Correva l’anno 1975 quando le sale cinematografiche vennero invase da un’ondata di terrore che avrebbe travolto il mondo intero. Un giovanissimo Steven Spielberg, alla prime armi, portò al cinema il demone delle acque che aveva ormai preso il sopravvento e stava regnando sul trono della Settimana Arte. Parliamo di un film che ha segnato uno spartiacque nell’industria cinematografica, scalando le più alte vette del successo e assumendo la metamorfosi di un’icona mondiale: il film Lo squalo.
Tratto dal bestseller di Peter Benchley, Lo squalo ha completamente azzannato la competizione sotto tutti i fronti, rivelandosi una sorprendente e innovativa svolta nella storia del cinema nonché un perfetto emblema del fenomeno della New Hollywood. La pellicola ha ottenuto una fama planetaria e conquistato incassi a dismisura, diventando persino il film col maggiore incasso di sempre fino al 1977, con l’uscita di Guerre stellari. Considerato il blockbuster estivo per eccellenza, Lo squalo è stato un fenomeno di massa mai visto prima, che ha ispirato le opere degli anni successivi ambientate tra le oscure profondità oceaniche e, soprattutto, ha dato a Spielberg l’opportunità di vedere la propria carriera decollare tra i più alti venti del cinema, passando in breve tempo da regista sconosciuto a leggendario cineasta di altri innumerevoli capolavori.
Un’incredibile rivoluzione culturale che ha influenzato ogni tipo di assetto sociale, alimentando l’immaginario collettivo e reso la stagione estiva un periodo proficuo per le uscite cinematografiche. E sono tanti i motivi che hanno reso Lo squalo il cult assoluto che ancora oggi, nonostante siano passati quasi 50 anni, è ancora in grado di attirare giovani e grandi spettatori nella sua sanguinosa spirale narrativa: ad esempio, il crudo realismo di molte scene, lo spirito avventuriero che fa da contorno ad un’avvincente storia di caccia al mostro, la paura dell’invisibile o, addirittura, la forza incantatrice della colonna sonora (probabilmente la più conosciuta al mondo di tutta la storia del cinema), che rinforza la tecnica della suspense.
La storia racconta di un grande squalo bianco che terrorizza i bagnanti della fittizia isola di Amity, costringendo il capo della polizia locale Martin Brody a trovare un modo per catturarlo e ucciderlo e, con l’aiuto dell’eccentrico biologo marino Matt Hooper e dello squinternato cacciatore di squali Quint, parte alla ricerca della bestia marina.
Sebbene i suoi sequel non abbiano ottenuto il successo sperato, Lo squalo è dotato di un’estetica inappagabile e una potenza storica che hanno stregato numerose generazioni e realizzato un colosso del cinema. Inoltre, le caratteristiche rappresentative del film hanno dato un notevole progresso e impulso ai generi thriller ed horror, facendo scoprire al pubblico nuove modalità dei racconti dell’orrore e innovative tecniche di costruzione del climax.
Scopriamo insieme, nel nostro articolo, alcune curiosità inerenti a questa meravigliosa opera cinematografica e vediamo quanto ha condizionato la società collettiva e la realtà filmica negli anni a venire.
Il libro di Peter Benchley (Lo squalo)
Nel 1974 lo scrittore e giornalista Peter Benchley sbaragliò completamente l’universo letterario con l’uscita della sua opera maestra Lo squalo (in originale Jaws ovvero Fauci). Il romanzo riscosse un incredibile successo, restando nella classifica dei libri più venduti per ben 44 settimane e vendendo più di 20 milioni di copie. L’autore per realizzare la storia si era ispirato a due notizie: quella di un pescatore che aveva catturato uno squalo bianco di due tonnellate e agli attacchi di squalo del Jersey Shore del 1916, nei quali persero la vita quattro persone.
Fortunatamente, l’editoria non è stato l’unico campo a godere di un simile capolavoro perché i produttori della Universal Pictures Richard D. Zanuck e David Brown, dopo aver letto Lo squalo, erano intenzionati a produrne un film, in quanto reputavano il romanzo come la cosa più eccitante che avessero mai letto e così ne acquistarono i diritti. Ma probabilmente se lo avessero letto due volte, il film non sarebbe mai stato realizzato a causa di alcune scene considerate troppo difficili. Benchley scrisse anche tre bozze della sceneggiatura, ma poi uscì dal progetto e la sceneggiatura fu completamente riscritta.
