Dopo il glorioso successo della fiction I Medici, la Rai pone i riflettori su un altro grande personaggio, protagonista del panorama artistico rinascimentale italiano: Leonardo da Vinci. Nasce così la nuova fiction Leonardo, ideata da Frank Spotnitz e Stephen Thompson. Diretta da Daniel Percival e Alexis Sweet, la nuova serie debuttante il 23 marzo 2021 su Rai1 è una co-produzione internazionale, scegliendo come protagonista l’affascinante Aidan Turner, a cui si affianca un cast brillante, tra cui la venticinquenne Matilda De Angelis (nel ruolo di Caterina da Cremona, personaggio semi-creato) e Freddie Highmore (nel ruolo costruito dell’ambizioso ufficiale del Ducato di Milano Stefano Giraldi).
Annunciata nel 2018, la fiction pone al centro la vita del genio intramontabile Leonardo da Vinci, focalizzando l’attenzione sulla creazione delle sue opere, sui tormenti e i dissidi interiori che ne accompagnano la creazione, e soprattutto sul carattere ermetico e tenacemente ambizioso dell’artista toscano. Come suggerisce la stessa terminologia del genere televisivo, la serie trae ispirazione da fonti, personaggi e fatti storici, ma sugli schermi viene comunque proposta una storia originale e soprattutto romanzata, tra l’altro girata non sul suolo toscano, bensì tra gli Studi di Formello (dov’è stata accuratamente ricostruita la Firenze del Rinascimento), Tivoli e la Lombardia, e accompagnata dalle piacevoli note di John Paesano.
Progetto ambizioso e coraggioso la fiction Rai Leonardo, dovendo competere con i precedenti mirabilmente realizzati e riusciti, tra cui La vita di Leonardo da Vinci (1971) di Renato Castellani, e Io, Leonardo (2019) di Jesus Garcés Lambert. Ancora ampiamente presente ne Il codice da Vinci (2006) diretto da Ron Howard sul soggetto di Dan Brown.
Insomma il poliedrico artista nativo di Vinci ha interessato nel tempo scrittori, registi e produttori, affascinando contemporanei e posteri con la sua vita colma di genio e successo, pur tra ombre, dissidi e incomprensioni, a causa della sua personalità eterea, ambiziosa e precocemente brillante. Ecco perché l’obiettivo di Spotnitz e Thompson diviene quasi una sfida, attirando non poche critiche per alcune scelte effettuate e per vari elementi che si discostano dalla realtà storica. Tutto comincia proprio dalla trama…
Leonardo. Trama
Una trama originale nella cornice e in alcuni riferimenti storico-biografici.
Milano 1506. Leonardo da Vinci viene accusato dell’omicidio di Caterina da Cremona. Così comincia quest’inedita storia ideata da Spotnitz e Thompson. Il famoso artista viene dunque interrogato da Stefano Giraldi, l’ufficiale del Ducato di Milano, a cui inizia a raccontare la sua vita, proprio a partire dal suo primo incontro con Caterina nella bottega di Andrea del Verrocchio. Giraldi, affascinato dall’incredibile personalità dell’artista, sospetta la sua possibile innocenza, e determinato indaga per scoprire l’assoluta verità sull’omicidio.
Ma analizziamo le controversie…
Leonardo. Le deformazioni storico-biografiche della fiction e la realtà storica
La fiction in onda su Rai1 ha riscosso un notevole successo, se si contano i quasi sette milioni di telespettatori incollati allo schermo, curiosi di seguire le vicende del più grande maestro di tutti i tempi. Ma la stessa ha attirato, come anticipato, non poche polemiche, concernenti l’attinenza ai fatti storico-biografici dell’artista, la spettacolarizzazione della sua vita (pensata proprio per un pubblico internazionale!), e per certi versi la sua demitizzazione, presentato come un Leonardo un po’ modernizzato, allontanandosi dall’immagine ieratica che molti si son costruiti nell’immaginazione, complici i libri di scuola, le biografie e i documentari.
