The Monkey | Recensione

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The Monkey è un film in bilico tra l’horror soprannaturale e la commedia, uscito quest’anno il 21 febbraio negli Stati Uniti e il 20 marzo nei teatri italiani. Ispirato all’omonimo racconto breve scritto dal celebre scrittore horror Stephen King nel 1980, è stato ripreso recentemente e filmato da Osgood Perkins, anch’egli famoso per i suoi film dall’ambientazione tetra e spaventosa, pensiamo a The Blackcoat’s Daughter, oppure a Gretel & Hansel.

Di cosa tratta The Monkey? (contiene spoiler)                                                                                                 

La premessa del film è abbastanza semplice: c’è una scimmia giocattolo, di quelle che suonano, che il padre dei due gemelli Hal e Bill (interpretati nella prima metà del film dal giovane e talentuoso Christian Convery, e nella seconda metà dal celeberrimo Theo James, che ricordiamo in Divergent, The White Lotus o The Gentlemen) compra in un negozio in giro per il mondo, in quanto la sua professione era quella di pilota d’aerei, e che riesce a tramandare loro misteriosamente anche dopo la sua scomparsa.

Theo James in una scena di The Monkey

I fratellini, curiosi di scoprire qualche informazione in più sul padre che semplicemente non vive con loro sin da quando riescono a ricordare, vanno a frugare nel suo armadio, dove trovano una scimmia giocattolo sulla cui scatola viene scritto like life”, come la vita, piuttosto che “lifelike”, realistico.
I gemelli, incuriositi dalla scimmia dall’aspetto decisamente peculiare, girano la chiave posta dietro il giocattolo, come di consueto per tutti i giochi, e aspettano che la scimmia faccia qualcosa: verranno presto delusi dal fatto che la scimmia, un po’ lentamente, un po’ a scatti, fa lo stesso movimento che ci si aspetterebbe da una scimmietta con il tamburo, semplicemente lo suona. La ripongono e vanno a mangiare al ristorante con la loro tata, che adorano, per poi assistere ad un movimento sbagliato dello chef, che improvvisamente e sbalorditivamente, senza accorgersene le taglia la gola. Quello sarà il primo funerale a cui dovranno assistere per colpa di quella maledetta scimmia che suona. La loro mamma, paziente e amorevole, ma decisamente realistica e cinica, fa realizzare loro che poco importa come, se beatamente nel sonno o in preda a dolori atroci, tutti prima o poi sono destinati a morire, invogliandoli semplicemente ad andare avanti con la loro vita e godersi le persone amate prima che vadano via.

Fast forward al momento in cui i due gemelli vanno alle medie: mentre il ragazzino Bill è estroverso, benvoluto dai compagni, incarna il senso di “fighetto” degli anni ‘80 e bullizza il fratello, il piccolo Al, che è difatti più introverso, un “nerd”, un ragazzino che subisce gli abusi e trama alle spalle del fratello. Essendo anche il più intelligente dei due, capisce che quella scimmia che spesso li segue inspiegabilmente è l’artefice della morte della loro tata, quindi un giorno dopo scuola, dopo l’ennesimo sopruso subito dal fratello e la sua combriccola, Al tenta di uccidere Bill girando la chiave della scimmia. Per sfortuna di entrambi, la scimmia non segue ordini né criteri (se non per uno a cui arriveremo più avanti): morirà la loro mamma innocente, in un fiume di sangue che inonda Bill, tornato a casa a sua volta da scuola.
Al funerale della mamma, i bambini, tristi e mortificati, vengono presi in custodia dai loro zii eccentrici e scambisti. Portano a casa degli zii la scimmia, per poi girare nuovamente la manovella per aver conferma dei loro sospetti e, come immaginato, morirà un altro membro della famiglia, lo zio, mentre dormiva nel suo sacco a pelo durante una seduta di caccia, spappolato da un gruppo di cavalli imbestialiti apparsi dal nulla.
I due bambini allora decidono di mettere un taglio a questa storia, buttando la scimmia omicida nel pozzo vicino la casa degli zii.

Nuovo fast forward: i bambini sono ora diventati uomini, hanno perso i contatti e vivono due vite estremamente distanti. Al è un padre divorziato, ma la seconda parte di questa storia si incentra nell’unica finestra di tempo in cui può stare con il figlio adolescente Petey: la settimana del compleanno del ragazzo. Sarà la loro unica settimana insieme, in quanto verrà presto adottato dal nuovo compagno della mamma, un guru di genitorialità, eccentrico e bizzarro, interpretato da Elijah Wood (che ricordiamo dal Signore degli Anelli).
Il compleanno di Petey non sarà pacifico e divertente: Al viene chiamato dopo anni dal fratello Bill, che gli comunica che la zia è morta in circostanze misteriose, e lo stesso sta accadendo nella cittadina dove vivevano con gli zii. Al deve assolutamente andare a controllare cosa sta succedendo: la scimmia è tornata, ed è assetata di sangue.

