Il 6 aprile 2023 irrompe nelle sale cinematografiche Mia, il nuovo disarmante, duro e coinvolgente lavoro di Ivano De Matteo.
Presentato prima al Bifest – Bari International Film Festival 2023, prodotto da Lotus Production con Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution, Mia di Ivano De Matteo racconta senza sconti e mezzi termini l’amore tossico e il dramma familiare quale cupa e tragica conseguenza. Un amore che non può definirsi tale, collegandosi ad una serie di tematiche, indagate con crudo realismo e sincerità, innescando nello spettatore un pathos che cresce di pari passo insieme a quello dei personaggi coinvolti nelle vicende, le stesse che minano non solo il precario equilibrio psicologico adolescenziale, bensì quello di un’intera famiglia.
Un film, quello di Ivano De Matteo, tenero e doloroso insieme, angosciante e paralizzante, votato totalmente alla verità dissacrante.
Mia di Ivano De Matteo: la trama
Quella di Ivano De Matteo, scritta con Valentina Ferlan, è la storia della fragilità psico-emotiva degli amori adolescenziali. È la storia di paure e insicurezze, di violenza e prigionia psicologica. È la storia del complesso e delicato equilibrio familiare, degli amori sbagliati e malati, dello scandalo e la vergogna, dello stalking, del revenge porn e della vendetta personale.
E al centro della storia di Ivano De Matteo c’è Mia (Greta Gasbarri), una quindicenne solare, colma di gioia e vita, insieme a suo padre Sergio (Edoardo Leo), infermiere del 118 che inizia progressivamente a notare comportamenti anomali nella sua splendida figlia. In effetti sono entrambi protagonisti, là dove l’attenzione dello spettatore si sposta in un crescendo di ansia da Mia a Sergio, così come lo stesso focus narrativo suggerisce.
Mia è un’adolescente modello nella storia di Ivano De Matteo, dedita alle amicizie, alla famiglia e a una sana attività fisica, oltre che studentessa in gamba. La sua vita viene scossa e letteralmente sconvolta da Marco (Riccardo Mandolini), un ragazzo che si rivela in breve tempo narcisista ed invadente, irretendo psicologicamente Mia nella sua rete perversa di possesso ed egoismo. Prima di riuscire a reagire e ad accorgersi di quanto quest’amore fosse malato e impuro, Mia si spegne giorno dopo giorno, trascurandosi, saltando gli allenamenti, divenendo un fantasma in famiglia e allontanandosi dalla sua migliore amica.
Mia è supportata da una famiglia in cui esplode amore e complicità. Il padre Sergio, inizialmente presentato come il genitore più apprensivo e a tratti meno incline a comprendere la delicata fase adolescenziale in cui si trova Mia, è in realtà il primo a denunciare il repentino e insano cambiamento della figlia, soffrendone senza mai darsi pace, tanto da comprendere quanta bellezza e normalità risiedesse prima nei comportamenti spensierati di Mia: le uscite con le amiche, il rincasare tardi, la voglia di apparire bella e solare, le smorfie e gli atteggiamenti scemi e adolescenziali, di cui ora avverte tutta la nostalgia.
La madre Valeria (Milena Mancini), invece, appare sin dal principio come la figura genitoriale più comprensiva, elastica, ottimista e accondiscendente, cercando di comprendere la delicatissima fase che Mia attraversa, supportandola e ascoltandola, dove e come possibile.
Eppure l’amore di Sergio e Valeria non sembrano bastare, e nessuno dei comportamenti genitoriali sembra rivelarsi quello giusto per fronteggiare la drammatica situazione. Una situazione purtroppo diffusa tra molte adolescenti e non solo, quella degli amori sbagliati, ossessivi e possessivi, morbosi, come lo è Marco per Mia, minacciando seriamente la sua serenità e minando gli equilibri familiari.
Marco è arrogante, autoritario, estremamente geloso, e quasi spaventa con quel fare da duro senza sostanza. Marco arriva a vomitare su Mia nella storia di Ivano De Matteo una violenza psicologica, che inizialmente serpeggia innocua e sinuosa, divenendo però progressivamente sempre più ingombrante.