È sacrosanto il diritto di costruire, modificare e anche demolire per il mittente creativo, che deve appunto offrire un prodotto che susciti vivo interesse in chi lo fruisce, ma è anche vero che un racconto storico-biografico non dovrebbe perdere di vista ciò che in primis lo caratterizza: la veridicità dei fatti, cronologia e personaggi. Questo è sostanzialmente il punto cruciale in cui la fiction pecca, ricordando però che si tratta comunque di finzione narrativa, dunque una scelta voluta e consapevole.
Ma analizziamo prima le deformazioni storiche e le omissioni più evidenti.
Si parte proprio, come anticipato, dalla cornice narrativa: Leonardo da Vinci viene accusato di omicidio perpetrato alla sua musa, amica e amore Caterina da Cremona, e interrogato dall’ufficiale Stefano Giraldi, che sospetta la sua innocenza. È chiaro come l’elemento “omicidio” sia totalmente inventato, proposto e offerto al pubblico per accattivare maggiormente l’interesse verso una figura già ampiamente studiata, conosciuta e ricostruita in molteplici biografie ed opere. Si sarebbe potuto evitare? Probabilmente sì. Ma non la pensano allo stesso modo gli ideatori della fiction e i telespettatori che, al di là degli errori e delle forzature narrative, hanno saputo e voluto cogliere i pregi del prodotto, affascinati dal conturbante carattere del maestro, riproposto in una veste quanto mai più umana, ermetica e vulnerabile, che una personalità artistica inevitabilmente possiede, al di là del genio e della solennità che da sempre lo designano.
Ma l’”eresia” del Leonardo assassino non è l’unica alterazione offerta. A tal proposito molto discussa la scelta dei personaggi inventati: sicuramente quella dell’ufficiale del Ducato di Milano Stefano Giraldi, proposta proprio per completare la narrazione di un omicidio, dunque giustificata per fini narrativi. Ma maggiori e più ardenti invece le controversie sul personaggio di Caterina da Cremona. Molto probabilmente infatti la donna sarebbe una semi-invenzione narrativa, insomma non del tutto inesistente dal punto di vista storico. Ad avallare questa considerazione sarebbero proprio alcuni scritti di Leonardo, in cui compaiono riferimenti a una donna, chiamata solo “Cremona”, insieme alla somma di denaro a lei dovuta e a contratti in cui Leonardo la chiedeva come modella. Inoltre gli sceneggiatori partono da alcuni bozzetti, che ritraevano una figura di donna del perduto dipinto Leda col cigno. Insomma non è detto che la fanciulla-musa dell’artista fosse la Caterina ideata per la fiction, ma la figura di una donna a lui vicina e forse ispiratrice appartiene molto probabilmente alla sfera reale.
Ma andiamo ai riferimenti cronologico-toponomastici.
Il racconto comincia con Leonardo a Milano nel 1506, accusato appunto di omicidio. Qui la deformazione è evidente ed oppugnabile: Leonardo da Vinci nel 1506 non era a Milano, dove invece ha vissuto nell’ultimo quindicennio del ‘400, ritornandovi nel 1508 per rimanerci fino al 1514. Un palese errore sì. Ma sempre probabilmente una scelta legata alla cornice della trama, ossia l’invenzione dell’omicidio. Altra evidente deformazione storica è nel passaggio dalla Milano del 1506 alla Firenze di “sedici anni prima”, dove viene presentato il giovane Leonardo apprendista presso la bottega del maestro Andrea del Verrocchio (Giancarlo Giannini). Ebbene, Leonardo frequenta la bottega tra il 1469 e il 1470, non nel 1490 quando Verrocchio è ormai morto da due anni! Sicuramente il pubblico informato e appassionato di un tal mito avrebbe preferito non assistere ad errori cronologici così grossolani. In effetti le esigenze narrative avrebbero potuto ben sposarsi con dettagli storico-temporali più aderenti alla realtà!
