Il doppio nel cinema: 5 film che lo rappresentano e il loro significato

Il doppio nel cinema: 5 film che lo rappresentano e il loro significato

Esistono delle parti di noi stessi che vivono in superficie. Le sentiamo vivere, respirare, e sono così tangibili da avere un’influenza diretta e consapevole su noi stessi e sugli altri. Ne esistono poi delle altre. Queste parti sono più nascoste, quasi sotterranee, e agiscono in maniera non conscia condizionando la nostra vita senza poter apparentemente esercitare su di loro alcun tipo di controllo. Spesso, in un modo o l’altro, sono delle parti a cui cerchiamo quotidianamente di dare voce e che tentiamo di rendere tangibili tanto quanto quelle di cui siamo consapevoli. È qui che entra in gioco il tema del doppio (dal tedesco doppelgänger): un tema legato alle parti più oscure e nascoste della psiche umana; quelle a cui, appunto, non riusciamo a dare voce, e che spesso emergono autonomamente quando restano per troppo tempo soffocate dentro di noi. Gustav Jung parlava di “ombra”, descrivendola come un insieme di emozioni, desideri soffocati e impulsi repressi da coloro che li ospitano. Da sempre la letteratura ha provato ad esprimerlo su carta, ma possiamo dire che il doppio nel cinema ha raggiunto la sua massima espressione visuale grazie a dei cineasti che non hanno mai nascosto il loro interesse per le parti più oscure della mente umana.

Di seguito, elencheremo i 5 film che meglio rappresentano il doppio nel cinema e ne proveremo a descrivere i significati nascosti.

1. Il Gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene

Film spesso menzionato come rappresentazione massima dell’espressionismo tedesco, Il Gabinetto del Dottor Caligari è un’opera che gioca tantissimo sul tema del doppio e dell’onirismo. Il doppio nel cinema, qui, trova la sua espressione nei rapporti tra i diversi personaggi. Ad inquietarci, innanzitutto, è la capacità del Dottor Caligari – truffatore e direttore di un ospedale psichiatrico che voleva riprodurre gli esperimenti sul sonnambulismo del vero Dottor Caligari – di “controllare” un doppio a suo piacimento, Cesare. Troviamo poi il rapporto tra il Dottor Caligari e Francis, protagonista dell’opera cinematografica. I due personaggi, infatti, nel finale, si ritroveranno ugualmente accusati di essere pazzi e saranno rinchiusi nella stessa cella proprio come se fossero la stessa persona e avessero la medesima identità. L’intero film gioca infatti su questo confine labile tra reale e onirico, sanità e follia, lasciandoci profondamente in dubbio su cosa sia reale e cosa, invece, frutto della mente di un folle.

2. Lo Studente di Praga di Stellan Rye

Lo Studente di Praga è forse il primo film in assoluto che si pone come obiettivo quello di trattare il tema del doppio nel cinema. Al centro della pellicola vi è un vero e proprio patto con il demonio: Balduin, giovane studente senza grosse possibilità economiche, si innamora della ricca contessa Margit. Pur di conquistare il suo cuore, egli stringe un patto con il diavolo che, in cambio di 100.000 monete d’oro, compra la sua immagine riflessa nello specchio. Lo specchio rappresenta non solo il doppio, ma anche ciò che è il contrario di noi. Riflette l’immagine di colui che si specchia, ma la ribalta, evidenziando questo dualismo tra uomo e io. È qui che entra in gioco il tema del doppio: da quel momento in poi, Balduin sarà perseguitato dalla sua immagine nello specchio che, ormai completamente autonoma e indipendente, gli apparirà costantemente di fronte ostacolandogli la vita. Qui troviamo quella famosa scissione tra l’uomo e l’io, che poterà il protagonista a dover convivere con la profonda angoscia di aver perso per sempre il proprio io più profondo. Qui troviamo, inoltre, l’idea delle parti nascoste di noi che agiscono in profondità senza il nostro controllo, assieme all’idea che il doppio abbia sempre una natura malefica e persecutoria proprio perché costantemente represso.

