“Il CULT” è la rubrica di cinema che a cadenza mensile propone ai suoi lettori un classico della cinematografia, spiegando in quattro punti cosa l’ha reso famoso e perché è diventato un pilastro del cinema. Se nello scorso numero ci siamo dedicati alla commedia romantica in occasione di San Valentino, questo mese ricordiamo invece uno dei registi più famosi e talentuosi di tutti i tempi: Stanley Kubrick.
A vent’anni dalla morte del regista, avvenuta il 7 marzo del 1999, è impossibile non conoscere Kubrick, regista di opere immortali che hanno fatto la storia del cinema sia per l’aspetto tecnico, preciso e calcolato, che per il contenuto dei suoi film, capaci di scandalizzare l’opinione pubblica. Fra grandi opere come 2001: Odissea nello spazio e Eyes Wide Shut, il classico che proponiamo oggi è un film che continua tutt’oggi a far discutere: stiamo parlando di Arancia Meccanica (Clockwork Orange).
Arancia Meccanica di Stanley Kubrick
Tratto dall’omonimo libro di Anthony Burgess, Arancia Meccanica è un film del 1971 dal carattere distopico e grottesco, ambientato in una società dove le pulsioni dell’uomo sono represse fino a renderle distorte e violente. Seguendo le (dis)avventure di Alexander DeLarge (Malcom McDowell) lo spettatore viene coinvolto in un viaggio all’interno di una società solo all’apparenza mite e controllata, facendolo riflettere sull’importanza del libero arbitrio.
1) La narrativa di Arancia Meccanica
Conosciamo già la trama del film, uno dei più famosi di sempre: Alexander DeLarge è un ragazzo spietato dedito ad ogni tipo di violenza che, in seguito ad una cura sperimentale denominata “Cura Ludovico” perde ogni forma di aggressività, tramutandosi da carnefice a vittima. A rendere ancor più originale una trama che già di per sé si dimostra interessante è la modalità in cui viene narrata: l’opera assume il carattere di una confidenza del protagonista fatta allo spettatore, coinvolgendolo maggiormente nelle scene mostrate tramite il narratore fuori campo che da voce al flusso di pensieri di Alex, approfondendo così la psiche del personaggio.
2) La violenza protagonista
Fin dalla sequenza d’apertura è possibile capire che è la violenza la principale protagonista del film, espressa non solo con le numerose scene di pestaggi o soprusi che vedono protagonisti tutti i personaggi, ma anche dalla macchina da presa e dalla scenografia, che richiama concettualmente in ogni scena il tema della soppressione e della brutalità. Anche la sessualità, slancio vitale per eccellenza, in questo caso viene corrotta fino a rendere anch’essa un elemento negativo. Alla sua uscita Arancia Meccanica ricevette numerose critiche e fu costretto ad una pesante censura: il film non fu più proiettato nelle sale inglesi fino al 1999, anche a causa delle minacce di morte ricevute dal regista.
3) Alexander DeLarge – odio et amo
Arancia Meccanica è un classico senza tempo non solo per i temi tratti e i virtuosismi tecnici, ma anche per la capacità che ha di coinvolgere lo spettatore in un turbinio di emozioni contrastanti. Seguendo le vicende di Alex e dei suoi “drughi” prevale un senso di orrore e disgusto per le azioni di cui si rendono protagonisti: dallo stupro all’omicidio, non sembra esserci limite alle atrocità di cui si macchiano. Eppure, quando in seguito Alex sarà privato della sua aggressività e si troverà a subire le angherie di una società che sottomette i più deboli, non si può fare a meno di provare compassione per quel personaggio che prima era considerato un mostro. Ciò è merito del regista che ha deciso fin da subito di affidare il ruolo da protagonista a Malcom McDowell, che conferisce spontaneità al personaggio: infatti la scena in cui canta “I’m singing in the rain” prima di abusare della sua vittima è stata improvvisata dall’attore, con lo scopo di comunicare l’euforia del protagonista.
4)Da film a simbolo
È superfluo parlare del successo che la pellicola ha ottenuto: che l’abbiano bandita dalle sale oppure l’abbiano proclamato un capolavoro della settima arte, è indubbio che Arancia Meccanica ha creato (e continua a farlo) grande scalpore. Dall’uscita del film sono sorti numerosi “Korova milk bar” in omaggio alla pellicola e le canzoni che l’hanno citato o ne fanno riferimento sono davvero troppe per essere contate, per questo ci limiteremo a parlare del costume di Alex, divenuto un simbolo della malvagità. Creato dal premio Oscar Milena Canonero, l’eccentrica divisa di Alex e dei suoi drughi è stata creata sulla base di una tuta da cricket, inserendo alcuni dettagli (i bulbi oculari ai polsi come gemelli) in modo da sottolineare la violenza insita nei personaggi. Anche il colore non è scelto a caso: il bianco che di solito viene associato alla purezza, in questo caso simboleggia invece l’ossimoro delle maniere cortesi di Alex in contrasto con la sua vera natura.
Ora che abbiamo riscoperto un altro classico della cinematografia non vi resta altro da fare che tornare nell’oscuro mondo di Alex e dei suoi amici, mentre Il CULT torna il prossimo mese con un altro classico!
Fonte immagine: https://www.lascimmiapensa.com/2018/05/24/morto-bill-gold/