Il caso Minamata: la storia del fotoreporter Eugene Smith

Il caso Minamata

Il caso Minamata è un film di di Andrew Levitas, regista che – dopo una lunga carriera d’attore – ha firmato il suo primo lungometraggio  nel 2014  con il dramma Lullaby. Il caso Minamata è il suo secondo lavoro ed è stato presentato al Festival di Berlino 2020. Il film non è mai uscito nei cinema italiani, infatti è possibile vederlo dall’on demand di Sky dopo il debutto sulla piattaforma dello scorso 17 settembre (disponibile anche in streaming su Now tv) . Inizialmente la pandemia di Coronavirus ha causato lo slittamento dell’ uscita nelle sale e in secondo luogo i problemi giudiziari di Jonny Deep, accusato di violenza fisica ai danni dell’ex moglie, hanno complicato ulteriormente e in maniera definitiva i piani di distribuzione nonché la stessa carriera dell’attore al quale sono stati cancellati alcuni contratti con importanti produzioni. Nonostante ciò la critica si è espressa positivamente nei confronti del protagonista, definendo la sua interpretazione come una delle migliori  della sua carriera. In questa pellicola Jonny Deep veste i panni  di Eugene Smith, un famoso fotoreporter della rivista Life,  che all’inizio degli anni settanta si recò nel villaggio giapponese di Minamata per documentare le conseguenze dell’avvelenamento di mercurio sulla popolazione.

La trama e il racconto di una storia vera: Il caso Minamata

Siamo nel 1971 a New York, il fotoreporter W. Eugene Smith è un uomo in conflitto con il mondo esterno che vive in solitudine senza più alcun rapporto con i figli, riversa la sua inadeguatezza esistenziale nell’alcool e polemizza anche con il modo di fare informazione  rifiutandosi di lavorare. Un giorno l’incarico lavorativo del direttore della rivista Life, Robert Hayes, lo porta nella città costiera giapponese di Minamata, devastata dall’avvelenamento da mercurio, risultato di decenni di inquinamento industriale da parte della Chisso Corporation, un’importante azienda chimica giapponese. Lì Smith entra gradualmente in contatto con la comunità di pescatori del villaggio e, armato della sua macchina fotografica, documenta i loro sforzi per convivere con la grave malattia causata dall’avvelenamento da mercurio (chiamata proprio “malattia di Minamata”) sostenendo l’appassionata campagna per ottenere un risarcimento da parte della Chisso. Le immagini di Smith  dal villaggio avvelenato restituiscono all’ umanità la straziante  portata del disastro e il suo incarico iniziale si trasforma in un’esperienza gli cambierà la vita.  ‘Il caso Minamata‘ è stato scritto da David K. Kessler a partire dal libro pubblicato nel 1975 e contenente le immagini scattate da W. Eugene Smith,  fotoreporter celebre per i suoi servizi sulla Seconda Guerra Mondiale, si trasferì nel villaggio di pescatori di Minamata con la moglie, Aileen Mioko Smith, nel 1971, e ci rimase fino al 1973. Lo scopo era quello di creare un reportage sugli effetti a lungo termine del cosiddetto morbo di Minamata, dovuto allo sversamento di mercurio nelle falde acquifere da parte dell’azienda chimica Chisso. Nel 1972, Smith fu violentemente assalito da dipendenti della Chisso nei dintorni di Tokyo. Sopravvisse, ma con la vista danneggiata in un occhio. Sua moglie proseguì il lavoro durante la sua convalescenza.

La potenza delle immagini

L’enorme forza comunicativa delle immagini permette di riconfigurare l’ordine del sensibile andando oltre un certo tipo di discorsività codificata e talvolta retorica. “Nel migliore dei casi, la fotografia è solo una voce sottile, ma a volte, anche se rara, una fotografia o un insieme di fotografie, può aumentare la nostra consapevolezza. Dipende molto da chi sta guardando, e in alcuni, una semplice istantanea può generare abbastanza emozione da innescare una riflessione”, scriveva Eugene Smith nel 1974. La sua foto più famosa  “Il bagno di Tomoko Uemura”,è l’immagine piramidale di una Madonna contemporanea, Kamimura Yoshiko, che ha tra le braccia sua figlia deforme, mentre la osserva con amorevole protezione. Un invito a riflettere, attraverso le immagini, su argomenti che talvolta con le sole parole si disperdono nel torpore dell’indifferenza, perché l’altro non ci condiziona o è lontano da quel mondo di cui spesso ci dimentichiamo di appartenere. Il film si conclude con una successione di scatti che documentano i disastri dell’ inquinamento e l’impatto che hanno avuto sull’uomo.  “Come cittadino di questo mondo”, afferma il regista Andrew Levitas, “ho sentito che la storia di Minamata doveva essere raccontata. È possibile tracciare parallelismi con tanti altri luoghi nel mondo in cui dilagano l’inquinamento industriale, l’avidità aziendale e pratiche discutibili. È ancora attuale. Ci sono persone che lottano per essere ascoltate, per essere viste, perché si combatta con loro. Secondo me, la lotta per una vita sana e senza inquinamento è la causa più forte e unificante del nostro tempo.

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