3. Strade Perdute di David Lynch

Chi di più adatto di David Lynch per trattare un tema complesso come quello del doppio nel cinema? Il doppio, il sosia, l’inconscio e l’irrazionale sono elementi fondanti di molte – se non tutte – le pellicole del regista, ma è senza dubbio Strade Perdute a permettere un discorso ben più vasto e intricato. L’intero film si ripete due volte: una attraverso gli occhi di Fred e Renée, un’altra attraverso quelli di Pete e Alice, per poi chiudersi a cerchio finendo esattamente da dove è iniziato. I due personaggi che troviamo all’inizio (Fred e Renée) sono prigionieri delle loro stesse vite. Fred è un personaggio passivo, spento – sia emotivamente che eroticamente – che teme costantemente che sua moglie possa tradirlo. È un personaggio che non riesce a prendersi ciò che pensa di meritare, e contemporaneamente afferra tra le mani passivamente tutto quello che la vita gli consegna. Allo stesso modo, Renée è prigioniera di un matrimonio che la rende infelice e che spegne ogni sua reale ambizione. È qui che entra in gioco il doppio ed entrano in gioco Pete e Alice, due personaggi che sono esattamente l’opposto di ciò che erano i due iniziali protagonisti. Pete è sicuro di sé, temerario, e riesce a conquistare Alice (che in questo caso è il doppio di Renée) con la sua sicurezza e il suo ego. I personaggi si ripetono dunque due volte ma con personalità diverse, proprio come se fossero il riflesso di loro stessi in uno specchio.

4. Il sosia di Richard Ayoade

Trasposizione cinematografica del Sosia di Dostoevskij, questa pellicola di Richard Ayoade narra delle vicende di Simon, ragazzo introverso che non viene mai realmente apprezzato da nessuno (e tantomeno lui apprezza sé stesso). Un giorno, mentre è nel suo ufficio, scopre che un nuovo dipendente è stato assunto: egli è identico a lui, ma con una differenza sostanziale. James (il suo doppio) è sicuro di sé, capace, estroverso…Insomma, tutto ciò che Simon avrebbe voluto essere ma non è mai stato. In questa prospettiva sembra quasi che non sia stato James a rubare l’identità e l’aspetto di Simon, ma che sia Simon ad essere l’ombra passiva di James, che rappresenta chiaramente tutto ciò che Simon ha sempre e soltanto potuto sognare.

5. Io, me & Irene di Peter e Bobby Farrelly

Una parentesi più comica e leggera potrebbe essere rappresentata da Io, me & Irene, commedia del 2000 che mostra come il doppio nel cinema possa essere rappresentato anche attraverso mezzi meno seriosi. Charlie (interpretato da Jim Carrey) è un poliziotto sottomesso alla vita. È sottomesso sul luogo di lavoro, è sottomesso nelle relazioni sociali che intesse, così come è sottomesso all’interno del matrimonio con sua moglie Layla, che finirà addirittura per tradirlo. È proprio qui che ci viene mostrato come, quando veniamo costantemente sottomessi, il “me” menzionato dal film rischi di prendere totalmente il possesso di noi stessi reagendo agli eventi della vita come noi non siamo in grado di fare. Avverrà infatti uno sdoppiamento molto peculiare: ogni volta in cui Charlie sta per essere sottomesso, ecco che “l’altro Charlie” prende il controllo facendo il dito medio a chiunque tenti di passargli sopra senza rispetto. Un qualcosa che, probabilmente, potrebbe accadere a chiunque venga messo costantemente alla prova da un contesto sociale tirannico e soffocante.

Il cinema, il racconto e noi

In conclusione, il tema del doppio nel cinema si presenta come un argomento che ha affascinato le menti cinematografiche dagli inizi del ‘900 fino ad oggi, attraversando quasi tutti i generi cinematografici. Questi cineasti hanno utilizzato la duplicazione come dispositivo per esplorare i meandri della mente umana, le lotte interiori alle quali siamo quotidianamente sottoposti e le realtà in cui siamo costantemente invischiati. Tutti i film menzionati rimangono dunque esempi di come cinema, letteratura e psicologia, quando mescolati assieme, possano descrivere al meglio le profondità di ognuno di noi.

Fonte dell’immagine: Pixabay

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