Casi true crime: i 3 più crudeli

Casi true crime: i 3 più crudeli

I casi true crime sono diventati, negli ultimi anni, un genere di intrattenimento che attrae molte persone, data la loro natura oscura. L’attrazione principale è la curiosità, che nasce proprio perché i casi true crime sono racconti di cronaca nera di fatti realmente accaduti e non di fantasia; l’uomo vuole cercare di studiare i comportamenti dei serial killer per riflettere sulla complessità della natura umana, soprattutto su elementi come l’inaspettato, la manipolazione e i sotterfugi messi in atto per compiere questi crimini.

I casi true crime, purtroppo, sono numerosi e presentano aspetti in comune. Alcuni, però, sono molto più crudeli di altri, date le dinamiche degli eventi e le vittime scelte.

Ecco i 3 casi true crime più crudeli.

Perché i casi true crime ci affascinano: l’attrazione per l’oscuro

L’interesse per i casi di cronaca nera, noti come true crime, va oltre la semplice curiosità. Si tratta di un fenomeno complesso che coinvolge la psicologia umana, il desiderio di comprendere il male, e la ricerca di risposte a eventi inspiegabili. Questi crimini reali ci mettono di fronte alla brutalità e alla sofferenza, stimolando una riflessione sulla natura umana e sulle sue zone d’ombra.

Luis Gravito: il mostro delle Ande e l’orrore in Colombia

Tra i casi true crime più crudeli c’è quello del serial killer Luis Alfredo Gravito, nato e cresciuto in Colombia, che ha compiuto numerosi omicidi tra il 1992 e il 2000.

Durante l’infanzia, subì le violenze del padre alcolizzato e fu sodomizzato più volte dai vicini di casa. Era il più piccolo di sette figli e, date le sofferenze, iniziò a soffrire di depressione mostrando tendenze suicide. A soli 16 anni decise di abbandonare gli studi e di iniziare a lavorare, saltuariamente, in diversi ambiti.

Nel 1992, Luis Garavito inizia a compiere i suoi primi omicidi, tra i più crudeli nei casi true crime, protratti per 8 anni, periodo in cui ha ucciso 140 persone. Il criminale, per adescare le vittime, si fingeva portatore di handicap, si travestiva anche da monaco, da mendicante o da rappresentante di un ente umanitario per avere accesso nelle scuole. Le sue vittime erano soprattutto bambini e ragazzi tra gli 8 e i 16 anni, piccole vittime che immobilizzava con corde di nylon, per poi stuprarli, torturarli, mutilarli e infine ucciderli tagliandogli la gola e decapitandoli. Per ogni vittima, seguiva gli stessi passaggi in maniera ossessiva, riportando le dinamiche su un diario personale. La polizia non si impegnava molto nelle ricerche, perché le vittime erano scelte accuratamente dal serial killer; erano bambini e ragazzi di famiglie povere. La sua condanna, a seguito della diagnosi di psicopatico con alterazioni mentali con un forte desiderio di vendetta verso la famiglia, è stata di 52 anni di carcere per un solo omicidio, non essendo contemplata la pena di morte in Colombia.

John Wayne Gacy: il killer clown che terrorizzò l’America

Un altro tra i casi true crime più crudeli è quello del serial killer americano John Wayne Gacy Jr, conosciuto come Pogo il clown, che tra il 1972 e il 1978 ha ucciso circa 33 vittime di sesso maschile. Il serial killer nasce nel 1942 a Chicago ed è il secondo di tre figli. La sua infanzia è stata orchestrata da abusi e traumi. Il padre era un’alcolista, che abusava del figlio sia psicologicamente che fisicamente, cercando di punirlo per la sua mancanza di mascolinità e perché era in sovrappeso. Un amico di famiglia abusa di John, che all’epoca aveva soli 9 anni, e all’età di 11 anni ha una brutta caduta che gli procurerà mal di testa cronici.

Crescendo, John svolge la sua vita come qualsiasi altra persona, nessuno poteva immaginare che sarebbe entrato a far parte dei casi true crime peggiori: si laurea in economia e commercio, si interessa di politica e sposa Marlynn Myers con cui avrà due bambini. Dopo la nascita dei figli, John inizia ad avere comportamenti aggressivi, dettati dalla repressione della propria sessualità, che sfoceranno in molestie sessuali su alcuni adolescenti. John viene arrestato e lasciato dalla moglie. L’episodio che diede inizio alla sua carriera da serial killer, fu l’incontro con Timothy McCoy, di 15 anni, che accettò di passare una notte con John, notte che si concluse con la sua morte. John, in seguito, ammetterà di aver provato piacere nell’uccidere quel ragazzo, di cui aveva nascosto i resti nel pavimento della cantina, cosa che farà con il corpo di tutte le altre vittime, che subivano lo stesso trattamento: rapite, torturate, stuprate e poi uccise. L’ultima vittima di Gacy fu Robert Piest, un fattorino della farmacia che era stata da poco ristrutturata proprio dall’impresa di Gacy. Grazie a questo indizio, la polizia riuscì ad incastrare il serial killer, che venne condannato a morte in Illinois per gli omicidi di 33 giovani. Ancora oggi, la polizia cerca di effettuare il riconoscimento delle vittime, dato che alcune sono rimaste ignote.

Le violenze subite da bambino hanno contribuito a creare il suo profilo da serial killer: un manipolatore, estremamente intelligente e socialmente attivo, che associava il piacere sessuale alla violenza fisica. Un vero e proprio mostro.

I Moors Murders: la coppia diabolica che sconvolse l’Inghilterra

L’ultimo scelto, non perché meno crudele degli altri, tra i casi true crime è quello dei Moors Murders. I Moors Murders sono una serie di delitti che sconvolsero la Gran Bretagna degli anni ‘60, compiuti dai due serial killer Ian Brady e Myra Hindley tra il luglio 1963 e l’ottobre 1965, nella zona della Greater Manchester. Le vittime di questi spietati criminali furono cinque, bambini e adolescenti tra i 10 e i 17 anni: Pauline Reade, John Kilbride, Keith Bennett, Lesley Ann Downey e Edward Evans, di cui quattro sono stati violentati. Gli omicidi furono denominati come i “delitti delle brughiere” in quanto i corpi venivano sepolti nelle brughiere.

Brady e Hindley desideravano commettere il delitto perfetto e per farlo avevano bisogno della vittima ideale. La loro scelta furono bambini, bambine o adolescenti. Ciò che facevano alle vittime era orribile: venivano violentate brutalmente, per poi finire con la gola tagliata o per essere strangolate e uccise. Una delle vittime, Lesley Ann Downey, di dieci anni, venne legata e costretta a posare per delle foto pornografiche, prima di essere violentata e uccisa. Dopo l’arresto, i due criminali, raccontarono che la bambina piangeva e invocava la madre, un particolare che spezza il cuore, ma non ai due che le hanno inflitto questa sofferenza.

Myra Hindley non venne arrestata insieme a Brady il 20 ottobre 1966, ma pochi giorni dopo. Furono condannati all’ergastolo, e le indagini successive portarono alla scoperta di altri dettagli raccapriccianti sui loro crimini.

Oltre la crudeltà: l’importanza di ricordare e riflettere sui casi true crime

I casi true crime vanno raccontati per diffondere consapevolezza e per far sì che orrori del genere non succedano più. È fondamentale ricordare le vittime, onorare la loro memoria e riflettere sulle cause profonde di questi crimini, per cercare di prevenirli in futuro.

Fonte immagine: Wikimedia Commons

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