L’estrema difficoltà delle riprese (Lo squalo)
Le riprese del film furono un vero e proprio incubo per tutta la troupe e per la produzione. Partendo dal presupposto che Lo squalo è stato il primo grande film ad essere girato in mare aperto, si trattava quindi di una sorta di esperimento, andato indubbiamente a buon fine, ma che ha richiesto tanto sacrificio e immense difficoltà. Il tempo di riprese previsto era di 55 giorni, ma l’opera fu realizzata in 159. Si trattava del primo film nella storia che avesse superato i 100 giorni di riprese e ciò comportò il superamento del budget, dei tempi previsti e ancor più travagliata fu la paura che Spielberg provò durante le riprese. Il giovane regista, traumatizzato e divorato dallo stress, era convinto che, data la situazione, la sua carriera si sarebbe stroncata sul nascere e che nessuno avrebbe più lavorato con lui. Era convinto di non essere all’altezza e di aver portato un ambizioso progetto alla deriva. Come sappiamo, il risultato finale ha rivelato l’opposto.
Dovendo girare le scene nell’oceano, le problematiche riscontrate furono numerose: i macchinari di ripresa e gli squali meccanici utilizzati per ricreare la belva feroce, spesso, si rompevano o addirittura affondavano, facendo slittare la lavorazione per diversi mesi; anche gli imprevisti meteorologici e le condizioni del mare, come le maree e i venti forti, furono di grande intralcio, portando i membri della troupe a provare sensi di nausea dovuti al mal di mare a causa delle tante ore di lavoro a bordo di barche. Un altro episodio terrificante fu quello dell’Orca, la barca di Quint, che rischiò di affondare con tutto lo staff di lavorazione.
Un vero calvario che ha reso i retroscena della pellicola un assoluto inferno galleggiante e spinto il regista a continui attacchi di panico. Addirittura i membri del set speravano in un licenziamento di Spielberg, il quale era deciso, nonostante le immense difficoltà, a voler girare a tutti i costi al largo dell’Atlantico, anziché in una grande vasca montata, per avvicinarsi il più possibile ad un realismo puro che potesse rubare l’attenzione e l’ammirazione del pubblico…e ci è riuscito alla grande. Alla fine, il duro lavoro fu ripagato profumatamente: Lo squalo diventò il film perfetto, l’archetipo dell’horror sottomarino, e il cinema poté vantarsi di essersi arricchito di una rarissima e preziosa perla storica. Il cinema era così cambiato e Lo squalo segnò il preludio di un grande ed epocale cambiamento artistico.
Le location (Lo squalo)
Come location fu scelta fu scelta l’isola di Martha’s Vineyard, nel Massachusetts, per un motivo ben specifico: essendo il film girato in due parti, una sulla terraferma e una in mare aperto, l’oceano della località aveva un fondo sabbioso a 9 metri di profondità esteso a molti chilometri di distanza dalla costa; ciò garantiva di manovrare con più facilità gli squali meccanici usati nel film, ma soprattutto di rendere l’atmosfera della storia molto più cupa e incrementare la stringente sensazione di isolamento che provano i tre protagonisti.
Siccome Spielberg, nonostante la giovane età, era già un vero perfezionista, voleva potenziare la paura tra gli spettatori e decise di girare la scena di Hooper che trova il cadavere di un pescatore all’interno del relitto di uno scafo; ma questa scena fu finanziata dallo stesso regista, perché ormai i soldi del budget si erano quasi prosciugati e la produzione si rifiutò di sborsare ulteriori costi, così l’intrepido Spielberg pagò di tasca sua e la scena fu girata all’interno della piscina della montatrice del film, Verna Fields.
Anche i mari dell’Australia furono parte della scenografia del film, in quanto un attore nano, trovandosi all’interno di una piccola gabbia per squali, realizzò delle riprese di veri squali in modo da creare l’illusione che l’animale protagonista della pellicola fosse gigante.
