Bob Marley – One Love irrompe nelle sale cinematografiche italiane il 22 febbraio 2024. Distribuito da Eagle Pictures e prodotto da Cedella Marley, Rita Marley, Ziggy Marley e Robert Teitel per la casa di produzione Paramount Pictures e Tuff Gong Pictures. La pellicola diretta da Reinaldo Marcus Green incanta gli spettatori, superando critiche ed aspettative.
Un biopic accende sempre nel pubblico l’interesse e la curiosità di veder concretizzarsi sullo schermo la nostalgia per personaggi, artisti che hanno fatto la storia attraverso le loro vicende personali e le loro intramontabili opere. Si pensi a Bohemian Rhapsody di Bryan Singer (2018) ed Elvis di Baz Luhrmann (2022), per citarne alcuni. Una leggenda è destinata a vivere per sempre, e lo spettatore desidera che l’immaginazione e il ricordo trovino rappresentazione reale attraverso la recitazione, collegando inscindibilmente cinema e musica in un dialogo emozionante.
Nella fattispecie del caso, il compito di regia, sceneggiatura e recitazione è alquanto arduo: si tratta di toccare ed accostarsi alla straordinaria icona della musica reggae Bob Marley, con i crismi e le responsabilità a cui tener testa, cercando di non eccedere in enfatismi o al contrario in scialbe semplificazioni. Il titolo è già una scommessa. One Love è infatti tra le più famose e straordinarie canzoni di Bob Marley, scritta e composta a metà degli anni Sessanta, inserita poi nell’album Exodus nel 1977: «Un solo amore! Un solo cuore! Uniamoci e sentiamoci bene».
Bob Marley – One Love celebra il re della musica reggae, morto a soli trentasei anni nel 1981 a causa di un melanoma acrale lentigginoso insinuatosi sotto l’unghia dell’alluce destro, che Bob non è riuscito a vincere – anche per la decisione, dovuta a motivi religiosi, di non amputare il dito -, diffondendosi fino al cervello.
A desiderare fortemente la realizzazione di un biopic è Ziggy Marley, uno dei figli di Bob (tra i produttori), approvando la scelta dell’attore Kingsley Ben-Adir, che avrebbe offerto un’esemplare interpretazione del padre, icona internazionale di musica e impegno sociale.
Bob Marley – One Love: Trama
Bob Marley – One Love è un biopic musicale che omaggia un’icona internazionale, ispirazione di vecchie e nuove generazioni, ancora oggi. Il film segue la scalata al successo del cantautore giamaicano in un preciso e significativo periodo della sua vita. È il 1976 e la Giamaica è insanguinata dalla guerra civile. Bob Marley (Kingsley Ben-Adir) è già un artista noto ed affermato, conquistando in quel periodo il pubblico con il famosissimo e magnifico brano No Woman No Cry. Decide così di organizzare un concerto simbolico, che effondesse il chiaro messaggio della non violenza, dell’unione e della libertà. Il concerto Smile Jamaica è gratuito, concepito per promuovere la pace tra i partiti politici in opposizione sul territorio, in seguito all’indipendenza della Giamaica nel 1962 dalla Federazione delle Indie Occidentali e dal Regno Unito.
Qualche giorno prima del concerto un uomo si introduce a casa sua attentando la sua vita e quella di sua moglie Rita (Lashana Lynch), ma riuscendo ad uscirne vivi. Il concerto a quel punto diviene un forte rischio per Bob e la sua famiglia. Ma, in nome della sua musica e del messaggio di pace e promesse che veicola, Bob si esibirà a Kingston, decidendo poi nei giorni seguenti di lasciare la Giamaica divenuta ormai per loro poco sicura. Si stabilisce con la sua band The Wailers a Londra, dove partorirà suoni nuovi per comporre il suo più grande album, Exodus, capace di raggiungere tutti i cuori di tutto il mondo.
