Enea di Pietro Castellitto | Recensione del film

Enea di Pietro Castellitto

Enea, la seconda potentissima opera di Pietro Castellitto, viene distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dall’11 gennaio 2024.

Presentato in anteprima il 5 settembre 2023 all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Enea fa gola allo spettatore già alla visione del primo trailer, impaziente di toccare con gli occhi e col cuore tutta quella dirompente energia che la sua cifra narrativa e stilistica sembra emanare.

E la seconda prova di Castellitto alla regia non delude affatto le aspettative di un pubblico “d’essai”, un pubblico viziato e affamato di originalità.

Prodotto da The Apartment, Vision Distribution e Frenesy, Enea è una scommessa, un pugno nello stomaco e agli occhi. Un film che non fa sconti, perché il compromesso non nutre la natura artistica di Pietro, degno figlio d’arte.

Enea di Pietro Castellitto. Trama

Enea è la storia di una sfrenata rincorsa al mito della giovinezza, una giovinezza incorruttibile, che cerca di emergere e farsi spazio nella corruttibilità di una società bieca e ipocrita, come un filo d’erba che riesce a nascere nel cemento armato. Al centro, amicizia e amore, un binomio imprescindibile per il protagonista, l’unica àncora di salvezza su cui poter contare nel mondo dell’infame dio denaro, dei pregiudizi, del falso buonismo e dell’ipocrisia.

Scritto, diretto e interpretato dal figlio di cotanto padre Pietro Castellitto, Enea tesse la trama intorno al rapporto d’amicizia che lega dall’infanzia Enea (Pietro Castellitto) e Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio, al suo esordio cinematografico). Il primo gestisce a Roma un ristorante sushi, il secondo riceve il brevetto di pilota di aerei da turismo. Entrambi provenienti da famiglie borghesi benestanti, arroccate nelle loro apparenti perfezioni estetiche, cristallizzate come bomboniere e quasi infrangibili agli occhi della “gente che conta”. È lì però, all’interno delle dinamiche familiari, che sorgono spunti emotivi, filosofici e sociali atti a contrastare l’assuefazione alle regole, alla morale, per liberare la personalissima tensione alla vitalità, in contrasto alla vita spenta e smorta degli adulti, dei corrotti e di coloro che strisciano per conquistare potere e denaro.

Il padre di Enea, Celeste (Sergio Castellitto), è uno psicoterapeuta che lotta costantemente per soggiogare la rabbia, mostrando una quasi insopportabile pacatezza (anche abbastanza estranea peraltro ai toni animati e concitati che spesso denotano i personaggi di Sergio). La madre, Marina (Chiara Noschese), è una conduttrice televisiva, assuefatta all’amore per il marito, frustrata per il lavoro e per quanto quotidianamente osserva intorno. Il fratello minore, Brenno (Cesare Castellitto), è un adolescente che si districa tra problemi di violenza scolastica e venerazione per Enea.

Dall’altra parte c’è Valentino, con una famiglia allargata, una madre preda della depressione, inchiodata a una sedia a rotelle, e il suo desiderio di evadere dalla realtà, ampliandola, con voli mentali e fisici.

Enea e Valentino esprimono il loro disprezzo per la spenta vitalità genitoriale e imprenditoriale evadendo da quella stanca realtà, contrapponendo alla morte dell’anima la vitalità nutrita di bellezza, amore, eccessi e bando alle regole. Ecco che Enea e Valentino divengono l’anima delle feste e delle serate capitoline, eco della bella vita e richiamo giovanile a La grande bellezza di Paolo Sorrentino, contesti nei quali emerge il loro coinvolgimento nei traffici illeciti di stupefacenti.

Nel caos e nel marasma di un’esistenza che si districa tra eccessi e resistenze, si innesta la bellezza di Eva (Benedetta Porcaroli), di cui Enea si innamora, pur rischiando di infrangere quel sogno a causa dei suoi comportamenti tendenti al torbido, ma sempre nutriti da una genuinità romantica che connota la sua incorruttibile integrità.

Per Enea e Valentino non esistono compromessi. Persino il loro accostamento alla criminalità si spoglia dei consueti moventi: i due amici non ricercano i soldi, né il potere, bensì la potenza, che è impulso alla vitalità, all’energia, rompendo le regole per sentirsi vivi, nel tempo della decadenza in cui nei giovani sembra spegnersi l’ambizione e la lotta per la conquista di sogni comuni, che un tempo hanno invece caratterizzato e mosso le esistenze giovanili delle precedenti generazioni.