Il cast e il rapporto tra Robert Shaw e Richard Dreyfuss
Per quanto riguarda il cast, il divo Charlton Heston era interessato a prendere parte al progetto, ma il regista rifiutò in quanto Heston possedeva una fama così grande che avrebbe oscurato in qualche modo il vero protagonista del film, ovvero lo squalo. Heston, risentito, dichiarò che non avrebbe mai lavorato con Spielberg (forse un po’ eccessivo, ma va bene). Il ruolo di Martin Brody fu inizialmente offerto a Robert Duvall, che era interessato ad interpretare solo Quint, ma era troppo giovane per quel ruolo e quindi rifiutò, e la parte andò poi a Roy Scheider. Al talentuoso attore britannico Robert Shaw fu offerto il ruolo di Quint da parte dei produttori, che già avevano lavorato con lui. A Shaw non era piaciuto il libro ed era titubante sull’accettare la parte, ma l’accettò ugualmente su consiglio di sua moglie e realizzò una carismatica performance ispirandosi alla personalità di un pescatore. Il giovane Richard Dreyfuss inizialmente rifiutò il ruolo di Matt Hooper che gli venne offerto, ma dopo essersi reso conto che la sua interpretazione in un precedente film si era rivelata un fiasco, ci ripensò e accettò immediatamente la parte.
Sul set il rapporto tra Robert Shaw e Richard Dreyfuss era molto aspro e offensivo, in quanto Shaw spesso e volentieri denigrava il giovane attore per la sua inesperienza, definendolo privo di talento e di qualità fisiche. I battibecchi tra i due si prolungarono per tutta la durata delle riprese, accentuandosi sempre di più, al punto tale che Dreyfuss era intenzionato a tuffarsi in acqua dall’albero maestro del set (ma Spielberg glielo impedì) per dimostrare il suo valore all’attore inglese. In un’altra occasione, Dreyfuss aveva preso il bicchiere da cui Shaw stava bevendo un alcolico e lo aveva gettato in mare.
In realtà, quella perenne competizione faceva parte del lavoro dei due attori, infatti, i personaggi di Quint e Hooper, nel film, hanno un rapporto molto conflittuale e così Shaw, per immedesimarsi al meglio nel rapporto, provocava continuamente il collega per ottenere la sua reazione esplosiva e fare in modo che tutto potesse sembrare più veritiero. D’altronde, non ci si poteva aspettare altro da un grande professionista come Shaw e da un Dreyfuss già così pieno di talento per la sua età. Da allora i due attori divennero grandi amici.
L’influenza culturale del film
Lo squalo ha avuto un considerevole impatto sulla collettività, generando numerose conseguenze, ma prima di scoprire quali, andiamo ad analizzare un altro fattore caratterizzante del film: nonostante la sua originalità, l’opera presenta diverse analogie con altre opere del passato, prime fra tutte Moby Dick di Herman Melville, in quanto il personaggio di Quint, con la sua insaziabile sete di vendetta verso gli squali, ricorda molto il Capitano Achab che ha dedicato la sua vita alla caccia della balena bianca (infatti, nel libro Quint muore dopo essere stato trascinato sul fondo dell’oceano a causa di un arpione attaccato alla sua gamba, richiamando la morte del protagonista di Moby Dick).
Tra l’altro, nel film è presente un omaggio al regista Alfred Hitchcock con l’uso dell’Effetto Vertigo (utilizzato nel film La donna che visse due volte del 1958) nella scena in cui Brody reagisce all’attacco dello squalo in spiaggia. Secondo alcuni, l’opera presenta anche l’influenza dei film Il mostro della laguna nera e Il mostro che sfidò il mondo, classici del genere horror-fantascienza degli anni ‘50.
Sono tantissimi i film in cui Lo squalo viene citato, ma sono ancor di più quelli che hanno tentato (invano) di eguagliare la grandezza della pellicola di Spielberg, tra questi L’orca assassina, con protagonista Richard Harris, uscito nel 1977, che presenta marcate somiglianze (quasi) sotto tutti i punti di vista; altre opere sono L’ultimo squalo (1981), Tentacoli (1977), Shark – Rosso nell’oceano (1984) e tanti ancora.