Ma Mia è solo una ragazzina, alle prese con questo primo dannato amore, credendoci con tutta se stessa e incapace di opporgli resistenza. Così quell’amore diviene incubo, la sua stessa vita diviene un incubo. Mia perde il senso della bellezza, sia esteriore che interiore, quello del divertimento, dell’innocenza, del piacere. Viene umiliata, iniziando a chiedere continuamente scusa, senza più rispettare se stessa. Si spegne il guizzo nei suoi occhi. Si isola da tutti. E quando finalmente, aiutata dai genitori e dalla sua migliore amica, prende coscienza del marcio in cui versa, avendo toccato il fondo suo malgrado. Quando cerca di riprendere in mano la vita meravigliosa di prima, ecco che Marco vigliaccamente e spregevolmente decide di mandarla in frantumi, assestandole un colpo durissimo. Ed ecco che Sergio, sopraffatto dal dolore e dalla disperazione, medita vendetta, aggrappandosi ormai alla sola necessità di dover difendere ad ogni costo la sua “bambina”.
Mia. Regia essenziale e coinvolgente di Ivano De Matteo e tematiche affrontate
Mia è un film che fa male, che colpisce forte lo spettatore, ponendolo di fronte al dramma senza edulcorazioni, concessioni e alcun tipo di compromesso. È ciò che contraddistingue l’impetuosa e realistica regia di Ivano De Matteo, che, glissando la retorica, assesta allo spettatore un pugno nello stomaco, netto, deciso, violentemente sincero. Una regia salda, essenziale, scevra di particolari virtuosismi. Una regia che non lascia scampo, mettendo in scena tutto il realismo crudo, spietato, che determinate tematiche impongono.
Ed è proprio grazie a questo suo essenzialismo totalizzante che Ivano De Matteo riesce ad indagare gli orrori più profondi dell’anima, le paure, le fragilità emotive, qui sottesi al rapporto padre-figlia, connotato da amore e ribellione, da difesa e perdono, da comprensione e durezza. Un rapporto a dir poco complicato, che mette in luce l’imprevedibilità emotiva adolescenziale, da un lato, e l’impotenza della genitorialità alle prese con quella delicatissima fase esistenziale, dall’altro. E Ivano De Matteo centra sapientemente e mirabilmente l’obiettivo, ponendo Sergio sul binario della determinazione, condita a tratti da goffaggine e durezza, permettendo allo spettatore di seguire la sua parabola ascensionale fatta di amore assoluto, l’àgape che non si ferma di fronte a nulla.
E la bravura di Ivano De Matteo risiede poi nell’impeccabile capacità di creare il valido contraccolpo, l’equilibrio che probabilmente può costituire l’unica arma vincente, ossia il coraggio della pacatezza, della riflessione e la forza nel tenere unita la famiglia, che solo l’amore materno, nella figura di Valeria, può. Mia pulsa di verità, scarna e tragica, affrontando una rosa di tematiche, che vanno dal narcisismo impersonale all’amore tossico, dal già menzionato e delicato rapporto genitori-figli alla vendetta personale.
Il narcisismo, nella storia di Ivano De Matteo, emerge in Marco, che non sembra avere una personalità definita, né un background familiare infantile ed emotivo che possano spiegare la sua crudeltà, la sua arroganza e la totale assenza di empatia e amore di fronte ai suoi stessi errori ed aberrazioni. Niente sembra scalfire la sua pseudo sicurezza, imbevuta di tossicità e violenza, nemmeno lo strazio di un padre disperato e persino ancora pronto a dialoghi e preghiere. Una scelta consapevole quella del regista, che, spersonalizzando il carnefice, rende chiaro e immediato il messaggio: non sempre chi fa del male è un martire con tristi e dolorosi vissuti, ma dotato di innato talento per annientare psicologicamente, e non solo, la propria preda. E questo immenso male può irrompere imprevedibilmente nella vita di una famiglia amorevole, provocando crepe, tensione, dolore, disagio, danneggiando la pregressa sana comunicabilità tra figli e genitori.
