Napoleon, la recensione del film di Ridley Scott con Joaquin Phoenix e Vanessa Kirby
C’è un nome inciso su un foglio bianco. Quasi scolpito con inchiostro nero. Una firma in corsivo che intitola l’ultima opera di Ridley Scott: Napoleon. Scritto, letto e riportato in calce in tante lettere alla moglie tanto amata. Ecco, le lettere. Le vere protagoniste di questa pellicola. Più della maggior parte di Napoleon ‒ 158 minuti di durata complessiva ‒ intervallata dallo scambio epistolare tra Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix) e Giuseppina (Vanessa Kirby), in mezzo a rappresaglie a partire dalla rivoluzione francese in avanti, tattiche studiate, sangue e vittorie sul campo di battaglia. E L’amore al centro della sua vita, il motore che muove la macchina da combattimento.
Napoleon: un altro film di Ridley Scott che non funziona
Dalla visione di Napoleon si ha l’impressione di uscirne vuoti, incompleti, non pienamente soddisfatti della rivisitazione in chiave moderna di uno dei condottieri più grandi di tutta la storia plasmato dal regista britannico. Ne deriva una figura spenta, vanitosa e disarmata dal rispetto verso l’unica donna che abbia mai amato in tutta la sua esistenza. Un uomo che vive e porta a casa il successo solo in funzione di quel fiore che man mano appassisce ma che al contempo lo tiene sempre in pugno. La donna che usa l’arma della manipolazione, che si concede per un erede che non partorirà mai, costretta a sottoscrivere il divorzio e a subire il volere dell’Impero francese. Ancora una volta, un foglio e due nomi e cognomi annotati. La scrittura. La parola nero su bianco. Così dall’ascesa ‒ la scena che più rimane impressa ‒ fino alla sua dipartita sull’isola di Sant’Elena, conosciuta da tutti come luogo di esilio e morte di Napoleone Bonaparte.
Napoleon è un ritratto narcisistico tratteggiato a scaglioni. Dalle mosse strategiche tramate per sovvertire il potere in suo favore si passa alla costruzione di un Impero fatto di follia pura e amore subalterno consumati attraverso la paura, la forza, il beatificarsi della propria opera, le conquiste, i patti di alleanza fallaci, la distruzione e infine la morte che tace qualsiasi azione rivale. Solo e lontano dalla sua adorata amica del cuore Giuseppina. Che cosa hanno portato quelle vittorie? Alla gloria sì. Come qualsiasi altro Imperatore che ha scritto il suo appellativo nella storia generazionale. Ma cosa rimane di quella gloria? Un uomo succube di una donna senza la quale non riesce a muovere i passi. Come fosse la sua luce, il suo orizzonte di trionfo. Un amore tanto desiderato che sconfigge, ahimè, il suo stesso cuore con le armi taglienti delle epistole. Armi che rimangono esclusivamente in Napoleon.
Ci si aspettava molto dall’ultima opera di Ridley Scott, dopo i divisivi The Last Duel (2021) e House of Gucci (2021). Aspettative montate e ingigantite più dal suo protagonista Joaquin Phoenix e dalla sua presunta alchimia con Vanessa Kirby. Ma dov’è l’alchimia? Dove si può vedere la chimica amorosa tra loro due? In quelle lettere. In quelle parole vagheggiate che si leggono ma non si vedono. Si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Giuseppina ha vinto la sua battaglia. Gli spettatori hanno vinto soltanto una lunga visione epica e grottesca costruita su promesse d’amore su uno sfondo bellico. Firmata Napoleon.
E con tanto amore e ossequio, speriamo nel prossimo lavoro. Ci vediamo presto, Ridley!
VOTO: 5/10
Martina Corvaia
Immagine: Sony Pictures Apple Original Films