Paolo Giulierini, direttore del MANN, presenta il libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici” al Campania Libri Festival 2023.
Venerdì, 6 ottobre, nella splendida cornice del Palazzo Reale di Napoli, in una sala preziosamente decorata e gremita di spettatori, Paolo Giulierini, l’amatissimo direttore del MANN, dialogando con il professor Carlo Rescigno, ha presentato il suo libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici”(Rizzoli, 2023): un libro frutto della lunga esperienza maturata da Giulierini alla guida del prestigioso Museo Archeologico Nazionale di Napoli e che è – come si legge dalla stessa bandella del volume – “al tempo stesso un saggio sulla meravigliosa complessità del nostro paese e una guida per innamorarsi, oltre che di tutte le sue bellezze, anche delle genti che lo hanno abitato in tempi remoti, e che ancora oggi ci parlano”.
La premessa del professor Rescigno rende chiara la chiave di lettura del libro di Paolo Giulierini
“Scopo del volume di Giulierini – spiega il professor Rescigno, membro del Comitato Scientifico del Mann – è ritrovare, percorrendo e attraversando l’Italia da nord a sud, le storie di questi passati remoti che sono stati cancellati dallo scorrere dei secoli, di molti di questi popoli che sono scomparsi già nel mondo antico, lasciando dietro di sé solo qualche traccia, qualche indizio”.
Il volume è diviso in tre sezioni: una sezione iniziale, in cui in maniera schematica Paolo Giulierini individua i singoli popoli e come erano distribuiti nel territorio; un’altra in cui si ricordano i momenti di impatto con Roma, la superpotenza dell’epoca, che costringe questi popoli ad adeguarsi alle sue leggi e a sacrificare in parte o del tutto la loro lingua, la loro cultura, la loro identità; la terza sezione è dedicata ai musei, dai più piccoli ai più grandi, distribuiti in tutta Italia, luoghi della memoria, della persistenza, in cui è possibile ritrovare la storia di questi popoli scomparsi.
Il dialogo fra il direttore Paolo Giulierini e il professore Rescigno si è poi incentrato sulla toponomastica, sulla storia dei nomi, nomi di luoghi, di cui si perdono totalmente le tracce o che ritornano nell’uso della lingua parlata in momenti particolari della storia, che riguarda soprattutto la sezione iniziale del libro, dove il lettore può trovare molti esempi.
Lo studio dei toponimi antichi: un elemento fondamentale del lavoro di ricerca
La conoscenza dei toponimi antichi è un utile strumento di lettura dei territori che si attraversano lungo un viaggio, che ci fa appassionare alla storia dei luoghi e dei popoli che li hanno abitati, della loro cultura ed ecco perché, secondo l’autore, è fondamentale il loro recupero.
“I nomi spesso hanno un destino simile alle rovine – spiega Paolo Giulierini – possono essere sepolti dalle azioni dell’uomo e quindi si corre il pericolo di perderli. Ho sempre immaginato come nel mondo etrusco, nel mondo sannita, italico, si fossero chiamati i territori, come loro chiamavano certe montagne, certi toponimi, certi boschi”.
“Le prossime generazioni – continua Giulierini – non avranno contezza dei luoghi in cui vivranno, si muoveranno in un mondo dove andando nel Mar Tirreno non sapranno ad esempio che quel nome apparteneva a un altro legato a come i Greci chiamavano gli Etruschi o andando nel Mar Adriatico non sapranno che il nome Adriatico deriva da una città, Adria, che era una città etrusca”.
Il recupero dei toponimi è anche un recupero di quelle tante cesure avvenute nel corso della storia dei popoli. Infatti, “I Greci – fa osservare il professor Rescigno – hanno subito questa forte cesura. L’eredità della Magna Grecia esiste, ma è stata spesso ricostruita, grazie anche al recupero di queste testimonianze, che parte dai testi letterari e poi ritrova nei territori le altre testimonianze di cultura materiale”.
Continuando a dialogare sul tema, Giulierini spiega che abitualmente la maggior parte delle tracce originarie non si trova, come si potrebbe immaginare, nella cultura alta, ma nella cultura popolare. E questo perché le classi elitarie italiche, per assicurarsi un posto in Senato, erano le prime a conformarsi al nuovo modello, prima greco e poi romano. “È da qui che un museo deve intervenire per ricordare questi processi”, sottolinea Paolo Giulierini.
Il discorso prosegue quindi con il racconto della terza sezione del libro, con l’Italia dei musei: essi sono da sempre i luoghi principali deputati alla conservazione della memoria; in essi sono custoditi fossili, reperti archeologici, manufatti artigianali, come vasi, brocche, urne e tombe, che ci raccontano della cultura immateriale di quei popoli: riti, usanze, credenze, tradizioni.
Per il direttore Giulierini oggi i musei, però, hanno un compito fondamentale, quello di far capire che per studiare quei popoli antichi, per entrare in contatto in modo approfondito con il loro modo di pensare, di vivere, bisogna portare la gente direttamente lì, in quei territori dove la storia sembra essersi in qualche modo cristallizzata. “Non possiamo capire a fondo ad esempio i Sanniti – afferma l’autore – se non andiamo lungo i tratturi, in quelle parti aspre dell’Appennino che, essendo arroccate, erano difficilmente conquistabili dai Romani”.
“La mappa dei musei che ci fornisce il volume di Giulierini è fondamentale perché ci permette di viaggiare per l’Italia, attraverso quelle strade antiche – tiene a precisare Carlo Rescigno – sapendo riconoscere quando queste sono antiche e quando non lo sono più, capire perché quella strada si è interrotta e affrontare il viaggio quindi con una maggiore consapevolezza”.
Siamo italici o italiani?
È questa la domanda con cui si conclude il libro di Paolo Giulierini. “Una domanda un po’ banale – commenta lo stesso autore – perché in fondo non siamo forse né gli uni né gli altri, perché ci dobbiamo ancora arrivare a essere in fondo veramente italiani, ma è una domanda che serve a farci riflettere su quello che siamo: la somma di tanti popoli che vale la pena conoscere tutti per capire che ricchezza di cultura e di DNA abbiamo ereditato”.
Nel concludere il lungo e appassionato discorso, il direttore Giulierini solleva un’ulteriore questione riguardante i musei come espressione esclusiva della cultura materiale dei vincitori. “Anche il Mann ha da sempre sostenuto la cultura dei vincitori, ma adesso stiamo lavorando per ridare il giusto spazio e dignità anche ai vinti, alla cultura di quei tanti popoli italici, nostri predecessori, in parte dimenticati”.
A tal proposito il direttore ricorda la mostra “Mortali Immortali” nel 2018 sui tesori del Sichuan nell’antica Cina, ospitati per la prima volta in Europa dal MANN proprio per ridare voce e dignità al popolo Shu, vissuto circa 4000 anni fa, e la cui cultura era ben lontana dalla “classica” cultura cinese.
Un nuovo obiettivo, quindi, per il direttore Paolo Giulierini e il suo staff, che noi ci auguriamo abbia il tempo di portare a termine, in nome di una cultura sempre più libera dalla censura delle lobby, dei governi e sempre più rispettosa delle diversità, dell’espressione di tutti, vincitori e vinti, nella speranza che queste iniziative facciano da volano, anche a livello internazionale, di un nuovo modo di essere e fare museo.
Fonte immagini: archivio personale, Rizzoli Editore