Il rapido successo del film è stato dovuto anche ad una imponente pubblicità lanciata da Hollywood, che ha soppiantato il tradizionale passaparola e optato per campagna promozionale puntando a spot televisivi e radio, garantendo una massiccia propaganda che ha rivoluzionato le strategie di marketing e permesso alle sale cinematografiche di essere continuamente strapiene.
Perdipiù, come ci si poteva aspettare, la pellicola ha generato così tanta paura tra la gente che quell’anno molte spiagge subirono un brusco calo di presenze. Oltretutto, cominciò a diffondersi un timore verso gli squali così profondo da spingere le persone ad impressionarsi alla sola vista del mare, che veniva visto un po’ come il covo del diavolo. In realtà, non è così, in quanto, come sostengono in tanti, è molto raro essere attaccati o addirittura divorati dagli squali, i quali tendono a cibarsi di piccoli o grandi pesci. E quindi il film fu accusato di aver esagerato la pericolosità di questi animali e anche di aver incoraggiato la caccia agli squali, considerati una specie da proteggere e non da cacciare.
La paura dell’ignoto
L’intelligenza nella realizzazione del film è stata quella di ricorrere a vari stratagemmi che hanno reso la suspense l’ingrediente principale della storia. Vennero realizzati tre squali meccanici per dar vita all’animale della pellicola, ma queste costruzioni erano solite subire continui malfunzionamenti, causati principalmente dall’acqua salata che corrodeva gli impianti idraulici presenti all’interno del marchingegno. Memorabile fu la perdita dello squalo che si adagiò sul fondale oceanico. Avrebbero perciò dovuto ricostruirlo e ciò significava più soldi e ritardi alle riprese, ma la produzione non poteva fermarsi. Bisognava trovare una soluzione.
Il lampo di genio fu quello di far in modo che lo squalo non si vedesse in scena, ma che se ne avvertisse la presenza, creando in questo modo la paura dell’ignoto, provare terrore per un qualcosa che non si vedeva. Per realizzare questa suggestiva sequenza di guardare senza vedere niente furono ideati alcuni geniali escamotage che hanno dato un tocco hitchcockiano alla storia. Ad esempio, l’utilizzo di una pinna dorsale da far scorrere a pelo d’acqua in modo che lo squalo si notasse, se pur parzialmente, oppure i barili che Quint utilizza per arpionare la bestia, per far sì che, una volta emersi dalle acque, lo spettatore fosse consapevole dell’avvicinamento dell’animale.
Ma l’elemento maggiormente distintivo di tutta questa illusione ottica è principalmente uno: la colonna sonora. Il compositore John Williams ha scritto un pezzo di storia della musica, il cui tema, basato sull’alternanza delle note mi e fa, è diventato la perfetta rappresentazione del pericolo imminente. Infatti, ogni volta che sentiamo questa straordinaria melodia, sappiamo (anche se non lo vediamo) che lo squalo sta per arrivare e con l’aumentare della musica ci rendiamo conto che il predatore si fa sempre più vicino e che il pericolo è ormai inevitabile. In molti ritengono che l’alternarsi delle note possa rappresentare il battito cardiaco dello squalo che aumenta sempre di più nel momento della caccia o, anche, che sia collegato al movimento della sua coda durante l’attacco.
Ma, qualunque sia il suo significato, è innegabile che l’opera di Williams sia un fantastico capolavoro della melodia cinematografica, oltre ad essere la colonna sonora più famosa di sempre (è molto improbabile che esista qualcuno che non l’abbia mai sentita). Tra l’altro, quando il compositore fece ascoltare per la prima a volta la musica a Spielberg, quest’ultimo gli rise in faccia perché credeva che fosse uno scherzo. L’anno successivo, Williams vinse l’Oscar per la migliore colonna sonora e in seguito il regista de Lo squalo dichiarò che senza quella musica il film non avrebbe ottenuto metà del successo che ha guadagnato…e aveva ragione.
Fonte immagine in evidenza: The Movie Database