Edward Hopper. Una storia d’amore americana

Edward Hopper. Una storia d'amore americana

L’uomo, l’artista, l’amante Edward Hopper in Hopper. Una storia d’amore americana, il docufilm prodotto da Nexo Digital. Dall’amore per la sua arte e per l’America all’amore per Josephine Nivison.

Nexo Digital, la casa di produzione che da anni porta la grande arte al cinema, firma un docufilm da 90’ su Edward Hopper, Hopper. Una storia d’amore americana. Distribuito soltanto in alcune sale lo scorso aprile, il film è ora su Sky Arte, media partner del progetto La grande arte al cinema.

Hopper. Una storia d’amore americana di Phil Grabsky

Hopper. Una storia d’amore americana è prodotto da Phil Grabsky con Exhibition on Screen e scandito dalla colonna sonora di Simon Farmer. La storia d’amore è quella di Hopper per l’arte; l’amore tra Edward e Jo; l’amore di tutti coloro che, nei secoli, hanno amato le sue opere. Una storia d’amore americana in tutte le sue forme.

Grabsky indaga i paesaggi umani, solitari e introspettivi dell’artista americano, nato a Nyack, nello Stato di New York nel 1882. Affidandone il racconto a esperti curatori d’arte, tra i quali Kathleen Motes Benewitzexecutive director dell’Edward Hopper House di Nyack –, Phil Grabsky ne riproduce le fasi della vita attraverso il lento scorrimento in dissolvenza dei suoi quadri più emblematici, puntando sull’intima connessione tra l’Hopper uomo e l’Hopper artista. Quindi, tra il paesaggio interiore e quello esteriore.

Edward Hopper: l’uomo, il personaggio, l’artista

Nato in una famiglia medio-borghese, Edward Hopper dimostrò sin dai primi anni di essere intrinsecamente destinato a diventare pittore e illustratore e fu stimolato in questa direzione dai genitori. Il primo esperimento artistico risale al 1892 e il primo incarico fu quello di illustratore per la C. Philips Company, dopo aver frequentato la New York School of Art.

Due le città che contribuirono alla sua crescita personale e artistica, Parigi e New York. La sua Parigi non è quella di Montmartre e nemmeno quella della École des beaux-arts. Hopper non amava la vita di città, era solitario, era riflessivo, era silenzioso. A Parigi si trovò nell’occhio di un ciclone artistico generato dalle nuove correnti che si andavano affermando, l’Espressionismo, il Cubismo e l’Astrattismo. Lui, però, preferiva dipingere all’esterno, per strada. Mentre osservava e studiava l’amore dei parigini per la bellezza, si convinse che artista è colui che ha qualcosa da dire e che fornisce testimonianze di ciò che ha intorno, filtrando la storia attraverso il volto del singolo.In questo senso, si può dire che Edward Hopper non ha ritratto soggetti, ma idee. Una complessità, questa, che spesso sfugge a chi legge i suoi quadri senza ricordarsi di indagare l’autore.

Hopper. Una storia d’amore americana consente di conoscere il personaggio di Hopper partendo dalle parole da lui rilasciate nelle poche interviste. È lui ad ammettere che, in un panorama esplosivo e appariscente, non amava frequentare il mondo bohemien dell’arte e non fece mai alcuno sforzo cosciente per rivelare se stesso agli altri, tanto da restare enigmatico, come i suoi quadri.

Hopper. Una storia d’amore americana

Dopo Parigi, tornò a New York dove perfezionò e corroborò la peculiarità del suo stile. Lontano dalla cacofonia della strada, la sua New York è priva di presenze umane, silenziosa tanto da essere inquietante.

Figure solitarie, raccolte su stesse, delle quali raramente si riesce a cogliere i volti. Solitari o liberi – dipende tutto da cosa si decide di guardare – i soggetti delle opere hopperiane sono incastonati in scene che, per inquadrature, realismo e colore, ricordano da vicino la fotografia e il cinema. Ma le tele di Hopper non sono soltanto una fotografia lucida dell’America del Novecento, malinconica e alienante. Con pochi elementi nitidi e silenziosi, la sua arte insegna che c’è un racconto dietro a ogni fermo immagine ed un silenzio quasi logorroico nelle pieghe di un volto o negli ingranaggi di una mente statica che si nasconde dal resto. L’uso che fa dei colori e del contrasto dimostra che bisogna seguire i tratti spessi e le ombre per rintracciare i pochi punti di luce.

Edward Hopper e l’amore per Josephine Nivison

Il filo conduttore di Hopper. Una storia d’amore americana è l’amore. Un elemento imprescindibile per scandagliare a fondo l’animo di Hopper è il suo rapporto con le donne. In particolare, con Josephine Nivison, che sarebbe diventata la modella di tutti i suoi soggetti femminili, nonché moglie e socia. Da Jo, artista anche lei, Hopper apprese l’arte dell’acquerello, perfezionato nella città americana di Gloucester. In questa fase, la sua pittura divenne più solida e strutturata, la sua produzione lenta ed esigua. E anche commercialmente fortunata.

I suoi quadri appaiono sempre più disabitati eppure così profondamente umani, abissali nella loro profondità insondabile, disagevoli eppure familiari, proprio come il loro autore. Proprio come il clown di Soir bleu o la donna umiliata in abiti succinti seduta a terra in Summer interior, entrambi alter ego dello stesso Hopper.

Nell’ultima opera, Two comedians, due attori comici si inchinano sul palco, tenendosi per mano. È la sua dichiarazione finale, il riconoscimento del contributo che Jo ha dato alla sua vita e alla sua arte e che Hopper, impossessato com’era da un egoismo che ha bisogno di schiacciare gli altri per crescere grandiosamente, aveva fatto fatica a riconoscere.

Hopper. Una storia d’amore americana, su Sky Arte.

 

Fonte immagine in evidenza: locandina del film su Amazon Prime Video

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A proposito di M. S.

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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