Il cinema impressionista francese e l’uso del primo piano come mezzo espressivo

Il cinema impressionista francese e l'uso del primo piano come mezzo espressivo

Il cinema degli anni ’20 in Francia si presenta immerso in un clima di assoluto fervore avanguardistico. Sarà infatti proprio in Francia, in questi anni, che si svilupperà la prima avanguardia narrativa in senso stretto: quella del cinema impressionista francese.

I registi di quegli anni erano ormai stanchi di essere relegati a etichette che li dipingevano come cineasti interamente volti a dipingere la realtà in maniera oggettiva, fredda e senza sentimento. Al contrario, volevano dimostrare il loro valore assoluto e la loro capacità di creare delle pellicole che fossero più di semplici rappresentazioni vuote, ma opere capaci di suscitare emozioni più intime e più profonde. Non volevano essere più quelli di L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, quelli del puro bisogno di impressionare, ma miravano ad innalzare concettualmente il livello del cinema a quello delle altre arti.

La trasmissione dell’emotività nel cinema impressionista francese

Il cinema impressionista francese si pose dunque come obiettivo primario quello di trasmettere emozioni più intime attraverso l’uso di vari dispositivi cinematografici. Due film del 1923, Le cœur fidèle di Jean Epstein e La Roue di Abel Gance, offrono gli esempi più chiari di questa ricerca.

In Le cœur fidèle, Epstein mette in campo un gioco lirico di sovraimpressione delle immagini precedentemente sperimentato – seppur grazie ad un “errore” e senza la funzione simbolica – da Méliès. Vi è, infatti, un momento in cui Marie, osservando l’orizzonte con sguardo smarrito, vive il classico dolore derivato dalla perdita di qualcuno. In questa scena, Epstein si serve di una sovraimpressione tra il volto di Marie e il panorama del porto, creando una vera e propria poesia visiva in cui l’acqua diventa una metafora della passione e del desiderio, descritti come qualcosa di inafferrabile e in cui immergersi e perdersi completamente. Diverso è il discorso che porta avanti Abel Gance, dato che egli deciderà di avvalersi principalmente del montaggio. Nella scena di La Roue in cui Elie è appesa ad un precipizio in procinto di cadere, infatti, vediamo una vera e propria rappresentazione visiva della frase «vide la vita scorrergli davanti agli occhi». Compariranno qui, freneticamente, tutta una serie di scene di vita vissuta, ed è quindi evidente come Gance cerchi di trasmettere un’emozione intima e profonda associata ad un momento di forte terrore attraverso l’utilizzo di quello che viene definito nello specifico come montaggio ritmico. Non è dunque tramite la sovraimpressione che si ricerca un certo simbolismo dell’immagine, ma attraverso il montaggio.

In questo contesto, figure filosofiche come Henri Bergson ebbero un impatto significativo sui registi impressionisti. La sua teoria sulla durata e sulla percezione come processi soggettivi influenzò profondamente la rappresentazione della temporalità e della soggettività nel cinema impressionista francese, portando consequenzialmente all’uso esteso di tecniche come montaggio e sovraimpressione per esplorare il mondo interiore dei personaggi. Già in questo momento, dunque, il cinema impressionista francese comincia ad esplorare le profondità dell’animo umano attraverso l’arte cinematografica, spingendo il mezzo oltre la sua funzione di semplice registrazione oggettiva di eventi e dimostrando che il cinema poteva essere un veicolo altamente artistico per l’espressione delle emozioni più intime e complesse.

L’uso del primo piano come mezzo espressivo

L’uso del primo piano si sviluppò in contemporanea con l’avanguardia del cinema impressionista francese. Fu infatti negli anni ’20 che cominciarono a diffondersi le prime vere e proprie sale cinematografiche, oltre che alcuni saggi di personalità molto influenti che andavano a rivalutare completamente il ruolo del cinema nell’arte.

Uno dei primi ad esporsi fu proprio Jean Epstein, regista francese già citato come rappresentativo del cinema impressionista francese, che nel suo saggio Alcune condizioni della fotogenia descrive il cinema come animista, sottolineando come egli fosse in grado di dare vita a tutti gli oggetti che designa. In un certo senso, dunque, Epstein riprende e mistifica ancor di più ciò che fu teorizzato precedentemente da Béla Balàzs e Colette, che avevano approfondito il discorso circa la forza espressiva del volto e la fotogenia. Insomma, per Epstein la fotogenia non riguardava soltanto la mera predisposizione ad una buona resa fotografica o cinematografica, ma la capacità del cinema di mettere in risalto l’intero mondo con una modalità che è quasi magica, astratta.

L’esempio più lampante di utilizzo del primo piano come mezzo espressivo nel cinema impressionista francese lo troviamo probabilmente nella Passione di Giovanna D’Arco di Carl Theodor Dreyer, in cui la scena della condanna a morte dell’accusata eretica raggiunge un livello di astrattismo impressionante. Dreyer, infatti, decide di sfocare completamente lo sfondo lasciando in primo piano soltanto il volto sofferente ricoperto dalle lacrime della protagonista. Una scena straziante che, probabilmente, il cinema ha avuto la possibilità di mettere in risalto ancor di più della letteratura e delle altre arti. Balàzs, infatti, in L’uomo invisibile, spiegò come «col tempo, l’invenzione della stampa ha reso illeggibile il volto degli uomini e gli uomini hanno potuto apprendere tante cose dalla carta stampata da poter trascurare le altre forme di comunicazione».

Ciò diventò fondamentale soprattutto nell’ottica di un cinema che era solo ed esclusivamente visivo. Il sonoro non era stato ancora introdotto, e il cinema aveva bisogno di esprimere quanto più possibile attraverso ciò di cui disponeva. Fu dunque anche grazie all’avanguardia del cinema impressionista francese che si aprirono le porte ad un nuovo ruolo del cinema nell’arte dagli anni ’20 in poi.

Fonte dell’immagine di copertina: Youtube

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