Un biopic differente
Bob Marley – One Love presenta dei particolari che lo rendono più unico rispetto al consueto genere del biopic. Il film non segue l’intera vita e l’intera carriera del cantautore giamaicano, bensì predilige un preciso, conciso e serrato momento della vita di Bob Marley. Il periodo è quello che va dal dicembre del 1976, quando Bob e sua moglie sono vittime di un attentato, all’aprile del 1978, quando Bob Marley si esibisce nel concerto One Love Peace Concert a Kingston. Una scelta mirata, non affatto scontata, anzi audace, in quanto consente attraverso un racconto non prolisso di focalizzare l’attenzione su una fase di vita determinante per il cantautore, socialmente impegnato negli anni della guerra civile in Giamaica e desideroso di cambiare il mondo, abbattere la violenza col suono della sua musica, tutta inedita e rivoluzionaria, così apparentemente innocua, ma farcita di bombe atomiche e proiettili d’amore, unione e libertà.
Nel film, tuttavia, la vita di Bob riesce ugualmente a scorrere davanti agli occhi dello spettatore attraverso brevi flashback, che raccontano della sua infanzia, dell’amore per sua moglie e dell’inizio della sua carriera, senza mai appesantire il racconto principale.
In Bob Marley – One Love il protagonista non viene presentato come mistificato ed intoccabile. È un uomo dotato di talento e desiderio di immolare la sua vita alla musica, veicolando messaggi di pace. Tra il verde, il giallo e il rosso della Giamaica, si innestano senza remore anche le fosche tinte di un’anima che vacilla, un essere imperfetto, in preda alle emozioni più disparate. Il suo impegno sulla scena internazionale è tutt’altro che semplice, unendosi alle gravi situazioni personali che attanagliano talvolta le sue certezze.
Kingsley Ben-Adir, nonostante sia acerbo nel canto e nella musica, riesce a compiere uno straordinario lavoro sul suo personaggio. La sua bellezza non è esattamente identica a quella più wild di Bob Marley, ma in compenso riesce ad immergersi completamente nella pelle e nel talento di Bob, lavorando ottimamente sulla voce e soprattutto sui movimenti, specie quelli espressi nelle esibizioni sul palco. Accanto a lui poi la carismatica figura di Lashana Lynch nel ruolo della moglie Rita contribuisce ad impreziosire quei momenti toccanti, in cui al pubblico sembra apparire dinanzi un Bob Marley redivivo, senza finzioni né edulcorazioni.
La musica è il cardine, il collante che tiene unite tutte le sfumature, le tecniche, la scrittura e l’interpretazione, proprio come Bob intende fare con il suo messaggio contro ogni tipo di violenza. E qui la musica non esplode alla fine come una specie di ciliegina sulla torta, ma si insinua nel cuore, nella mente e persino sotto la pelle dello spettatore durante l’intera recitazione. Le canzoni di Bob Marley le conosciamo subito, le assaporiamo subito, senza attese, senza exploit, senza suspense, da No Woman No Cry a One Love, da Three little birds a Jamming. Ma, senza dubbio, l’escalation emotiva raggiunge il suo picco nella sezione del film dedicata con cura ed attenzione alla genesi di Exodus, coincidente con la rivoluzione musicale di Bob Marley e con quella della sua stessa vita. C’è in quella sezione tutto l’universo di Bob Marley: la fase di creazione, registrazione, i tentativi, le scoperte, il talento, che rendono il personaggio così familiare e autentico, da scardinare ogni finzione di rappresentazione. In quei momenti il biopic porta ai massimi livelli il proprio lavoro di genere: Kingsley Ben-Adir diviene davvero Bob Marley, in carne, ossa e talento.
La musica come messaggio
Guardare un biopic come quello su Bob Marley insinua nel cuore dello spettatore la nostalgia per i tempi andati. Tempi in cui la musica non era fine a se stessa, non era audience o corsa per accaparrarsi dischi d’oro e di platino. Un tempo la musica era veicolo di valori, idee, desideri e messaggi. Si pensi alla fine degli anni Sessanta, il tempo di Woodstock, della lotta per conquistare la pace e diffondere quel messaggio con ogni mezzo possibile: l’amore libero, la liberazione da ogni schiavitù mentale, l’estasi, la gangia, la musica.
E Bob Marley si cala in quel contesto con tutto se stesso, dedicandosi corpo e anima alla musica, divenendo uno dei più grandi cantautori di musica reggae e tra i maggiori attivisti sulla scena internazionale.
