Una risata ci salverà: tra satira e potere | Intervista a Michelangelo Gregori

Una risata ci salverà: tra satira e potere | Intervista

Una risata ci salverà è il titolo del nuovo lungo-metraggio, dalla durata di sessanta minuti, di Michelangelo Gregori, un documentario che esplora la risata come strumento culturale rapportato al potere nonché alle istituzioni che lo detengono.

Il ruolo della comicità nelle convenzioni sociali

Una risata ci salverà è il nuovo lavoro scritto, diretto e prodotto da Michelangelo Gregori. Al lungo-metraggio vi partecipano Alessandro Aronadio, Daniele Fabbri, Filippo Giardina, David Le Breton, Simone “Geppo” Metalli, Giorgio Montanini, Piergiorgio Odifreddi, Moni Ovadia, Arianna Porcelli Safonov, Saverio Raimondo, Sergio Spaccavento, Sergio Staino, Simona Bucci, Brando Ercolani, Daniele Ercolani, Michelangelo Gregori, Elisabetta Giuliani, Sara Tortora e la partecipazione vocale di Ivo De Palma e Simone Schiralli. Un ringraziamento particolare alla collaborazione della Fondazione Giorgio Gaber.

Irriverente, sacro e profano insieme, ironico: con questa chiave satirica Una risata ci salverà approfondisce il ruolo sociale, politico e culturale della comicità, particolarmente in confronto a quel “politically correct” sempre più dilagante e prepotente. E quale modo migliore se non quello di creare uno scontro, riflessivo, educativo e sfacciato a modo suo, tra la satira e la religione? Soprattutto in un paese come l’Italia, dove quest’ultima ha un monopolio importante. Ma ecco che proprio Michelangelo Gregori ce ne parla qui di seguito!

Una risata ci salverà: l’intervista all’autore

Ciao, Michelangelo, rieccoci qui su Eroica, ma questa volta con il suo film indipendente Una risata ci salverà. Dopo averne preso visione e dopo avere ascoltato le risposte di comici e artisti vari, è inevitabile chiederle: che cos’è per lei la risata e perché ci salverà?

Ciao e grazie per aver avuto la bontà di parlare anche di questo mio lavoro, decisamente particolare e soprattutto “indipendente” o non ci sarebbe stata possibilità di realizzarlo. Per risponderti l’ho sempre pensata come Borge: «La risata è la distanza più breve tra due persone» ed è proprio per questo che può salvarci perché ci mette a stretto contatto comunicativo e subito a nostro agio; poi non posso che attingere da tutto quello che ho capito preparando e studiando per il documentario, perché la risata, che spesso scaturisce da qualcosa di inaspettato è un vero e proprio potere salvifico per l’uomo. Proprio antropologicamente noi siamo capaci di ridere e questo ci avvicina gli uni agli altri, non lo dico io che ridere è un toccasana esiste anche un vero e proprio yoga della risata e per citare un mostro sacro come Charlie Chaplin: «Un giorno senza sorriso è un giorno perso» e diventa importante sia per me che, credo, per tutti.

In Una risata ci salverà si parla della comicità, in senso molto ampio, ma rapportata principalmente alla religione. Si è parlato di blasfemia, black humor, satira, denuncia, come tutto questo dialoghi con una religiosità che ci viene imposta fin dall’infanzia e fino a che punto tutto questo possa spingersi affinché sia sano e costruttivo. Perciò, come mai la scelta di analizzare questo aspetto della comicità? Qual è stata l’esigenza di partenza nel voler comunicare questo contenuto?

