Quando si parla di female gaze ci si riferisce ad un concetto nuovo, ancora in via di esplorazione. Il termine inglese gaze significa sguardo, ma anche fissare, e con female gaze ci si riferisce allo sguardo della spettatrice, del personaggio femminile o della regista di un’opera artistica.
Più che essere legato esclusivamente al genere, il female gaze riguarda la rappresentazione delle donne come soggetti attivi e dotati di agency. Di conseguenza, individui di qualsiasi genere possono realizzare opere cinematografiche attraverso questa prospettiva. Il concetto si configura come l’altra faccia della medaglia rispetto al male gaze, teorizzato dalla critica cinematografica femminista Laura Mulvey, che non solo rappresenta lo sguardo di uno spettatore maschio eterosessuale, ma anche quello dei personaggi maschili e dei creatori (di sesso maschile) di un film.
Viviamo in una società filtrata da uno sguardo maschile sul mondo. A partire dalla sfera artistica, tutto testimonia la presenza di una prospettiva dominante, che non garantisce un equilibrio nell’osservazione, nella narrazione, ma soprattutto nella rappresentazione. Nell’uso contemporaneo, lo sguardo femminile è stato utilizzato per riferirsi alla prospettiva che una regista donna (sceneggiatrice/regista/produttrice) porta a un film, che potrebbe essere diversa dalla visione maschile del soggetto.
Origine del termine
La prima ad aver messo ordine sul tema è ancora Laura Mulvey in Visual Pleasure and the Narrative Cinema nel 1975.
«Essenzialmente, il female gaze è il modo in cui le donne sono ritratte mediante gli occhi di una donna e non di un uomo. Attraverso lo sguardo femminile, le donne sono osservate come persone dotate di sentimenti e intelligenza. Il focus non è necessariamente su ciò che gli occhi possono vedere, ma su quello che il cuore può sentire.»
Mulvey in questo articolo ha discusso anche gli aspetti del voyeurismo e del feticismo nello sguardo maschile: per fare ciò ha tratto spunto dal film del 1954 di Alfred Hitchcock, La finestra sul cortile, applicando termini tratti dalle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud per discutere l’angolazione della telecamera, la scelta narrativa e gli oggetti di scena nel film. L’articolo di Mulvey concentra sul concetto di scopofilia, o piacere nel guardare, che pone la donna come spettacolo da oggettivare e guardare, incapace di ricambiare uno sguardo. Mulvey rifiuta la maggior parte delle rappresentazioni delle donne nei film come rappresentazioni inadeguate degli esseri umani. Il female gaze, invece, è un approccio non sessualizzante, oggettificato o statico, ma una postura visiva e interpretativa mobile, che fa appello ai sensi, alle interazioni e ad una cornice situazionale più ampia.
Il female gaze nel cinema
Lo sguardo femminile ha tre punti di vista: l’individuo che sta filmando, i personaggi all’interno del film e lo spettatore. Questi tre punti di vista sono gli stessi dello sguardo maschile di Mulvey, ma per lo sguardo femminile l’attenzione è sulle donne invece che sugli uomini. I critici hanno focalizzato l’attenzione sulla presenza dello sguardo femminile in opere come The Handmaid’s Tale, I Love Dick, Fleabag e The Love Witch.
Lo scrittore e regista americano Joey Soloway ha analizzato ulteriori aspetti dello sguardo femminile nel cinema e nei media. Nella sua Masterclass del Toronto International Film Festival del 2016, Soloway ha delineato tre concetti chiave nella sua teoria dello sguardo femminile: “la telecamera senziente“, “lo sguardo osservato” e “ricambiare lo sguardo“. Nel cinema e nei media, la telecamera senziente si riferisce al processo di realizzazione cinematografica che rende la telecamera soggettiva.
Lo sguardo osservato è quel processo che mostra allo spettatore cosa si prova ad essere l’oggetto dello sguardo. Questo stratagemma crea la prospettiva di essere dentro il personaggio, consentendo al pubblico di comprendere i pensieri, i sentimenti e le emozioni interiori del personaggio o del protagonista. La serie televisiva Fleabag utilizza questo tropo attraverso il contatto visivo diretto con l’obiettivo della telecamera. In Fleabag, scritto e diretto da Phoebe-Waller Bridge, la protagonista senza nome rompe la quarta parete nei momenti in cui condivide i suoi pensieri, sentimenti ed emozioni interiori al pubblico attraverso il contatto visivo diretto con l’obiettivo della telecamera. Lo sguardo osservato (“I see you seeing me” and “how it feels to stand here in this world having been seen our entire lives”) si riferisce dunque alla connessione con il pubblico.
L’adattamento cinematografico del 2005 di Orgoglio e pregiudizio, diretto da Joe Wright, mostra questo concetto durante una scena in cui il protagonista, il signor Darcy, ammette timidamente con e con esitazione a Elizabeth Bennet il suo affetto per lei, in un modo che è contrario alle grandi professioni d’amore tradizionali del genere romantico. Durante la sua dichiarazione d’amore, l’angolazione della telecamera fa apparire lo spettatore come il soggetto della confessione d’amore del signor Darcy. L’angolazione diretta della telecamera consente a noi, il pubblico, di sapere cosa si può provare a essere l’oggetto del suo sguardo.
Il concetto di ricambiare lo sguardo si riferisce allo scambio di ruoli tra il pubblico e il soggetto dell’oggettivazione all’interno del film. Lo sguardo è condiviso tra lo spettatore e il protagonista, e attraverso lo stesso sguardo il protagonista realizza il proprio ruolo, rifiutandolo o restituendolo allo spettatore. Questo concetto è rappresentato nella Barbie della regista Greta Gerwig: il suo film segue le vicende di Margot Robbie nei panni di Barbie mentre diventa senziente, lasciando Barbieland per andare nel “mondo reale”. Ed è proprio nel mondo reale che Barbie sperimenta per la prima volta il patriarcato e l’oggettivazione sessuale. Nel film, la Barbie realizza la piena portata di ciò che significa essere visti come un oggetto e le implicazioni del vivere in una società patriarcale, qualcosa di assente nell’utopia di Barbieland. Durante la scena in cui Barbie piange dopo aver realizzato cosa significhi vivere in una società patriarcale, il narratore rompe la quarta parete facendo notare allo spettatore come, durante questa scena di vulnerabilità e sconfitta vissuta da Barbie, il pubblico presti più attenzione a quanto sia bella Margot Robbie mentre invece di riconoscere i sentimenti del suo personaggio.
In conclusione, il female gaze consente di rappresentare le donne come soggetti attivi, complessi e reali, piuttosto che come semplici oggetti del desiderio maschile. Questa prospettiva promuove una varietà di punti di vista e aiuta a liberarsi dei luoghi comuni di genere, criticando le dinamiche di potere tradizionali. Vedere se stesse rappresentate in modo autentico non solo arricchisce il panorama cinematografico, ma restituisce, finalmente, la voce alle donne anche nei prodotti artistici e culturali del nostro tempo.
Fonte immagini: wikipedia