Bob Marley non si limita a “fare musica” tanto per diletto e sbalordire il pubblico. Bob intende squarciare i cuori del pubblico, dei popoli, dei violenti e dei partiti politici, prendendo posizione in uno scenario di odio, sangue e corruzione. Nonostante l’attentato, Bob Marley il concerto Smile Jamaica a Kingston nel 1976 doveva tenerlo, nonostante i rischi, nonostante il pericolo che correva non solo lui, bensì la sua famiglia. E così Bob a quel concerto immagina di abbattere la violenza con la sua musica, con l’amore e con quel messaggio di pace che connota la sua filosofia di vita legata alla religione del Rastafarianesimo: «il reggae è la musica della gente, è fatta per unire le persone».
Ma Bob non si accontenta, e, trasferitosi con la sua band a Londra, intende ricercare e comporre suoni nuovi, inediti, spiazzanti, per raggiungere il pubblico di tutto il mondo, e cambiarlo sul serio quel mondo, diffondendo il messaggio a gran voce, senza restrizioni, senza scalette, senza paletti, puntando alla sostanza piuttosto che all’immagine: «La mia vita non è importante per me. La mia vita è per le persone».
Così le sue note e le sue parole divengono l’agnello, lui stesso si fa agnello, pur vacillando di fronte a paure e sconforto, che talvolta gli fanno perdere fiducia in se stesso e nelle sue reali capacità. Le sue canzoni divengono ovunque, e ancora a distanza di anni, iconiche, veicolando il forte messaggio di unione tra i popoli, pace e di lotta per la libertà. Canzoni come Could You Be Loved, Jamming, Redemption Song e One Love hanno davvero piantato semi di speranza nei cuori di diverse generazioni, cambiando la stessa musica, così come era conosciuta. Un’autentica rivoluzione, sociale e musicale. Dimenticare quelle semplici parole, quelle melodie sinuose e potenti risulta impossibile, in quanto radicate nei cuori e nell’anima. Si pensi a Three little birds, che in qualche modo riesce davvero a cambiare il mondo: «Don’t worry about a thing. Cause every little thing gonna be alright (Non preoccuparti di niente, perché ogni piccola cosa andrà bene)». Può oggi risultare ingenuo questo messaggio, persino anacronistico, nel tempo di guerre senza fine, pandemie, odi e immobilismo pratico ed emotivo. Eppure, sussurrandola, cantandola, gridandola, questa canzone riesce ancora ad infondere un senso di beatitudine e speranza, di non resa, ma tenacia e coraggio di costruire davvero un avvenire migliore. È un inno alla libertà dalla schiavitù mentale, dai pensieri soffocanti e dalle paure. Se si pensa poi che l’ispirazione per questa canzone arriva a Bob grazie a dei canarini visitanti il davanzale di casa sua, allora si deve davvero pensare che il suo genio e il senso autentico della vita procedano in tandem, diretti verso la bellezza.
È chiaro quindi che quella di Bob Marley non sia solo musica. Quel sound ricercato, lento e rivoluzionario, unito al messaggio che intende veicolare, creano insieme una potentissima arma contro la violenza di qualunque tipo. La sua chitarra è un mitra di pace, unione e libertà.
Commovente del resto l’ammonizione nel film di sua moglie Rita: «Talvolta il messaggero deve diventare il messaggio». Lei, una donna forte, tenace e amorevole, pronta a sostenere suo marito in qualunque circostanza, specie quelle avverse, infondendogli sicurezza quando sembra per lui sgretolarsi. E così, quando Bob Marley risponde alla domanda «Credi che questo mondo possa farcela?» – «Sì, dobbiamo farcela, non c’è altro modo», ha già vinto.
Del resto:
- «Nessun proiettile può fermarci ora, né imploriamo o ci inchineremo, nulla può essere comprato o venduto» – (Jamming)
- «Emancipatevi dalla schiavitù mentale, solo noi stessi possiamo liberare la nostra mente» – (Redemption Song)
Fonte immagine in evidenza: Sito ufficiale, copertina del film Bob Marley – One Love