Al e Petey, nella loro relazione distante che man mano diventerà più amorevole in seguito ai legami instaurati tramite le vicende spiacevoli a cui assisteranno una volta ritornati in città, devono scovare il colpevole che ha trovato la scimmia in fondo al pozzo e che sta girando la sua chiave volta per volta.
Dopo una serie di peripezie, scene splatter, di ricongiungimento, di ricerca e di alta tensione, Al scopre che il fratello Bill non è mai andato via dalla città: vive in un edificio abbandonato ed è stato tutti questi anni ossessionato dal ritrovare la scimmietta giocattolo, dopo aver realizzato che quel giorno in cui morì la mamma, fu proprio il fratello Al ad aver azionato la scimmia.
Allora Bill attira il fratello Al in città e comincia a girare e rigirare la chiave, tratta quel giocattolo maledetto come una divinità della morte, brama l’omicidio brutale del fratello che vede come sola causa del male che ha dovuto affrontare da bambino. Bill si rende conto di una regola fondamentale nell’utilizzo della scimmia: chi gira la chiave non muore mai, proprio come se fosse lui stesso l’artefice dell’omicidio; allora costringe Al a portare Petey da lui e fargli azionare la scimmia, con la minaccia che molti altri innocenti moriranno se non sarà il fratello Al a morire.
Proprio nel momento in cui Petey girerà la chiave, dopo un commovente momento di scuse fraterne tra i gemelli Al e Bill e una possibile promessa di ricongiungimento fra i due, una palla da bowling sfracella la testa di Bill.
Al e Petey si rendono conto che, sebbene sia la rappresentazione del male, la scimmia in sé è oramai divenuta un cimelio di famiglia, e finché nessuno la azionerà, tutto andrà bene. Tornano a casa, più legati che mai.

 
Quali sono i punti di forza di The Monkey?

Una delle prime cose che saltano all’occhio è la fotografia dell’intero film: la gradazione dei colori, la filigrana, il rumore e le inquadrature trasportano lo spettatore in una versione romanzata degli anni ‘80, fornendo un piacevole motivo per cui guardare la pellicola: l’ammirazione della pura bellezza delle immagini.
Il film, più che horror, potrebbe virare di più nel genere splatter: le morti che avvengono sono più di quelle che possiate contare, in più sono tutte cruente e sanguinose. Risulta affascinante trovare nel film una tale conoscenza del corpo umano, e di come esso reagisce agli influssi letali esterni.
Oltre alle belle immagini, la studiatissima anatomia e la leggera commedia, il film ci induce a riflettere bene sulla simbologia: molti individuano nella scimmia protagonista di The Monkey una sorta di divinità della morte, in quanto uccide solo se azionata, uccide casualmente e nelle modalità più svariate. Potremmo effettivamente ritenerla come un personaggio neutro, uno strumento simile ad un’arma, che uccide solo se soggetta ad un input, ed è forse per questo che chi gira la sua chiave non muore. Nel vederla così, si potrebbe anche arrivare a configurarla come una divinità che non ci pone spiegazioni sul come sceglie chi debba morire e come, limitandosi a fare il suo lavoro naturale e ciclico: non esiste vita senza morte, e la scimmia è la fautrice della morte, che in sé non è un aspetto negativo, ma semplicemente inaspettato.

 
E quali sono i punti deboli di The Monkey?

Il ritmo non è ben dosato, tra scene di alta tensione, di morte, e scene di dialogo apparentemente poco pertinenti al seguito della trama. Ciò gioca a sfavore del film e di tutto quello che costruisce tramite i tre personaggi principali: la scimmia, Al e Bill. Il problema di questa esecuzione è che abbassa notevolmente la tensione tra le varie scene, generalmente caratterizzate dall’ansia di sapere chi sta per morire e la conseguente visione della morte, ma il fattore di paura e terrore è comunque poco presente e mal distribuito nel film.
Il finale, poi, è enigmatico: dopo la morte di Bill, Al e Petey se ne fanno semplicemente una ragione, lasciando la città. Che ne sarà della relazione fra padre e figlio? Che ne sarà delle centinaia di morti ingiustamente per mano del pazzo Bill? Insomma, il finale aperto generalmente dovrebbe lasciare in coloro che visionano il film un senso di anticipazione, mentre in questo caso lascia solo l’amaro in bocca e un latente senso di frustrazione.

Fonte immagini: Wikipedia

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