Pelle vegana: un’alternativa poco green

Pelle vegana: un'alternativa poco green

Le questioni di carattere etico che hanno riguardato l’utilizzo e il commercio della pelle animale hanno condotto, nel corso degli anni, all’esigenza di trovare una valida alternativa che fosse totalmente cruelty free e che quindi rispettasse la vita di tutti quegli animali coinvolti nel processo di produzione di questo tipo di tessuto. È da questa necessità che nasce l’idea di un materiale totalmente differente e alternativo: ma cos’è la pelle vegana?

Com’è fatta la pelle vegana

È dai tempi della preistoria che l’uomo si serve delle pellicce e delle pelli di origine animale, ma è solo a partire dal secolo scorso che sono sorti diversi movimenti definiti animalisti che si battono e protestano per porre fine a una pratica che toglie la vita a diversi tipi di animali. Per questo motivo, nel corso degli anni sono stati introdotti sul mercato tessuti che potessero sostituire la pelle mantenendone le stesse identiche funzioni: si tratta di materiali sintetici costituiti a partire da fibre acriliche e poliammidiche o da composti in PVC e poliuretano, tutti derivanti dalla lavorazione del petrolio. Recentemente invece, sono stati brevettati ulteriori materiali conosciuti col nome di pelle vegana: si tratta di tessuti di origine vegetale, ricavati dalla frutta, dalle piante e, addirittura, dai funghi. Per la creazione della pelle vegana si ricorre dunque a un’attenta lavorazione di bucce e scarti di mele, uva, mango, foglie d’ananas, foglie di fico d’india ma anche al legno e al sughero.

Cos’è la pelle vegana: pro e contro dell’uso

La pelle vegana rappresenta senza dubbio un’innovazione di cui avevamo bisogno per mettere la parola fine all’allevamento, allo sfruttamento e all’uccisione degli animali. Dinanzi a un’alternativa di questo tipo non vi sarebbe stata più alcuna scusa per continuare a mettere in commercio le pelli di origine animale eppure, come spesso capita, non è tutto oro ciò che luccica: sebbene la pelle di origine vegetale stia a indicare un enorme passo avanti, non è priva di una serie di controversie molto discusse che riguardano cos’è realmente la pelle vegana.
In riferimento alla similpelle prodotta a partire da fibre plastiche, sorge una fondamentale questione, quella che riguarda l’inquinamento: le microplastiche, le stesse che costituiscono le fibre tessili cosiddette ecosostenibili, finiscono inevitabilmente per essere disperse nell’ambiente contribuendo così a impattare negativamente sulla salute di tutti gli esseri viventi e dell’intero pianeta.

La pelle vegana di origine organica, invece, presenta due problemi non di poco conto: in primo luogo si tratta di materiali sì alternativi, ma purtroppo delicati e molto poco resistenti: questi difetti ne limitano la diffusione e l’utilizzo e rendono necessario un rivestimento sintetico per conferire più durevolezza. In secondo luogo, sebbene si parli di pelle vegana in termini di sostenibilità ambientale, occorre precisare che la lavorazione stessa di questo tessuto richiede ingenti quantità di energia, necessaria ai macchinari che si occupano della lavorazione del prodotto.

Qual è la scelta giusta?

Dopo aver capito cos’è la pelle vegana, decidere quale sia la scelta migliore non è quindi un compito così facile, optare per quest’ultima – che non risulta poi così green – sembra non essere più la risposta giusta. Non ci resta allora che fare affidamento allo sviluppo e al proseguimento dell’innovazione – che forse un giorno saprà darci una risposta definitiva – e cercare di agire nel rispetto dell’intero globo e di tutte le specie viventi, magari voltando la faccia al fast fashion e ricorrendo al vintage, in modo da limitare un inutile spreco e l’inquinamento di cui tanto ci lamentiamo.

Fonte immagine: Wikipedia

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A proposito di Martina Napolitano

Classe '99, sono nata a Salerno ma vivo a Napoli. Sono una studentessa di Mediazione culturale presso l'Orientale di Napoli, studio Inglese e Arabo e sono prossima al conseguimento della laurea triennale.

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