindi l’uomo. 

Fonte immagine di copertina: archivio personale. 

A proposito di Carmen Alfano

Studio Filologia Moderna all'università degli studi di Napoli "Federico II". Scrivo per immergermi totalmente nella realtà, e leggo per vederci chiaro.

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