Porco Rosso: il film d’animazione di Hayao Miyazaki

Porco Rosso

C’era una volta…

Volendo iniziare così a parlare di Porco Rosso lo si intenderebbe come un racconto favolistico per ragazzi.

Gli indizi ci sono: il protagonista è un porco antropomorfo diventato così sotto l’incantesimo di un maleficio ignoto, c’è una storia d’amore e per finire la conclusione è a metà tra una risoluzione e una morale da apprendere. Ma Porco Rosso va oltre tutto ciò e si pone come uno dei capolavori universalmente riconosciuti tra i film d’animazione dello Studio Ghibli.

Diretto da Hayao Miyazaki, Porco Rosso nasce come un cortometraggio commissionato dalla Japan Airlines e destinato ai voli di linea. Subito Miyazaki si mostra entusiasta del progetto, essendo un appassionato dell’aviazione. Porco Rosso, dunque, vede la luce del sole e cresce fino a diventare un film completo e ben apprezzato dagli amanti dei film d’animazione.

Chi è Hayao Miyazaki?

Hayao Miyazaki nasce il 5 gennaio 1941 a Tokyo. Laureatosi presso la facoltà di Scienze Politiche ed Economiche all’Università di Gakushuin, sceglie di non proseguire i suoi studi ed entra a fare parte della Toei Animation Company. Una scelta che agli occhi di molti appare non coerente con il suo percorso precedente, ma in realtà Miyazaki da sempre dimostra una forte passione per la letteratura dei ragazzi e soprattutto per Antoine de Saint-Exupéry, l’autore de Il piccolo principe.

Nel 1985 insieme al suo maestro Takahata fondano lo Studio Ghibli, caposaldo fondamentale nella produzione dei film d’animazione e da allora in poi dà vita ad una serie di lungometraggi che hanno segnato la storia. I suoi film hanno spesso come tema centrale il tema dell’aviazione: Miyazaki cresce sotto l’influenza del padre che era un costruttore di modelli di caccia giapponesi e questo interesse lo accompagnerà per tutta la vita, contribuendo talvolta alla creazione di alcuni capolavori come Porco Rosso o Si alza il vento. Nel 2005 riceve il Leone D’Oro alla carriera, il primo destinato ad un regista di film d’animazione.

La trama di Porco Rosso

Marco Pagot è un ex-pilota che ha vissuto la Grande Guerra, l’epoca degli idrovolanti la definisce Miyazaki. Durante uno scontro riesce a fuggire, ma tramortito vede i suoi compagni di squadra salire in cielo mentre egli è l’unico che viene rimandato da Dio sulla terra con le sembianze mutate in un suino. Da quel momento il suo nome diventa leggenda: Porco Rosso, alla guida del suo aereo vermiglio, il cacciatore di taglie che sfugge al giogo fascista.

Porco Rosso non si perdona per essersi messo in salvo durante la guerra piuttosto che essersi sacrificato per i suoi ex-compagni. La vergogna per quanto accaduto lo segna: perde la fiducia nel genere umano, si sente in torto per avere tolto una persona cara alla donna che ama e da cui è corrisposto e tutto ciò che gli rimane è continuare a volare come un pirata del cielo. Sarà un incontro casuale con una ragazzina, solare e risoluta a seguirlo avendo anch’ella la passione per il volo, a fargli ritrovare l’onore perduto e la gioia per il suo lavoro, per la vita.

L’ inno al Belpaese

Miyazaki ama l’Italia e condisce il suo film con svariati omaggi al nostro paese. Porco Rosso, infatti, è ambientato nei cieli dell’Adriatico con una “trasferta” a Milano. Poi, la passione del regista è evidente anche dalla scelta dei nomi dei personaggi che fanno riferimento ad alcuni importanti personaggi italiani, tra cui: il famoso aviatore Arturo Ferrarin e la famiglia Pagot, pioniera indiscussa dell’animazione italiana. Ma non finisce qui perché Miyazaki prende spunto dalla cultura italiana anche nel disegnare i modelli di idrovolanti, ispirandosi ad alcuni veramente esistiti, uno dei quali è il Macchi M.33.

La favola di Porco Rosso

Non risulta difficile associare Porco Rosso ad una favola sia per la sua struttura compositiva che per l’intento moralistico. È evidente il fatto che si tratta di uno dei primi film di Miyazaki avente per tema gli idrovolanti – sviluppato successivamente in forma più complessa in altri film come Si alza il vento – come dimostra una dimensione in un certo senso fanciullesca che permea il film. Potrebbe sembrare, dunque, più vicino ad una letteratura cinematografica per ragazzi per questa sua linearità nell’esposizione, ma in realtà tocca delicatamente dei temi universali che si pongono come metafore sulle quali potere costruire delle riflessioni profonde.

Si pensi, innanzitutto, alla sua contestualizzazione storica: Porco Rosso afferma con fierezza che è meglio essere un porco che un fascista. Se, infatti, la maggior parte dei piloti della Grande Guerra ha ricercato conforto e gloria nel fascismo, contribuendo all’apertura di un nuovo teatro degli orrori, il protagonista è l’unico che non si fa abbindolare e rimane fedele alla sua passione per il volo senza svenderla per un vano delirio di onnipotenza. Allora il Porco diventa una metafora sia per sottolineare l’ipocrisia dei fascisti che per sgamare la distruttività di quei principi sentiti come giusti a quel tempo.

In quest’ambientazione, poi, risultano spalmati per tutta la durata del film vari richiami all’orrore della guerra. Il protagonista stesso è diventato un suino per un’azione poco nobile compiuta durante lo scontro, ma allo stesso tempo è quasi compatito in un contesto terrificante come quello, giustificato per il peso che la guerra riserva psicologicamente. Inoltre, Pagot ha come motto che “qui non si uccide mica” e si dimostra sempre pronto a difendere chi ne ha più bisogno, scontrandosi ancora contro gli altri aviatori assetati di potere e colmi di egoismo.

La trasformazione in suino tra satira e denuncia

Insomma, la trasformazione di Marco Pagot in un porco assume una connotazione satiresca per denunciare la violenza in ogni sua declinazione, da quella del fascismo a quella della guerra a quella del senso di vergogna che chiede amore e perdono. Una riflessione universale, che non conosce tempo e spazio e si adatta a tutte le generazioni: Miyazaki con Porco Rosso ci offre una trama sottile, con spunti porti con delicatezza, toccando l’intelligenza di tutti. Un film che sicuramente non può passare inosservato.

Immagine in evidenza: 1977 Magazine

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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