La quarta parete
Prima di tutto: cosa significa, cos’è questa quarta parete, perché è proprio la quarta? Il termine deriva dal teatro: una scena teatrale è composta da tre pareti, due laterali e una posteriore, mentre la quarta è quella invisibile che separa gli attori dal pubblico. Questa barriera è dunque come una finestra dalla quale il pubblico spia le azioni, non venendo mai coinvolto o notato. Quando questo invece succede, quando il pubblico viene scoperto e c’è una diretta interazione, allora questa quarta parete viene rotta.
Quindi, in breve possiamo dire che la rottura della quarta parete è una tecnica narrativa che consiste in un personaggio che riconosce la presenza di un pubblico e la propria esistenza fittizia: questa interazione rompe il concetto di media tradizionale, dove lo spettatore e il personaggio fanno parte di due mondi diversi che non possono incrociarsi, e si crea un particolare senso di connessione.
Negli ultimi anni questa tecnica viene sempre più utilizzata: dal teatro, al cinema, ai fumetti. Vediamo 3 media che hanno utilizzato la rottura della quarta parete in modo egregio, con utilizzi e significati diversi.
1. Deadpool
Il primo da citare è necessariamente Deadpool, un personaggio eclettico che nei suoi film Deadpool (2016) e Deadpool 2 (2018) ha ripetutamente distrutto la quarta parete: in primis con la sua consapevolezza di essere un personaggio fittizio, e poi parlando direttamente col pubblico, commentando le situazioni, spiegandole e… prendendo in giro il budget del film. Spesso cita anche il cast del film, con riferimenti meta-cinematografici, come quando in Deadpool 2 fa una battuta sul numero limitato di X-Men presenti nel film.
In generale, i commenti sarcastici di Deadpool diretti al pubblico sono una delle caratteristiche più importanti del film, ed hanno reso la rottura della quarta parete un suo punto forte: anche le battute autoironiche, o contro i film dei supereroi quando critica i palesi cliché, rendono Deadpool un personaggio unico con una storia unica, che non annoia mai.
2. Homestuck
Homestuck, il webcomic, è quasi interamente basato sul concetto di quarta parete, che in questo caso è lo schermo: fin dalla prima pagina il lettore è chiamato direttamente e inserito nella storia. All’inizio, i lettori potevano interagire direttamente, suggerendo azioni per i personaggi, ma con l’ascendente successo dell’opera si è dovuta limitare questa interazione diretta: l’abilità di Andrew Hussie, l’autore, è stata proprio quella di rendere comunque il lettore un’influenza chiara, sfumando le linee tra realtà e finzione.
Altre particolarità di Homestuck sono la presenza dello stesso Andrew Hussie come protagonista nell’opera, quando viene visto proprio mentre disegna Homestuck nel suo studio, nel quale possiede… una letterale quarta parete. Questo livello di metanarrazione è unico, ed arriva a livelli dove è davvero complicato distinguere la storia e la realtà dell’autore: anche questa difficoltà è spesso citata, con l’autore che usa diagrammi e grafici per rendere più facile la narrazione, dicendo lui stesso quanto sia intricata.
In Homestuck possiamo dunque dire che la rottura della quarta parete non è solo una tecnica narrativa, ma una vera e propria parte di trama: è indispensabile per i personaggi, per la storia, arrivando ad un’animazione dove questa parete non solo è un’effettiva parete fisica, ma viene anche distrutta dai protagonisti, che così facendo modificano davvero i panel del webcomic. Un letterale esempio di rottura della quarta parete.
3. Fleabag
In conclusione vediamo la famosa serie tv Fleabag, caratterizzata proprio dal rapporto che ha col pubblico, col quale interagisce direttamente. A volte si limita a guardare la telecamera, riuscendo a parlare con le sue sole espressioni, altre volte racconta le situazioni che sta vivendo, le commenta, condivide i suoi pensieri più intimi. Si crea un legame fra lei ed il pubblico, che sono dei veri osservatori presenti in ogni scena: imparano a conoscerla davvero, a ridere e soffrire con lei; e vederla come gli altri personaggi non riescono.
Fleabag utilizza la rottura della quarta parete per farci riflettere, proponendoci profondi dilemmi e situazioni davvero difficili da affrontare, trascinando il pubblico a provare emozioni vere. Quando, nella seconda stagione, il personaggio del Prete percepisce a sua volta il pubblico, è come se stesse rompendo il rapporto di intimità che c’è fra Fleabag e gli spettatori, ed è una metafora sul quanto lei si senta vulnerabile dinanzi al Prete. Un meraviglioso modo per utilizzare la quarta parete, usandola non solo per interagire con chi guarda, ma anche per creare situazioni e realizzazioni fra i personaggi.
Vediamo dunque Fleabag crescere, cambiare, perché lei stessa ce lo permette: raccontandoci i suoi traumi e le sue paure all’inizio, crescendo e affrontando i suoi dolori, fino a quando alla fine Fleabag lascia indietro il pubblico. Questo è un meraviglioso utilizzo della rottura della quarta parete, perché sappiamo che Fleabag è cambiata quando non la rompe, quando non ne ha più bisogno. Phoebe Waller-Bridge, creatrice ed attrice, è stata spettacolare nell’utilizzo di questo espediente stilistico: ci ha fatto esplorare la protagonista, Fleabag, in modo innovativo, rendendo il pubblico non solo spettatore, ma amico e confidente, protettore di segreti, ed unica spalla sulla quale piangere. Diventa dunque… un personaggio.
In conclusione, non sappiamo la rottura della quarta parete in che altri modi verrà utilizzata, ma di certo sarà inaspettato, e ci farà rivalutare il nostro ruolo nei media che consumiamo.
Fonte immagine: Wikipedia