In un mondo dove tutto, ogni cosa, diviene frangibile, precario, Enea si impone con la sacralità della propria anima infrangibile, fatta di errori, di umanità, ma non ancora stanca di vivere davvero. Ecco che si è disposti a tutto per poche e intense emozioni, per un brivido fugace, per sentirsi vivi, vitali e quasi immortali.

Tra le crepe della quotidianità, di una società dorata che cela marcio e debolezza, Enea e Valentino vivono d’avventura, di sensazionale, di eccessivo, controcorrente, contro regole e moralità, quasi come ingenui sognatori, che si crogiolano nel santuario del proprio incrollabile romanticismo, per rifuggire il senso implacabile e oppressivo di noia e solitudine.

Così, anche le cene familiari divengono occasione di provocazione e accuse ai genitori per l’insoddisfazione esistenziale di cui sono imbevuti, mostrando all’esterno una famiglia apparentemente unita, perfetta e indistruttibile, celante però una livrea di creta. Ed ecco che, palme che improvvisamente crollano sui vetri di una casa, simboleggiano la fragilità dell’unione, delle scelte e di una vita votata al silenzio e all’apparenza: “Le alternative per me sono due: o il percorso individuale o il percorso clanico. Se la famiglia è un clan, allora ha senso. Noi siamo un clan, mamma?

Enea intende sgravarsi di quei privilegi in cui la famiglia è arroccata. Ricerca il genuino, appoggiato dal suo amico Valentino, uniti nel rischio e nell’avventura. Ciò che spinge Enea è il movimento, quello della vita, quello che può far succedere qualcosa, quello che produce cambiamenti, quello che si contrappone alla pigra e vile stasi di quanti in realtà si sono già arresi.

Si evince in Enea/Pietro una verve goliardica, che rimanda un po’ all’irruenza, al menefreghismo, alla joie de vivre e alla genuinità dei Dreamers di Bernardo Bertolucci.

Enea di Pietro Castellitto. La scelta narrativa di Pietro Castellitto

Enea di Pietro Castellitto va diritto all’obiettivo. Colpisce con violenza d’impatto cuore e occhi degli spettatori. Assesta pugni, vomita genio, dissertazioni filosofiche e romanticismo. Enea è potente, dissacrante, dirompente, visionario, proponendo un realismo mai scevro di eccessi, di cui anzi si nutre, servendosi dell’eclatante, del paradosso, dell’esagerato.

Già dalle prime scene si evince un Pietro all’altezza dell’arte genitoriale, per certi aspetti superandola, proponendo senza chiedere, senza scuse e senza sconti la propria originale e personalissima visione del reale. Pietro parte dalle persone, osservandone i gesti e i segreti più reconditi, edulcorandoli in una sorta di carnevale barocco, mai scadendo nel banale, ma facendo del grottesco la giusta e sana contrapposizione bilanciata alla bellezza.

A differenza del padre Sergio, sempre irruento ma più didascalico nella narrazione, Pietro predilige scene random, effetti sorpresa, eccessi che declinano una versione tutta sorgiva di una Roma decadente, fiacca, prossima alla morte dell’anima, ormai priva di ogni scintilla di vita.

Pietro/Enea idolatra la vitalità, servendosi del profano per accendere il divino. L’Enea di Pietro è dinamite pura per gli occhi e per l’anima. Straordinaria quintessenza della verità, che irrompe bastarda sulle tiepide acquisite consapevolezze familiari e sociali.

Attraverso Enea, Pietro espone brillantemente una serie di spunti filosofici, considerazioni sulle dinamiche relazionali. E lo fa adoperando una sorta di lieve ed egoistica indifferenza, che in realtà è consapevolezza, consapevolezza di tutto quanto intende rifuggire, di tutto ciò che non vuole diventare, di tutto quel che non intende essere. Consapevolezza di una vitalità che si appresta a spegnersi, specie nei cuori delle precedenti generazioni. E lui vuole restare vivo. Ubriacarsi di vita, bellezza e amore.

Pur nella più acuta dissacrazione, Pietro si impone in tutta la sua eleganza imperitura, dolce e dannato, egoista e tenero.

Pietro parla di una realtà che non vuole essere decifrata con fronzoli e paracadute. La sua realtà è narrata attraverso la sua personalissima visione drammatica, esprimendo appieno genio e talento, ancora una volta, distante dal panorama cinematografico commerciale. Il suo è un film d’autore, d’essai. Non è per tutti. Non può piacere a tutti. Ma per chi ne comprenderà e saprà apprezzarne il senso, Enea si svelerà in tutta la sua unicità e stravaganza, arrivando nudo e crudo all’anima di quanti possono comprendere senza troppe spiegazioni.

