Un corriere si imbarca per consegnare un pacco su un’isola, ma tra disorientamento ed ostilità da parte degli abitanti del luogo, si ritroverà in una situazione tanto inquietante e lugubre da indurlo a una metamorfosi che ribalterà radicalmente la sua identità. Questo il concept di Fishman, il cortometraggio diretto da Nicolas Spatarella e Raffaele Rossi e vincitore del Rome Indipendent Film Festival (RIFF) 2021.
Il berretto rosa indossato dal protagonista (Filippo Scotti, Fabietto Schisa in “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino), è una delle prime immagini che vediamo del cortometraggio Fishman. Questo ed il resto del costume, oltre a caratterizzare l’identità del personaggio, richiamano anche le emblematiche e delicate facciate per cui è conosciuta Procida. Una tra le originali scelte dei registi c’è infatti quella di aver ambientato un thriller-horror su quest’isola: “Procida è un’isola che amiamo. È famosa per colori e vivacità, ma non è solo questo. Ha anche un lato misterioso mai raccontato. Noi abbiamo provato a raccontare queste due anime così diverse e contraddittorie, e perciò affascinanti”. Il cortometraggio, infatti, è strutturato in due fasi cromatiche: la prima, chiara e luminosa, crea una certa confortevolezza, la seconda invece, avendo un’atmosfera più tetra, spiazza lo spettatore, come se a un certo punto quella confortevolezza gli venisse usata contro.
Assieme alle ambientazioni, anche il corriere esperisce una metamorfosi: questa dualità è l’aspetto principale del cortometraggio Fishman. “Un compito apparentemente semplice come consegnare un pacco si trasforma per il protagonista in un incubo”: tutto ha inizio quando egli smarrisce il dispositivo elettronico che portava al polso per monitorare la consegna. Se fino a quel momento l’orologio aveva emesso un fastidioso allarme, come a scandire l’irreversibile scorrere del tempo, ora il ragazzo si sente richiamato da quel suono e raggiunge un luogo alquanto particolare: Palazzo d’Avalos. Si tratta del carcere abbandonato di Procida, costruito in epoca borbonica. Lì, stremato, il protagonista apre il pacco e ne mangia il contenuto: un semplice muffin. È rilevante considerare il fatto che quasi tutti i personaggi incontrati da lui fino ad allora, stessero cibandosi di qualcosa, dando quindi l’idea che quest’azione sia un passaggio indispensabile per il cambiamento che sta per verificarsi: “La metamorfosi permette al corriere di abbandonare i doveri, le pressioni e le urgenze del presente, per ritrovare uno stile di vita radicalmente diverso, probabilmente più scevro ed essenziale”. A questo punto, con un’inquadratura che rievoca il celebre quadro di Jacques-Louis David: “La morte di Marat“; entra in scena una figura dal capo di uccello che inizia a comportarsi come farebbe l’aquila col Prometeo incatenato, oppure come gli avvoltoi nelle sepolture celesti della cultura tibetana: fa di lui il suo pasto. Tutto questo sembra simboleggiare una rinascita che si concretizza quando, sul finale, il fattorino è ormai irriconoscibile e fa per immergersi nel mare, luogo salvifico: “Il protagonista accoglie la metamorfosi, spogliandosi della sua identità per abbracciarne un’altra, ritrovando un contatto diretto con la natura”. Questa catarsi potrebbe rappresentare il cambiamento che prima o poi processiamo tutti nella vita, perché “Solo la conoscenza di noi stessi e dei nostri contesti, ci può portare a rinnovarci”. Oppure potrebbe simboleggiare le due facce dell’omologazione: sia in senso positivo, come un fattore di forza (si rende parte di qualcosa di immenso), che negativo, come schiavitù (ha perso la sua individualità).
Per concludere, tra i prossimi progetti a cui hanno partecipato i due registi di Fishman, c’è uno spettacolo presentato a La Biennale di Venezia: “Ci siamo occupati della regia e del montaggio della parte cinematografica presente in “En Abyme” scritto da Tolja Djokovic e diretto da Fabiana Iacozzilli”. Non ci resta quindi che assistervi i giorni 23, 24 e 25 aprile 2024 al Teatro Bellini.
Fonte immagine: fishmanshortfilm