Silence (film, 2016) | Recensione

Silence (film, 2016) | Recensione

Silence è un film diretto da Martin Scorsese, ambientato nel Giappone del periodo Tokugawa (più precisamente, del XVII secolo), durante le persecuzioni religiose contro i cristiani. Il film, ispirato al romanzo di Shūsaku Endō Silenzio (沈黙 Chinmoku, in giapponese), si focalizza sulle vicende dei gesuiti, dei kirishitan (giapponesi convertiti al cattolicesimo) e delle difficoltà da loro incontrate per professare la propria religione.

Trama del film

Sebastião Rodrigues e Francisco Garupe, entrambi padri gesuiti portoghesi, si recano in Giappone per incontrare padre Cristóvão Ferreira, il quale ha rinnegato la propria fede e ha iniziato a vivere come un giapponese. Sbarcano clandestinamente in Giappone, nelle campagne nei pressi di Nagasaki, e diventano una guida spirituale per i cristiani locali, costretti a predicare la parola di Dio e somministrare i sacramenti segretamente. Dopo varie vicissitudini Garupe muore, mentre Rodrigues ha salva la vita, commettendo apostasia e rinnegando il suo credo.

Prima dell’abiura, durante la prigionia, viene condotto in un tempio buddhista, dove finalmente riesce ad incontrare padre Ferreira: quest’ultimo afferma che la cultura giapponese permette di trovare la vera natura dell’uomo e, inoltre, aggiunge che sta scrivendo un trattato per denunciare gli errori della disciplina cattolica. Cambia il suo nome con uno giapponese, si sposa con una donna locale e adotta, quindi, uno stile di vita completamente nipponico fino alla sua morte.

Recensione

L’elemento che funge da filo conduttore in Silence è, senza alcun dubbio, il silenzio. Si tratta del silenzio di un Dio che viene considerato assente, impassibile di fronte alle sofferenze che stanno patendo i suoi fedeli nel Paese del Sol Levante. È un periodo di terrore per i kakure kirishitan (così erano chiamati i cristiani che, durante le persecuzioni religiose in Giappone, continuavano a professare la propria fede in segreto), principalmente contadini stanziati nell’area di Nagasaki, ovvero la parte del Giappone dove sono sbarcati per la prima volta i portoghesi. Assistendo alle torture che vengono inflitte ai cristiani dagli inquisitori nipponici, alla loro crudeltà nei confronti di chi ha abbracciato una religione diversa, lo spettatore di Silence è portato a chiedersi: «Perché Dio abbandona chi tanto lo ama?».

Qui è risaltato, dunque, anche il tema dell’abbandono e i due gesuiti protagonisti si trovano davanti ad un bivio: abbandonare la fede in Gesù Cristo o abbandonarsi totalmente alla fede, condannando a morte certa sé stessi e le tante povere anime che vedono in loro un’ancora di salvezza. Mentre Francisco Garupe muore per la fede e per i suoi figli, dopo aver cercato di salvare una ragazza che stava affogando in mare, Sebastião Rodrigues rinnega la propria fede dopo le numerose torture. Infatti, il portoghese abiura calpestando una tavoletta di legno che presenta l’effigie di Gesù crocifisso durante la pratica del fumi-e, utilizzata dai giapponesi per verificare l’appartenenza alla religione cristiana dei sospettati: se si fossero rifiutati di farlo, sarebbero andati incontro al martirio. Sebastião, nel momento dell’apostasia, si riconcilia per qualche istante con Gesù, che lo invita ad essere forte e a calpestare la sua immagine promettendogli di alleviare le sue sofferenze.

Allora, Rodrigues abbraccia uno stile di vita giapponese; apparentemente sembra che abbia dimenticato il suo passato cristiano, come membro della Compagnia di Gesù. Ciononostante, quando muore, la moglie inserisce tra le mani giunte del defunto marito un rosario, alludendo al fatto che l’ex religioso abbia conservato, intimamente, la fede cristiana. Nella seconda parte di Silence, Scorsese ha saputo ben ribaltare la prospettiva: se all’inizio fa delineare le intenzioni lodevoli dell’attività missionaria di conversione, successivamente valorizza il punto di vista dei giapponesi, che considerano l’opera dei gesuiti un’implicita intenzione di colonizzare il Paese. L’idea del silenzio è suggerita anche dalla scenografia del film: la nebbia che predomina nei paesaggi sembra che faccia aumentare la distanza tra il cielo e la terra, accentuando l’incomunicabilità tra Dio e gli uomini.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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