L’Enea di Pietro deve accostare la morte all’avventura per sentire ancora addosso la vita, in un contesto storico-sociale scialbo, insipido, bigotto, ipocrita e paralizzante, dove sembra non esserci spazio per la rivoluzione, ma solo per l’artificio. E proprio l’artificio viene da Pietro assunto come metafora dialettica della bellezza e dell’incorruttibile. Cos’è che oggi può considerarsi incorruttibile? Lo slancio vitale! In un tempo dove il futuro sembra ormai già scritto, minando ogni possibilità di realizzazione, ciò su cui si può e deve ancora contare è lo slancio vitale, quello che smuove e muove gli animi assonnati e corrotti, per riportarli più vicini al cielo, al divino, all’impossibile che diviene possibilità. Ma uno slancio romantico richiede coraggio, sforzo e sacrificio, squarciando il velo di ottuse moralità anacronistiche e pseudo integraliste.

Questo rappresenta Enea, un’opera coraggiosa, a tratti grottesca e slegata, ma ambiziosa, geniale, acuta. Senza dubbio influisce sul lavoro di Pietro la tanta dedizione cinematografica e il pane artistico che il tessuto familiare naturalmente gli ha fornito. Evidenti gli influssi del regista partenopeo Paolo Sorrentino, particolarmente captabili in alcune scene d’impatto, quelle che spiazzano lo spettatore, non lasciandogli il tempo di realizzare. Formazione personale e influenze autoriali costituiscono i giusti ed equilibrati elementi di un talento che cresce e si fortifica. Ma il motore principale è lo sguardo di Pietro su una realtà che non intende più accontentarsi, ma essere distrutta per poi rinascere, tempo dopo tempo, scelta dopo scelta.

Lo stile di Pietro in Enea è tutt’altro che stanco e ridondante. La sua verve narrativa esplode sensazionalisticamente in una folle e ironica inquadratura surreale sul reale, per adrenalizzarlo, smuoverlo, dissetarlo e sfamarlo con la vitalità.

Pietro/Enea è strafottente, ma capace di amare, restio a piegarsi all’inconcludente e alla rassegnazione di una vita piatta e sicura. Tutti i suoi personaggi, le loro vite, le situazioni, persino i luoghi strabordano di una vitalità tanto insana quanto sensata.

Guardare Enea è come viaggiare sulle montagne russe. Adrenalina e impulso allo stato puro! Il reale per Pietro non può sussistere senza il grottesco, così come l’amore non può vivere senza il dolore.

Incantevole, tra l’altro, la scelta di colonne sonore nostalgiche, da Bandiera gialla a Maledetta primavera, che ben s’incastrano nel tessuto narrativo di un presente che si nutre di passato, che lo agogna, come momentanea, dolce e appassionata sospensione di tutto quanto stona con le corde della sincerità, della purezza, della fanciullina ingenuità.

Enea di Pietro Castellitto. Punti di forza del film

Diversi sono i punti di forza che sostengono come pilastri questo film, impetuoso come un mare in tempesta.

Enea esalta la giovinezza. Ciò non vuol dire che sia diretto ai giovani, quanto piuttosto ad ogni target generazionale che si allena a resistere, a non arrendersi. La giovinezza è la linfa vitale, la scintilla ad agire, come più volte asserito. E finché sussiste ancora dentro l’anelito spinoziano a vivere, sussiste insieme una qualche speranza.

Il sostantivo “resistenza” sembra essere in Enea il co-protagonista del sostantivo “vitalità”. E compare in tutto il suo candore e la sua dirompenza nel monologo più straordinario del film. Si tratta della lettura da parte del padre Celeste di una lettera scritta da un ragazzino suo paziente, che gli si rivolge ringraziandolo per avergli insegnato a resistere. Resistere al dolore incombente pronto ad assalire, a spegnere l’anima; resistere alle forze avverse, a un fato bisbetico. La resistenza appare fondamentale per non soccombere. E il successo personale nella vita dipende spesso proprio da quanto si è stati bravi a resistere alle delusioni.

Colmo di pathos ed emozione che straripa dagli occhi e dal cuore è il dialogo che il gangster Giordano (Adamo Dionisi) intesse, con naturalezza ed empatia disarmante, con Enea, comunicandogli la sua personalissima visione dell’amore: “se non c’hai qualcuno a fianco da bacià, impazzisci, e diventi come quelli che si buttano dalla finestra e non muoiono. E sai perché non muoiono? Perché sono già morti, dentro”.

In pochissime parole viene affrontato il duplice concetto di amore e depressione. L’amore è il faro, l’unica cosa che davvero conta nella vita, quello grazie al quale è possibile invecchiare, pur alimentando dentro il fuoco dell’eterna giovinezza. L’amore ha il potere di rendere immortali anche gli animi più meschini. È il sole intorno a cui far orbitare la vita.

