L’intelligenza artificiale è sinonimo di innovazione tecnologica, automazione e apprendimento delle macchine. Siamo lontani da intelligenze artificiali come quelle di HAL 9000 di 2001: Odissea nello spazio o EDI di Mass Effect, per citarne alcune, ma testi e articoli scritti con intelligenza artificiale stanno diventando all’ordine del giorno.
La cosiddetta “AI”,
Artificial Intelligence, rappresenta letteralmente la
quarta rivoluzione industriale, ovvero la possibilità di
automatizzare con pochi o nessun errore molti processi fino ad oggi manuali. Così come nella
prima rivoluzione si è introdotta la meccanizzazione con l’uso del
vapore, nella
seconda l’
elettricità e la
produzione di massa, e nella
terza l’
informatizzazione e l’uso dei
computer, la
quarta rivoluzione industriale, è guidata da una fortissima
automazione, dall’i
nterconnessione, dalla delega totale al
digitale e all’
intelligenza artificiale.
Articoli scritti con intelligenza artificiale: una problematica del settore
L’avvento dell’intelligenza artificiale ha rivoluzionato molti settori, tra cui quello della scrittura. Strumenti come ChatGPT di OpenAI, Gemini di Google e altri modelli linguistici avanzati sono in grado di analizzare dati, tradurre testi, creare codici di programmazione, e in generale automatizzare molte attività ripetitive. Possono anche generare testi che, a prima vista, possono sembrare scritti da esseri umani. L’intelligenza artificiale accede a diverse fonti e informazioni con cui è stata precedentemente addestrata, secondo le indicazioni date dall’utente.
Gli articoli scritti con intelligenza artificiale presentano diverse problematiche rilevanti: da problemi di copyright – potrebbe generare il contenuto prendendolo da fonti, idee e concetti già proprietà di qualcun altro violando il diritto d’autore – a problemi del cosiddetto cheating – ovvero chi potrebbe utilizzarlo per imbrogliare e copiare agli esami – fino a questioni legate alla qualità e affidabilità delle informazioni, con conseguenze come le fake news o articoli e testi poco connessi alla qualità richiesta in ambito giornalistico.
Come riconoscere gli articoli scritti con intelligenza artificiale
Anche se gli algoritmi delle intelligenze artificiali generative stanno diventando sempre più sofisticati, ci sono ancora alcuni indizi che possono aiutare a distinguere un testo artificiale da uno umano. È importante precisare che tali tecnologie si dividono in gratuite (basilari e a volte di pessima qualità) e in abbonamento (che possiedono una qualità nettamente superiore).
Alcune dinamiche da considerare:
- Uno degli elementi più banali è quello delle “maiuscole messe a caso”, dove molti titoli divengono completamente in maiuscolo (anche le parole che non sono nomi propri) dove la regola vorrebbe maiuscola sola la prima lettera: “L’arte Moderna è un’esperienza STRAORDINARIA e MAGNIFICA che tutti DOVREBBERO vivere.”
- Assenza di uno stile personale e critico, dove spesso gli articoli si limitano a descrivere l’evento con molti aggettivi, di frequente in coppia, senza elaborare realmente una critica o una opinione sentita su quanto viene descritto: “Il film è molto bello, emozionante e fantastico. La trama è interessante e avvincente, e gli attori sono bravi e capaci.”
- Assenza di una opinione personale o eccessivi complimenti e positività: “Questo prodotto è assolutamente perfetto, funziona alla grande e non ha difetti. È fantastico e lo raccomando a tutti.”
- Sintassi semplice, standard, con pochi passivi e poco personalizzata: “Il progetto è stato completato. Le persone hanno lavorato duramente. I risultati sono buoni. È stato un successo.”
- Il testo sembra andare per schemi definiti e ripetitivi: “Nella splendida cornice di quel lago di Como, prima di tutto, l’evento è stato grande. In secondo luogo, l’organizzazione era impeccabile. Infine, il pubblico era molto coinvolto.”
- Un eccesso di parole di transizione: “Inoltre, infine, in conclusione.”
- Alcuni chiarimenti decontestualizzati: “è bene notare che, è opinione comune che.”
- Testi che cambiano tone of voice durante i paragrafi: “Questo studio esamina gli effetti socioeconomici…” “È chiaro che la gente ama comprare queste cose.”
Queste sono solo alcune indicazioni, la presenza di uno o più di questi punti non costituiscono la prova che l’articolo non è scritto da un essere umano, ma fornisce indicazioni su come va strutturato un pessimo testo. Un pezzo scritto male può dipendere dal fatto che non è scritto da un essere umano oppure perchè manca di quella tematizzazione e di quel calore che solo un giornalista gli può conferire. Alcuni indicano anche l'”assenza di errori” come indicatore di un testo scritto con intelligenza artificiale ma, in realtà, un testo privo di errori non è necessariamente un testo redatto da AI.
Emozione, personalizzazione e tematizzazione: valori giornalistici “inautomatizzabili”
La vera criticità degli algoritmi generativi non è quanto detto precedentemente, ovvero la violazione di copyright, il cheating o l’attendibilità dei testi generati, quanto piuttosto la mancanza di personalizzazione, opinioni originali e il vissuto dello scrivente, la sua partecipazione all’evento o al tema trattato.
- Un giornalista che racconta un evento a cui ha preso parte, anche se non è un critico specializzato, ma semplicemente un recensore o un reporter, porterà sempre nel testo un’opinione, un fatto o un’emozione personale che lo ha colpito, esprimendoli dal proprio punto di vista unico.
- Uno studente che realizza un tema su un argomento di attualità esprimerà inevitabilmente il suo punto di vista personale, bilanciando le informazioni attraverso conoscenze, esperienze ed emozioni personali.
- Un content creator che realizza un contenuto per i social porterà inevitabilmente il proprio stile creativo unico, rendendo il contenuto formativo, informativo e di intrattenimento, difficile da replicare per un algoritmo.