Ancella d’amore è un cortometraggio di genere drammatico, in uscita nel gennaio del 2024 e presentato all’Ischia Film Festival nella serata del 1 luglio, a cura della regia di Emanuela Muzzupappa e della fotografia di Xavier Tozzi Fontana. Presente alla proiezione anche l’attrice co-protagonista, interprete del ruolo della madre nel corto che alla presentazione è stato definito un vero e proprio film dai valori mistici, Erica Bianco. L’attrice ha avuto modo di encomiare la preparazione e anche l’abnegazione della regista Muzzupappa che, nonostante la giovanissima età (classe 1995), ha saputo dimostrare una profondo contatto multi-laterale: infatti è capace -con magistrale competenza- di comunicare e ascoltare gli attori e se stessa, restando fedele alla sua sensibilità.
Ancella d’amore: la sinossi
A nonna Caterina, miracolata il giorno di Natale 1948. In un paesino del Sud Italia di natura calabrese (e calabresi sono i natali di Emanuela Muzzupappa, a indicare la triplice intesa che la regista stringe con il suo corto, la storia, la fede, il luogo), una madre (Erica Bianco) salva con la sua preghiera la figlia da morte certa (sei il mio miracolo, cit.) e quest’ultima, per gratitudine, dovrà indossare per sempre gli abiti della Santa che le ha permesso di guarire. Il finale, tuttavia, aperto e inaspettato, è un colpo di scena stimolante e anomalo in cui la realtà non è mai sufficiente a se stessa.
Ancella d’amore: il luogo, il tempo, il significato Ancella d’amore è ambientato in un paesino del Sud Italia di cui le inflessioni dialettali ci rivelano l’appartenenza alla Calabria. Il luogo è una sorta di personaggio perchè collabora, insieme agli attori, alla lingua, alla storia a suggestionare la trama del cortometraggio. La fotografia è magistrale e antica: le scene si aprono su inquadrature nostalgiche e romantiche che rimandano a una sorta di passato anni ’80-’90. Il retro-gusto è quello del Sud passato e salutato nell’oltre-tempo, dimenticato appena oltre la rivoluzione dei giorni nostri. Eppure anche il cortometraggio è attuale, ambientato nella nostra realtà che, sebbene sembri unica e irripetibile, è in verità dilatata e tridimensionale. In una delle nostre infinite percezioni si colloca il talento di Emanuela Muzzupappa e dei suoi attori, si colloca la fotografia straniante e profonda, il camera-eye commosso e intenso come uno sguardo vero e non filtrato dai vetri e dalla catena del montaggio.
In questo ritroviamo la magia di Ancella d’amore prima del tema fondamentale del cortometraggio: una fede intensa, un credo border-line ossia oltre la ragione. E questo credo, che non necessariamente deve nella nostra vita e nella nostra persona essere di natura religiosa (Erica Bianco lo dice: il credo di chiunque può essere anche paganissimo) è il motore di alcune nostre azioni: la fede spietata in qualcosa che è in noi anche se sembra essere oltre di noi ed è il potere di fare le cose, persino quelle magiche.
Ancella d’amore: considerazioni
Il cortometraggio è stato annunciato da un cielo che soffiava la notte nell’amena cornice di Piazza delle Armi del Castello Aragonese di Ischia Ponte. La suggestione era inoltre suggellata da un profumo dolciastro che proveniva dalla mescolanza di fiori d’estate, salsedine e dagli odori dell’industria profumiera, dalle camicie degli ospiti presenti in sala. Le esalazioni e la luce naturale incastrata nella cornice delle mura antiche della location spostavano già la proiezione in un luogo fantastico dove sarebbero potute accadere cose incredibili.
Con questo spirito siamo entrati in contatto con la pellicola Ancella d’amore e l’abbiamo trovata mistica e intensa, l’abbiamo recepita dolorosa e pregna di speranza, l’abbiamo catturata nella sua spiritualità e nel suo paganesimo, nella nostalgia e nell’attualità. La visione è scorsa sulla pelle della pupilla ripida con fare vischioso e si è inserita nelle pieghe dell’iride con soddisfacente volontà. Abbiamo visto in Emanuela Muzzupappa un enorme talento e negli attori del corto una gratificante capacità di partecipazione e di lavoro che ha esaurito in noi le probabilità di commentare oltre, di dire cose astratte: il corto bisogna vederlo, non solo raccontarlo.
Credit foto in evidenza: Ischia film festival