La depressione, in Enea, è concepita invece quasi come una sorta di sostegno, una compagna di vita, quella che ti aiuta a sopportarla, in un certo senso. È l’opinione di Valentino, che vede nella depressione un anestetizzante per vivere, o sopravvivere, una specie di oppio, quando la realtà intorno è troppo crudele per comprendere anime immense come l’universo. Ed ecco che il fuggire, il desiderio di evadere dalla triste realtà, diviene, in senso sia pratico che metaforico, un atto d’amore e di responsabilità verso la propria vita, verso una vita che meriti d’essere vissuta secondo ciò che bramano le corde più profonde dell’anima.

Infine, il binomio amore-bellezza è il carburante di Enea, il miele dei suoi pensieri, il motore ad agire, sognare e vivere. Enea non appare esattamente come un giusto modello comportamentale da seguire. Le sue scelte spesso potranno sembrare discutibili, ma la sua luce interiore esiste e sussiste, alimentando quel fervido romanticismo che lo denota. Ed Enea sa apprezzarla la bellezza, così come l’amore. Trascorre le giornate a dissacrare, distruggere, sbagliare, criticare. Ma Enea ama la sua bellissima Eva, simbolo di casto peccato, che sa più di divino che di profano. E potenti, delicate, magiche, fatate, tenere, sono le sue parole, rivolgendosi al suo amore: “Perché sei bella! Io penso spesso alle ragazze belle. Le ragazze belle rendono la vita leggera, come le nuvole. Come un treno di nuvole”.

Immagine di copertina: ufficio stampa

A proposito di Emilia Cirillo

Mi chiamo Emilia Cirillo. Ventisettenne napoletana, ma attualmente domiciliata a Mantova per esigenze lavorative. Dal marzo 2015 sono infatti impegnata (con contratti a tempo determinato) come Assistente Amministrativa, in base alle convocazioni effettuate dalle scuole della provincia. Il mio percorso di studi ha un’impronta decisamente umanistica. Diplomata nell’a.s. 2008/2009 presso il Liceo Socio-Psico-Pedagogico “Pitagora” di Torre Annunziata (NA). Ho conseguito poi la Laurea Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nel luglio 2014. In età adolescenziale, nel corso della formazione liceale, ha cominciato a farsi strada in me un crescente interesse per la scrittura, che in quel periodo ha trovato espressione in una brevissima collaborazione al quotidiano “Il Sottosopra” e nella partecipazione alla stesura di articoli per il Giornalino d’Istituto. Ma la prima concreta possibilità di dar voce alle mie idee, opinioni ed emozioni mi è stata offerta due anni fa (novembre 2015) da un periodico dell’Oltrepo mantovano “Album”. Questa collaborazione continua tutt’oggi con articoli pubblicati mensilmente nella sezione “Rubriche”. Gli argomenti da me trattati sono vari e dettati da una calda propensione per la cultura e l’arte soprattutto – espressa nelle sue più soavi e magiche forme della Musica, Danza e Cinema -, e da un’intima introspezione nel trattare determinate tematiche. La seconda (non per importanza) passione è la Danza, studiata e praticata assiduamente per quindici anni, negli stili di danza classica, moderna e contemporanea. Da qui deriva l’amore per la Musica, che, ovunque mi trovi ad ascoltarla (per caso o non), non lascia tregua al cuore e al corpo. Adoro, dunque, l’Opera e il Balletto: quando possibile, colgo l’occasione di seguire qualche famoso Repertorio presso il Teatro San Carlo di Napoli. Ho un’indole fortemente romantica e creativa. Mi ritengo testarda, ma determinata, soprattutto se si tratta di lottare per realizzare i miei sogni e, in generale, ciò in cui credo. Tra i miei vivi interessi si inserisce la possibilità di viaggiare, per conoscere culture e tradizioni sempre nuove e godere dell’estasiante spettacolo dei paesaggi osservati. Dopo la Laurea ho anche frequentato a Napoli un corso finanziato da FormaTemp come “Addetto all’organizzazione di Eventi”. In definitiva, tutto ciò che appartiene all’universo dell’arte e della cultura e alla sfera della creatività e del romanticismo, aggiunge un tassello al mio percorso di crescita e dona gioia e soddisfazione pura alla mia anima. Contentissima di essere stata accolta per collaborare alla Redazione “Eroica Fenice”, spero di poter e saper esserne all’altezza. Spero ancora che un giorno questa passione per la scrittura possa trovare concretezza in ambito propriamente professionale. Intanto Grazie per la possibilità offertami.

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