Una settimana da Dio | Analisi e recensione

Una settimana da Dio (2003).

Una settimana da Dio è un film del 2003 diretto da Tom Shadyac, realizzato dalla casa di produzione cinematografica americana Universal Pictures ed interpretato da attori di spicco, fra cui figurano Jim Carrey, Morgan Freeman e Jennifer Aniston. Il titolo originale dell’opera è Bruce Almighty, dove Bruce indica il nome del protagonista ed Almighty è il termine in inglese della parola “onnipotente”. Il film ha riscontrato un enorme successo, risultando il quinto più alto incasso cinematografico degli Stati Uniti nel 2003. Per capire qual è il messaggio che Una settimana da Dio vuole trasmettere, bisogna fare riflessioni ed un’analisi.

La trama di Una settimana da Dio

Bruce Nolan (Jim Carrey) è un giornalista di un’emittente di Buffalo non pienamente soddisfatto della propria carriera lavorativa: spesso scelto per servizi di poco conto, come quello in cui intervista la pasticciera che ha realizzato il biscotto più grande di Buffalo, si lamenta costantemente del fatto che l’Onnipotente ce l’abbia con lui. La carriera giornalistica del protagonista declina ulteriormente quando un suo collega, Evan Baxter (Steve Carrel), ottiene il posto di anchorman, di mezzobusto, ruolo a cui Nolan aveva da sempre ardentemente ambito. Come controrisposta, Bruce fa una scenata mentre è in diretta nel bel mezzo delle Cascate del Niagara, cosa che gli costerà il lavoro.

Come se non bastasse, viene aggredito da alcuni ragazzi di zona per aver difeso un senzatetto. La sua terribile giornata si conclude in bellezza: litiga con la sua fidanzata, Grace (Jennifer Aniston), esce di casa in auto e si schianta contro un palo, riportando lievi ferite al volto. La rabbia di Bruce sfocia in una violenta imprecazione contro il signore: lo invita ad affrontarlo e a palesarsi di fronte a lui, cosa che accadrà presto.

L’indomani, Bruce riceve una strana chiamata sul proprio cellulare: è qualcuno che gli offre un lavoro. Giunto al luogo dell’appuntamento (un edificio abbandonato, scarno e di un bianco immacolato), egli incontra Dio (Morgan Freeman), il quale, avendo ascoltato tutte le sue imprecazioni del giorno precedente, gli conferisce tutti i suoi poteri, sfidando Bruce a fare di meglio. In un primo momento, Nolan inizia a sfruttare tutte le sue nuove facoltà, in primis vendicandosi di tutti coloro che si prendevano gioco di lui (tra cui lo stesso Evan Baxter), e inizia ad ottenere sempre più successo come giornalista grazie a degli scoop clamorosi.

Qualche giorno dopo, Dio spiega a Bruce che il suo ruolo non è quello di pensare ai propri interessi, ma di badare al prossimo e, soprattutto, di ascoltare le preghiere della gente. Per riuscire a rispondere a tutte le preghiere, Nolan si inventa una scappatoia: decide che esse arrivino al suo computer sotto forma di e-mail, tramite le quali può dare ascolto a tutti rispondendo semplicemente “sì”. Così facendo, però, non farà altro che avverare i desideri di tutte le persone, gettando Buffalo completamente nel caos. Ad esempio, buona parte delle preghiere richiede di vincere la lotteria, e permettendo a tutti di indovinare i numeri la vincita riscossa risulta essere di pochi spiccioli ciascuno, non rendendo felice nessuno. In un clima in cui le proteste prendono vita e la città è nel completo caos, Nolan getta la spugna: si rende conto che essere Dio e provare ad accontentare tutti non è la cosa più semplice del mondo.

Riflessioni ed analisi

Una settimana da Dio è un’opera realizzata sia per far ridere che per far riflettere: riesce a mescolare comicità e dramma. Facendo un’analisi, la figura di Dio e del reporter Bruce Nolan occupano un ruolo centrale, e tra i due c’è un forte contrasto: Nolan sfida Dio imprecandogli contro, cercando di ricevere maggiore considerazione, mentre Dio sfida Nolan affidandogli tutti i suoi poteri, per dimostrargli che non è facile fare di meglio.

In questo caso, noi possiamo tranquillamente identificarci in Bruce: molte volte abbiamo desiderato che le cose nella nostra vita andassero diversamente, ed altrettante volte abbiamo chiesto un aiuto divino nei momenti di difficoltà, senza che qualcuno ci desse ascolto. Le imprecazioni del protagonista contro l’Onnipotente vanno proprio in questa direzione: non sentendosi ascoltato, decide di sfidarlo. Quando Bruce ottiene i poteri si sente, appunto, come un Dio: non è consapevole che le facoltà e le responsabilità che ha prevedano onori ed oneri. Se ne accorgerà soltanto in un secondo momento, quando sarà ormai tardi: la città è nel caos e lui stesso rischia la morte. Anche essere Dio ed avere poteri illimitati ha degli inconvenienti.

La riflessione che il film spinge lo spettatore a fare è la seguente: in che modo Dio dovrebbe riuscire a dare ascolto alle preghiere di tutti coloro che si lamentano del suo “operato”? Sarebbe possibile? Questo capolavoro probabilmente vi darà la risposta.

Fonte immagine: Wikimedia Commons

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