Confidenza di Luchetti | Recensione

Confidenza di Luchetti | Recensione

Da pochi giorni su Sky Cinema, Confidenza è l’ultimo film di Daniele Luchetti, l’ennesimo frutto del sodalizio tra il regista e lo scrittore Domenico Starnone.

Delle paline da tennis rotolano giù per le scale, inarrestabili e inesorabili, come il destino delle persone che vivono costantemente su un piano inclinato e inutilmente rincorrono le conseguenze delle scelte fatte. È impossibile essere altro da ciò che si è.

Allo stesso modo i rapporti e le relazioni, ossia i nodi di cui è composta la realtà, non hanno altra scelta se non degenerare rapidamente quando vincolati da segreti indicibili. E i segreti definiscono un uomo o una donna più di quel che è palese a tutti. I segreti ci appartengono per sempre.

Confidenza di Luchetti

Un professore di lettere e la sua migliore studentessa, la storia d’amore più banale e anche più sbagliata.

Daniele Luchetti, però, la ridisegna e le dà la forma di una confidenza esagerata, eccessiva, a tratti morbosa, per questo ineffabile. Inconfessabile.

Confidenza di Luchetti è la trasposizione cinematografica del romanzo di Domenico Starnone, un testo che Luchetti ha riscritto con Francesco Piccolo e affidato alla fotografia caravaggesca di Casalgrandi e alle musiche – forse l’aspetto più notevole del film – di Thom Yorke. Federica Rosellini, Elio Germano, Vittoria Puccini e Pilar Fogliati sono perfetti per dare corpo alle intenzioni del regista, che, giocando col fascino della ineffabilità, ci fa credere per tutto il film di volerci mettere a parte di un segreto che da solo regge tutta la narrazione.

Ma partiamo dal principio.

La trama

Pietro Vella è uno stimatissimo professore di lettere in un liceo di Roma. Un liceo per bene, per un uomo per bene. Non è un professore che si confonde tra gli altri, è uno studioso che collabora con il Ministero, che scrive articoli sulla didattica e sulla pedagogia, che teorizza la “pedagogia degli affetti” e tiene all’anima degli studenti più che alla loro mente. Teresa Quadraro è la più brillante dei suoi allievi. Ma si sa come vanno queste cose, gli studenti più brillanti sono anche quelli più curiosi e meno inquadrati ed è un attimo che si perdono per strada. Così Teresa, con una mente straordinariamente logica e un futuro da scienziata di fama mondiale di cui lei a 19 anni non è ancora a conoscenza, vulnerabile e disinteressata, dopo la maturità decide di abbandonare gli studi per iniziare a lavorare come cameriera. È Pietro, ancora una volta, ad accorgersi di lei e a recuperarla nell’angolo più freddo e buio della sua vita, insegnandole a farsi amare e ad amare.

 

Confidenza di Luchetti: una narrazione sfuggente

Confidenza è quella inconfessabile ed eccessiva che mai dovrebbe esistere tra un prof e una allieva, ma è anche – in senso letterale – quella che si scambiano all’orecchio, nella noia di una serata vuota, prima di perdersi e ritrovarsi a più riprese. Un segreto che li unirà per sempre, ovunque, a distanza nello spazio e nel tempo.

Da questo momento in poi i due personaggi diventano elettroni che si avvicinano e si allontanano, che si respingono e si attraggono a vicenda, gravitando nel medesimo orbitale del medesimo atomo. Di sicuro non potranno mai più ignorarsi. Da questo momento in poi per lo spettatore entrambi saranno e non saranno, allo stesso momento, in una determinata condizione. In fisica si chiama “sovrapposizione quantistica”.

Lui è e non è, al tempo stesso, morto suicida; è e non è vittima dell’istinto dannato che ha di sopprimere Teresa. Lei è e non è innamorata e, allo stesso tempo, potrebbe essere e potrebbe non essere decisa a vendicarsi.

Il film, inizialmente lineare, diventa a un certo punto sfuggente, com’è sfuggente la logica nelle relazioni umane e com’è sfuggente la trama rispetto a ogni etichetta. Musiche e caratterizzazione dei personaggi promettono un thriller che manca, però, del classico scioglimento che permetterebbe di definirlo tale. L’iniziale e apparente ordine evolve in un caos che si fa fatica a decifrare e a giustificare fino in fondo.

Originale, ma non troppo

Nel complesso Confidenza di Luchetti è il ritratto perfetto di una realtà che – come teorizza la Quadraro nella tesi a cui lavora nel corso del film – è costituita da nodi ben stretti, difficili da comprendere, figuriamoci da sciogliere. Un po’ come i Lacci della precedente creatura di Luchetti-Starnone.

Il regista stesso lo ha definito un film criptico: «Non sopporto più tutti quei film che prendono per mano il pubblico». La verità è che il film, per quanto si sforzi di essere anticonvenzionale, risulta abbastanza prevedibile. Al suo interno non ci si disorienta per davvero, abituati come siamo tutti a film dal finale prevedibilmente aperto, in cui i personaggi gravitano attorno a un elemento chiave che poi si scopre non essere così determinante.

 

Immagine in evidenza: locandina ufficiale del film su Mymovies.it

A proposito di M. S.

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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