Non mancano poi le comprensibili polemiche circa la scelta dei dettagli linguistico-dialettali, come il fatto di sentire il giovane e toscano Leonardo gridare: «Papà, papà, papà»! Ancora discutibile il ricorso all’unità di misura in “tonnellate”, riferita al peso della sfera dorata da issare sulla Cupola di Brunelleschi, anacronistica per l’epoca. Così come altri dettagli, quali la mutilazione nella parte inferiore del ritratto di Ginevra de’ Benci, da parte del padre Amerigo, in realtà già morto all’epoca in cui Leonardo inizia il dipinto. O ancora la morte di Gian Galeazzo Maria Sforza, avvenuta all’età di venticinque anni nel 1494, e non da bambino. E poi alcune preziose omissioni, come i famosi dipinti Dama con l’ermellino (inquadrato appena per un paio di secondi) e Vergine delle rocce, posti maldestramente in ombra. Poca menzione infine al grande Lorenzo il Magnifico, sebbene il Verrocchio circolasse nella sua cerchia.
Ma andiamo alle deformazioni biografiche di Leonardo.
Come anticipato, la creazione, così come la trasformazione e contaminazione sono un diritto innegabile nel panorama artistico. Il problema però sorge quando si rischia poi di stravolgere troppo un mito, scatenando l’ira furiosa non solo di molti telespettatori comuni, ma anche di studiosi della storia e dell’arte, come Vittorio Sgarbi, inviperito dal ritratto di un Leonardo più insicuro e in balia di eventi e personaggi. Leonardo da Vinci era uno studioso ambizioso e meticoloso. Non solo pittore e scultore, ma anche inventore e attento osservatore dei fenomeni naturali. Dedicava buona parte delle sue giornate allo studio e alla lettura di libri, con la determinazione a capire ciò che agli altri ancora sfuggisse. Tra l’altro era un affascinante affabulatore e, come racconta lo stesso Giorgio Vasari, un uomo di straordinaria bellezza e raffinatezza, tanto che i potenti chiedevano la sua presenza a corte non solo per le commissioni delle opere, ma anche per godere della sua affascinante e brillante conversazione. E in effetti invece la fiction ripropone un Leonardo più umile, più dimesso, meno raffinato e ricercato. Viene presentato come un genio sì, ma non così dedito agli studi come la storia insegna. La fiction pone in risalto il suo talento e la sua ambizione, tenebrosa per certi versi, poco invece la sua dedizione a studi, come quelli sull’anatomia umana, ponendo anche così in ombra il famoso e prezioso disegno l’Uomo vitruviano, e questa purtroppo è una nota di disappunto che sottrae meriti alla serie.
Ulteriori elementi biografici, quali la presunta omosessualità (o bisessualità) dell’artista, di cui lo stesso Vasari non fa menzione, o il figlio acquisito Francesco (ancora un personaggio inventato), e ancora i tesi rapporti con il padre Piero da Vinci o la maledizione che incombeva sul piccolo Leonardo appena nato, sono tutti elementi che arricchiscono senza dubbio una trama narrativa già ampiamente conosciuta, ma nello stesso tempo, i più eclatanti fanno storcere non poco il naso a un pubblico selettivo e più lontano dagli artefici commerciali che l’audience impone.
Leonardo. I pregi e la centralizzazione dell’obiettivo narrativo-cinematografico
Bisogna pur tuttavia riconoscere gli importanti pregi della fiction, che testimoniano non solo la riuscita del progetto, ma anche una certa bellezza adombrata dalle critiche, seppur oggettivamente giuste.
Rispettata sicuramente la successione delle opere di Leonardo, e riguardo a queste va ampiamente apprezzato lo spazio riconosciuto a dipinti come la Ginevra de’ Benci e l’Adorazione dei Magi, spesso assoggettati alla fama dei più celebri la Gioconda e l’Ultima Cena, grazie ai quali il genio di Leonardo da Vinci è stato maggiormente illuminato e conosciuto.
