The Rocky Horror Picture Show, antesignano della fluidità di genere

The Rocky Horror Picture Show

Negli ultimi anni si è dibattuto molto sul concetto di fluidità di genere, rimesso in discussione di recente in Italia anche grazie al festival di Sanremo con la partecipazione di un artista considerato portatore di questa declinazione. Va però detto che se molti pensano che la rivoluzione gender fluid sia un fenomeno recentissimo riguardante soprattutto la generazione Z, il processo parte invece da molto più lontano, nel mondo del cinema, con un film da considerare come il precursore del movimento gender fluid: The Rocky Horror Picture Show

Genesi e trama di The Rocky Horror Picture Show

The Rocky Horror Picture Show, bandiera della rivoluzione sessuale degli anni Settanta, nasce dalla mente di Richard O’Brien come opera teatrale nel 1973,  per poi sbarcare al cinema nel 1975 diretto da Jim Sharman. Il film è inizialmente un flop, ma grazie all’espediente dei midnight movies, ossia film considerati di serie b mandati in scena nelle sale dopo la mezzanotte, la pellicola attirerà gruppi di affezionati, soprattutto tra i giovani, tanto da consacrarla allo status di cult movie. Il musical  racconta la storia di una coppia di fidanzati, Brad e Janet, due giovani remissivi e un po’ repressi che rappresentano i classici stereotipi sociali e di genere dell’epoca. Rimasti in panne durante una notte piovosa, raggiungono un castello spaventoso dove fanno l’incontro del magnetico scienziato Frank-N-Furter, che, come spiega lo scrittore Aldo Fresia, è un rifermento alla storia di Frankenstein. 

La fluidità di Frank-N-Furter

O’Brien utilizza quindi in The Rocky Horror Picture Show un classico del gotico per parlare in maniera esplicita di argomenti nuovi, come la sessualità, soprattutto nella sua forma non convenzionale, partendo proprio dalla figura di Frank. Un uomo con un trucco vistoso, vestito con biancheria femminile e che mostra subito una chiara attrazione per entrambi i fidanzati. Per di più lo scienziato plasma una creatura di nome Rocky, un uomo bello e biondo affinché sia il suo compagno. Notiamo subito quanto Frank sia un personaggio rivoluzionario: ambiguo, fluido, provocatorio. Egli va oltre le regole di genere e di orientamento, è la personificazione di un uomo e di una donna, nella loro versione più emancipata: ha un aspetto femminile ma non ha un ruolo debole e dimesso, che spesso era affibbiato alle donne e che appartiene alla stessa Janet; è un uomo ma non ricalca lo stereotipo machista associato al maschile. Di solito un uomo vestito da donna in un film è spesso motivo di riso e scherno, in The Rocky Horror Picture Show invece Frank non è affatto l’oggetto passivo della parte comica dello show, ma ne è invece soggetto attivo: è proprio lui a prendersi gioco dei due ragazzi che bussano alla sua porta,  poiché essi sono l’emblema della middle class puritana e chiusa in soffocanti limitazioni. La coppia già avviata ad una vita prestabilita, si trova in una realtà nuova, eversiva, un microcosmo di outsider che vivono nella piena libertà, e questo li porterà a fare altrettanto: Janet e Brad si mostreranno finalmente attivi nell’esprimere i propri desideri anche e soprattutto sessuali, in particolare Brad si aprirà ad un flirt omosessuale con Frank, un enorme tabù per l’epoca.

Il messaggio del musical

Lo slogan del film, cantato dallo scienziato ” don’t dream it be it” (Non sognatelo siatelo), è un inno alla libertà di essere se stessi anche se questo significa essere diversi, che è proprio il messaggio del movimento gender fluid. Ecco perché anche dopo cinquant’anni, The Rocky Horror Picture Show rimane un caposaldo per chiunque successivamente, nell’arte e non solo, abbia portato avanti il vessillo dell’emancipazione sotto ogni punto di vista.

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A proposito di Teresa Errichiello

Nata nel 1995, laureata in Lettere moderne e Discipline della musica e dello spettacolo , grande appassionata di scrittura, arte, cinema ma soprattutto serie tv.

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