L’amore tossico, come mostrano da Ivano De Matteo è come una piovra, in grado di scalfire anche le sicurezze e la bellezza più solide. E come tale, non si avvicina nemmeno lontanamente a qualsiasi possibile definizione di amore. Questo tipo di relazione si nutre solo di egoismo e desiderio di sottomissione, possesso e controllo, sfociando così facilmente nello stalking, in autentica violenza psicologica, oltre che fisica, lasciando la vittima atterrita, senza respiro e senza possibili spiragli di redenzione ed ottimismo per rialzarsi. E tra le varie tipologie di violenza, si annida quella del revenge porn, divenuto ormai un problema concreto ed allarmante, soprattutto dal 2016, con il caso Cantone che, dopo un lungo calvario di denunce e sofferenze, riesce ad ottenerne una legislazione, entrata in vigore nel 2019 con il titolo di “Codice Rosso”.
E Mia è la vittima, nella storia di Ivano De Matteo, e lo è perché ha scoperto l’amore, seppur ancora inconsapevole delle maschere con cui può presentarsi e colpire. E Mia in quell’amore ci crede, mettendolo su un piedistallo, osannandolo e bruciando sotto il suo altare. Mia ci crede, ci crede con tutta se stessa, finendo però per dimenticare chi è lei, cosa merita davvero, giungendo a rinnegare famiglia e amicizia, eclissando il suo splendore, per seguire un mostro ammantato d’amore, in nome di un credo che non lascia spazio alla felicità, ma solo al dolore, alla vergogna e alla sensazione soffocante di non avere via d’uscita.
E nel vortice di tanta sofferenza viene risucchiato con lei il padre Sergio, desideroso solo di fare giustizia, obliando qualunque morale, esplodendo in un’emotività che non lascia scampo alla riflessione: l’obiettivo è la vendetta.
Mia. Potenza comunicativa
Magistrali le interpretazioni dei protagonisti del film di Ivano De Matteo. Da un lato l’esordiente Greta Gasbarri, che dà alla sua Mia i toni decisi, emotivi e chiari dell’adolescente totalmente soggiogata dall’amore tossico. Dall’altro lato un già acclamato Edoardo Leo, che, da padre, si immedesima completamente in Sergio, portando lo spettatore a vivere con lui lo strazio e il dolore che prova di fronte alla sofferenza di sua figlia. Emblematica la veemenza con cui, in una scena, Sergio cerca letteralmente di scrollare, scuotere Mia, divenuta “brutta, sciatta, spenta”, una sonnambula con un dolore crescente nel cuore.
Magistrale poi la dolcezza e la disperazione di gran lunga più caute e riflessive di mamma Valeria, offerte dall’interpretazione di Milena Mancini, che rende chiaramente l’idea di una madre spaventata, ma che lotta per non soccombere all’irruenta emotività, che maggiormente contraddistingue il carattere del partner cinematografico nel film di Ivano De Matteo. È una mamma, è una donna, che trova la forza di reagire proprio nell’amore sconfinato per sua figlia.
Mia di Ivano De Matteo è una presa di coscienza per lo spettatore, ponendolo a tu per tu con una realtà che in qualunque momento può coinvolgere chiunque. Non conta quanto si possa essere assennati, saggi, adulti e maturi. Mia è una di noi, nostra sorella, la nostra migliore amica, nostra figlia. Per questo occorre conoscere, sapere, per essere pronti a denunciare, a difendere, a riconoscere che un amore autentico è come la musica, picchia dentro, ma non lascia lividi, né cicatrici e cazzotti psicologici ed emotivi. Un amore, degno di chiamarsi tale, non opprime, ma rispetta ed esalta la libertà e la bellezza dell’oggetto d’amore, che pertanto è soggetto, attivo e consapevole, desideroso di gioire e brillare.
Mia, la pellicola di Ivano De Matteo, percuote e al termine lascia un senso di amarezza e accresciuta emotività. E quale colonna sonora più adeguata di Per tutta la vita di Noemi, dove però la gelosia qui non è colpa sua. L’unica colpa di Mia è la fragilità emotiva di fronte a quella malata gelosia, che porta il suo cuore sempre più distante da sé, irretito da paura e sopraffazione, disintegrandosi fino a perdere la vera luce dell’amore, finché nulla più rimane da offrire e da perdonarsi.