Ma una menzione di vero merito va data proprio al celebre l’Ultima Cena, ampiamente conosciuto sì, visto e rivisto, ma che nella fiction sembra quasi un’opera inedita, mai osservata prima. La regia e gli sceneggiatori hanno saputo davvero valorizzare un’opera di tale e tanto peso artistico e storico. Lo sguardo resta estasiato e talmente affascinato dalle gigantesche inquadrature sulle diverse angolazioni del dipinto, sugli apostoli e sui dettagli, che tanto hanno fatto discutere in altre pellicole cinematografiche, come Il codice da Vinci. Tale maestosità ben si legge attraverso lo sguardo incredulo e rapito del giovane ufficiale Stefano Giraldi, che lo guarda per la prima volta, subendone lo splendore, letteralmente soggiogato dalla bellezza e dalla potenza della raffigurazione.
Tra i pregi della fiction, merita poi menzione il cast spettacolare internazionale, con attori magistralmente calati nel ruolo. E ancora ambientazioni ben ricostruite e costumi molto curati nel dettaglio, realizzati a Prato, nei laboratori sartoriali “Manifatture Digitali Cinema”.
Quanto alla trama, nonostante gli errori, le scelte discutibili e le forzature storico-biografiche, è risultata di piacevole fruizione. In fondo è importante anche saper scernere gli aspetti negativi da quelli positivi, tentando di giudicare il lavoro a trecentosessanta gradi.
A tal proposito è doveroso tenere in considerazione l’obiettivo narrativo degli ideatori della fiction e le emozioni che storia, attori e ricostruzioni hanno saputo trasmettere ai telespettatori. Non va dimenticato che si tratta appunto di una fiction, e non di un documentario. Pertanto è chiaro che gli sceneggiatori si ispirano a fonti vere, il più possibile, per poi creare ed inventare, per rendere accattivante una storia già universalmente nota, ma che proprio attraverso determinate scelte e anche distorsioni storico-biografiche riesce a mostrare al pubblico un Leonardo inedito, mettendo in luce la relazione tra vita e opere. Infatti tra i principali obiettivi di Spotnitz e Thompson emerge l’interesse a mostrare, al di là del genio solenne, il carattere di Leonardo, tra mille sfumature, sofferenze e tormenti. L’intento è porre in luce l’umanità, più che l’aura divina che da sempre l’avvolge e grazie a cui è adorato e amato, i suoi dissidi interiori e quell’ambizione così potente, di cui lui stesso diviene spesso vittima, mostrando i propri limiti oltre che il successo. Leonardo è sicuramente un genio intramontabile, un artista inarrivabile, indiscutibilmente. Ma Leonardo è anche un uomo, che proprio a causa dei travagli interiori e della potente ambizione, non manca di scendere a compromessi, non certo dal punto di vista artistico, bensì dal punto di vista sentimentale e magari affettivo, dovendo sostenere e dare spazio a tutto il peso che la genialità artistica richiede, e alla quale lui non rinuncia. Emblematica a tal riguardo la sua confessione nella fiction, affermando di sentirsi perso senza la sua arte, a cui mai potrebbe rinunciare, anche se ciò richiedesse scendere a compromessi con i potenti committenti. Un’ambizione questa oscura, sinistra, che spesso rischia di far perdere i contatti con la realtà.
In definitiva è stato per molti aspetti affascinante seguirne le vicende, il suo percorso, i suoi viaggi tra Firenze e Milano. Emozionante toccare con mano i turbamenti e le passioni controverse, che hanno nutrito sicuramente il genio di Leonardo da Vinci, e trasformato il negativo e il corruttibile in bellezza.
Sicuramente il successo di un lavoro segue determinate strategie, ma al di là di queste e di ogni artificio spettacolare, Leonardo non è da considerarsi un abominio narrativo, quanto piuttosto un consapevole tentativo di mostrare qualcos’altro. E questo un pubblico non eccessivamente esigente lo comprende.