Proprio perché non si è mai fatto in questo paese, per uno senso di riguardo rispetto al sentimento religioso che è rimasto sempre un tabù e non si è mai tentato di analizzarlo a pieno nell’audiovisivo e infatti tutti mi dicevano che non avrebbe funzionato, che sarei scaduto nel semplicistico o nell’oltraggio e invece credo di aver aperto una piccola breccia di discussione senza dover nemmeno calcare la mano almeno così la pensano i molti festival a cui a partecipato e spesso vinto, l’ho fatto in maniera analitica, artistica e molto rispettosa per tutti anche perché si fa ancora molta confusione su comicità satirica o non satirica. Poi quale paese migliore se non l’Italia che ha il Vaticano e una grossa cultura cattolica alle spalle era il punto di partenza principale per sviscerare tutta la discussione che non sarebbe stata possibile se non con i professionisti e pensatori che si sono mesi a disposizione per le interviste!?

Cosa ci vuole dire Una risata ci salverà ad oggi, in un momento e in un contesto in cui il “politically correct” sembra avere messo le sue radici?

Vuole appunto portare alla luce e riflettere sul senso della comicità, oggi sia per chi la fa che per chi la riceve, siamo pieni di nuovi comici tra la rete e la tv che si barcamenano senza un indirizzo e mescolano la barzelletta a quello che credono essere satira dai professionisti ai battutisti da bar, ma ci sono dei punti fermi, c’è da studiare: poiché far ridere è il mestiere più serio del mondo…e complicato, dall’altra parte c’è il pubblico e una certa chiusura da parte del politicamente corretto dilagante che proprio come dice Sergio Spaccavento nel film: «Ci stanno togliendo l’ingenuità» di dire certe cose. È per questo che sono fermamente convinto che Una risata ci salverà può essere un punto di partenza per aprire un dibattito su noi stessi, sul nostro modo di affrontare il mondo e sulla possibilità di vedere le cose storte in maniera comica per poterle trasformare con leggerezza.

Ma si ripresenta anche la questione, anch’essa molto attuale e discussa in Una risata ci salverà, della risata che invade e si trasforma in offesa. Contestualmente, però, imporre delle regole rigide significa cadere nell’eccesso opposto e intaccare la libertà, poiché saper ridere significa capire, essere liberi. Dunque, in che modo e in che misura collocare dei limiti, se è giusto metterli?

Il tutto sarebbe molto semplice, è un fatto appunto di contesti. Il film lo rimarca e lo spiega più volte. Entrare in un certo tipo di contesto con una battuta altamente fuori luogo è semplicemente un atto adolescenziale, qualcosa che vuole solo attirare attenzione. È qui che si entra in un piccolo tilt, e che la narrazione filmica vuole affrontare, la differenza tra la comicità satirica e non satirica altro grande caos della pubblica opinione. Con il mio docufilm ho cercato in sessanta minuti, prendendo la parte scottate: satira e religione, di chiarire, chiarificare quanto e come funzioni il meccanismo comico e la tanto declamata libertà di espressione e i limiti di tale libertà che sono poi quelli di legge: la diffamazione, l’ingiuria…alla fine ci si riduce sempre ad un fatto di intelligenza, principalmente del comico ma anche del pubblico. Infatti – e credo di averlo raccontato solo in un festival – l’intera idea che parte dall’immagine della locandina che a molti è sembrata una croce, è in realtà la linea rossa del racconto comico demarcata da un possibile paletto, questo perché ci sarà sempre chi vuole offendersi e vedere i drammi dove non ci sono invece di riderci su.

In particolare, al giorno d’oggi una risata è una possibilità o anche proprio una necessità?

Entrambe le cose credo, è possibile ridere di tutto ed è anche necessario per vivere meglio, poi se si possa invece “scherzare su tutto” quello l’ho cercato di farlo spiegare ai miei intervistati però è certo che: imparare a ridere dei drammi è il grande potere che ci è dato per poter fuggire dai torti e dalle ingiustizie e credo che infondo il doc nella sua la scena finale un po’ lo amplifichi; è importante imparare a saper ridere di noi stessi, prenderci davvero tutti meno sul serio abbattendo l’egocentrismo che porta all’idolatria personale che crea soltanto dei mostri. Spero che con Una risata ci salverà si inizi a riflettere seriamente sul potere salvifico della comicità.

Fonte immagine di copertina: Ufficio Stampa

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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