Danilo Bertazzi, intervista al Tonio Cartonio della Melevisione

Tonio Cartonio, un nome che accende nell’immaginario collettivo di più di una generazione una serie di ricordi irrinunciabili, di pomeriggi trascorsi davanti alla TV alla scoperta di un mondo fantastico, fatto di gnomi, fate, streghe ed altri esponenti del piccolo popolo.

A dare vita al folletto bibitiere più amato di sempre troviamo la bravura e il talento di Danilo Bertazzi, diplomato al Centro di formazione teatrale di Torino, che ha lavorato tra teatro e televisione dando prova di un’innata capacità artistica e interpretativa.

Per la televisione ha preso parte a svariate produzioni, tra le quali annoveriamo Melevisione, per la quale interpreta Tonio Cartonio per circa sei anni.

Il personaggio di Tonio riscuote un successo immediato, facendo di Danilo un’icona per i bambini degli anni ’90.

1) Danilo, il personaggio di Tonio è amato da più di una generazione, cosa vorresti dire ai tuoi “bambini”?

Quello che dico sempre ai ragazzi che incontro agli eventi e che conosco è di non essere spettatori del loro futuro ma protagonisti. Combattere per i propri sogni e non aspettare che siano quelli della mia generazione, che ha creato un presente incerto. Il mio cardiologo è un bambino di Melevisione, io credo davvero nel futuro dei giovani. Parlo di medicina perché sono ipocondriaco.

2) Cosa pensi che abbia reso la Melevisione una formula vincente?

Ce lo siamo sempre chiesti, è stata una scommessa vinta portare in TV i personaggi classici delle fiabe. I bambini guardavano i cartoni coreani come Gig robot d’acciaio. Penso che la vera svolta sia stata umanizzare i personaggi di Melevisione: la principessa con l’apparecchio, fata Gaia che aveva le ali ma non riusciva a volare, la strega con la scopa che non vola. Umanizzare questi personaggi ha funzionato, i bambini potevano identificarsi facilmente. Penso anche che il grande successo di Tonio sia stato parlare al bambino, rivolgersi direttamente a lui prendendolo per mano.

3) Cosa pensi dell’impatto dei programmi per bambini?

Melevisione ha trattato temi importanti e difficili da spiegare: la morte dei nonni, la separazione dei genitori, l’arrivo di un fratello adottato. Il segreto di fata Lina è una puntata importante, usata come elemento di studio all’Università. Il grande merito di Melevisione è aver spiegato ai bambini quanto è importante l’amicizia. Nel Fantabosco con amicizia e pazienza si ottiene tutto e si riesce a spiegare anche ai “cattivi” cosa è giusto. Tutti i programmi per bambini dovrebbero dare messaggi positivi, il bambino guarda al mondo con curiosità, è come un gatto che agisce con spontaneità, va avanti fiducioso. La cosa importante quando si fanno programmi per bambini è capire come guardano il mondo, noi possiamo trasmettere messaggi positivi e di inclusione.

4) La Melevisione è riuscita a toccare corde sensibili, affrontando temi di grande rilevanza sociale. Pensi che i programmi attuali riescano a fare altrettanto?

Diventa più difficile, perché i bambini di oggi hanno una soglia dell’attenzione bassissima, di circa sei minuti. Riuscire a trasmettere messaggi importanti in sei minuti sarebbe difficile, anche se con TikTok siamo abituati a seguire in pochi minuti. Ogni programma propone un messaggio, ad esempio lo scorso anno Rai Yo Yo ha fatto un programma sul primo soccorso, del quale sono autore. Ci sono anche cartoni animati che sicuramente trasmettono un messaggio, c’è una scelta da parte di Rai Ragazzi molto attenta a mandare messaggi positivi.

5) Parlaci del tuo progetto “Fondi di caffè”

Dopo il mio incontro con Yotobi mi è venuta voglia di aprire un canale con i bambini, come faceva Tonio. Ci sono riuscito con mezzi di fortuna e grazie a un amico. C’è stato un momento in cui tra Covid e un intervento al cuore, il canale si è fermato. Sentivo di aver abbandonato i bambini, ormai giovani adulti. Con uno scambio tramite social mi sono detto: ma se io questi bimbi li vedessi e loro raccontassero qualcosa a me davanti a un caffè? Ultimamente è venuto un ragazzo dalla Sicilia e l’ho ospitato.

6) A quali eventi potremo incontrarti?

Domenica sarò a Siderno per un festival del libro e del fumetto e lì farò una live di Fondi di caffè, proprio per non essere l’unico protagonista e coinvolgere l’altro. Questa è una lezione importante che ho imparato facendo spettacoli per il teatro: se riesci a coinvolgere gli altri e a collaborare con loro il successo aumenta. Ricordo uno spettacolo a Napoli, al teatro Diana, prima di Melevisione. Andavamo in scena con una fiaba di Christian Andersen, ricordo un enorme coinvolgimento da parte dei bambini e penso sia proprio questa la chiave di volta: bambini e adulti vogliono partecipare. Per quanto riguarda gli eventi ai quali prenderò parte, sarò a Ragusa l’8 agosto, a Milano il 15, a Padova il 18, a Rovereto il 28 e a Vicenza il 29 agosto.

7) C’è una città che preferisci? Che ti emoziona?

Parigi, ci vado da 50 anni, è la mia città del cuore. La prima volta che ho portato Roberto a Parigi abbiamo visto una mostra d’arte contemporanea al Beaubourg, creata negli anni ’70. Poi amo Le Marais, un quartiere molto caratteristico con piccole botteghe.

8) Dove andrai in vacanza?

Vado a San Terenzo, vicino Lerici, nei pressi di La Spezia. Invece il primo settembre partiamo per il viaggio di nozze, andremo a Roma.

9) Cosa ti differenzia dai tuoi coetanei?

Penso proprio l’apertura mentale e l’accoglienza, ho visto commenti terrificanti sotto al post della mia unione civile. Forse neanche loro credono a quello che dicono, hanno bisogno di “dire quella cosa”, di esprimere la rabbia. Non credo ci sia un’omofobia così radicata, penso si tratti del bisogno di trovare un capro espiatorio, un nemico, forse per evitare di evidenziare le reali problematiche. È più facile dire che alle Olimpiadi c’è un pugile trans, cosa non vera, per spostare l’attenzione e trovare un gruppo da stigmatizzare.

Raffaele Emmanuele Benedetto Di Bona

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