Fake news e disinformazione corrono più veloci della verità. Il fact-checking è uno strumento essenziale per difendersi e navigare consapevolmente nel mare torbido dell’informazione.
Informazioni che corrono veloci come il wifi di un vicino di casa, notizie false che si diffondono più rapidamente di un’influenza stagionale e la fiducia nel giornalismo messa a dura prova. Il risultato di contesti in cui vige la libera circolazione di qualsivoglia informazione che dà l’illusione di libertà, è che ormai chiunque può reinventarsi giornalista con un post, una manciata di emoji e magari una minima competenza grafica per realizzare slide convincenti. Il risultato è un disastro informativo senza precedenti. Per tali motivi, oggi il fact-checking non è più un optional, ma una necessità.
Ecco qualche dritta per non cadere vittime della disinformazione e non esserne inconsapevolmente complici.
1. Controllare la fonte
Una fonte è il principio da cui sgorga l’informazione. L’origine di una storia, di una serie di dati e di informazioni utili. Una fonte può essere una persona, un’istituzione, un documento. Fare fact-checking significa innanzitutto comprendere che non tutte le fonti sono uguali e affidabili e non basta sapere da dove viene una notizia per poter dire di avere fonti affidabili. In parole semplici, “l’ho letto su Facebook”, “lo ha detto un influencer su Instagram” non contano come fonti affidabili. Bisogna andare più in profondità.
Accettare tutto ad occhi chiusi solo perché viene condiviso o detto da qualcuno di cui si ha una certa stima o a cui ci si sente emotivamente legati, ora più che mai è deleterio. Prima di credere ad una notizia o, peggio, condividerla, meglio riflettere con domande semplici ma basilari:
Chi l’ha detto? Come lo sa? Ci sono prove o è solo una tesi da tavolino?
Le fake news o immagini e articoli non veritieri realizzati con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale giocano con le emozioni, soprattutto paura e rabbia, perché sono le più cliccabili. Una volta caduti in questo baratro, è difficile riacquistare la lucidità.
2. Verificare il sito
Un passaggio fondamentale è assicurarsi che la notizia arrivi da siti affidabili e riconosciuti: evitare, ad esempio, quelli che hanno un nome che suona come uno scherzo o che imita testate famose con nomi parodia. Successivamente, controllare sempre chi gestisce il sito: se non si trova neanche un nome, forse c’è un motivo.
Non tutti i siti di notizie sono delle testate giornalistiche regolarmente registrate, ma ciò non significa che, automaticamente, diffondano notizie false. La cosa imprescindibile, però, è avere i riferimenti di chi cura il sito: se gli autori degli articoli e i gestori non sono identificabili e rintracciabili, meglio cercare fonti più chiare.
Inoltre, il fact-checking insegna che fidarsi di una fonte attendibile è bene, ma fidarsi di una sola fonte è pericoloso. Se solo un sito sta parlando di quella “grande verità” che nessun altro ha osato raccontare, forse c’è una ragione. Fare una rapida ricerca su Google o controllare fonti autorevoli può risparmiare scivoloni.
3. Fact-checking: diffidare dei titoli sensazionalistici
L’informazione non è tutta uno scoop. Titoli come “shock! incredibile! nessuno ve lo dice!” debbono destare sospetto. Basta una simile impostazione per capire che il contenuto potrebbe valere meno di una banconota da tre euro. È la regola aurea di chi vuole fare fact-checking. A volte, però, i titoli hanno un che di sensazionalistico utilizzato in modo strumentale a scopo “bonario” poiché, si sa, la guerra dell’informazione per accaparrarsi l’attenzione del lettore è ora più che mai aperta. È necessario, quindi, leggere l’articolo, non solo il titolo: dare una possibilità alla notizia anche se il titolo può sembrare vagamente clickbait, ma se poi ci si accorge che non c’è sostanza, chiudere la pagina e passare oltre.
4. Verificare le date
Anche le notizie hanno una scadenza, non a caso si parla di “dieta mediatica”. Una notizia può essere vera ma vecchia come un modem 56k. Chi fa fact-checking sa benissimo che una storia può essere certamente vera, ma che i fatti possono non essere più attuali ed applicabili ai contesti odierni e questo potrebbe cambiarne di gran lunga la lettura e l’interpretazione.
Controllare sempre la data di pubblicazione, quindi, poiché il fatto che qualcuno la stia condividendo oggi non significa che sia successa ieri.
5. Fact-checking sulle immagini
I contenuti visivi sono potenti, ma anche facili da manipolare. È molto utile usare strumenti come la ricerca per immagini su Google o altri servizi per il reverse imaging per vedere se quella foto è già stata usata in altri contesti. E quasi sempre lo è, quindi, occhi ben aperti.
Inoltre, chiedersi se davvero quella immagine utilizzata è correlata alla notizia può essere fondamentale per distinguerne una vera da una potenzialmente impacchettata ad arte: spesso le immagini non sono correlate alla notizia ma utilizzate al solo fine di destare scalpore e scatenare le condivisioni. È molto diffusa, specie oggigiorno, la convinzione che le immagini, seppur non correlate e fuori contesto, siano comunque un modo “lecito” per canalizzare l’attenzione del lettore. Si tratta della visione banalizzante del “non importa che sia vera o no, ma che faccia parlare di questo fenomeno importantissimo!”. Ciò è profondamente sbagliato, poiché normalizza l’uso improprio di immagini e ganci emotivi e incoraggia la diffusione di contenuti falsi.
Un esempio pratico: viene data notizia di una nuova riforma scolastica. Presumibilmente all’interno dell’articolo verrà utilizzata l’immagine di un’aula o di ragazzi all’uscita di scuola. Tale immagine, seppur non correlata con chi ha fatto la riforma, contestualizza la notizia.
Diverso è il caso della notizia di un bombardamento di una città che reca l’immagine di un quartiere raso al suolo. In tal caso, un’immagine “generica” o di una città differente appiccicata all’articolo è foriera di disinformazione e va attenzionata.
Il pericolo è dietro l’angolo: è così che una storia totalmente inventata che racconta di una fantasiosa rapina ai danni di un’anziana, può diventare lecita in quanto “fa parlare delle rapine agli anziani” o l’immagine di una città rasa al suolo risalente ad un conflitto di decenni fa e associata ad un conflitto attuale, può essere legittimata dal fatto che “fa parlare delle atrocità della guerra”.
Condividere è una responsabilità, non un passatempo
Ogni volta che si clicca “condividi”, si aggiunge potenzialmente un pezzetto al disastro informativo globale. Meglio farlo con razionalità, o non farlo affatto. Il fact-checking può essere dispendioso e per certi versi fastidioso, in quanto alcune vicende vanno a toccare le corde intime delle credenze e dei valori personali di ognuno. Ma è un’attività necessaria per la buona informazione. Se è vero che non tutti possono improvvisarsi giornalisti da un giorno all’altro, è vero anche che il fact-checking, invece, può e deve essere davvero alla portata di tutti.
Fonte immagine in evidenza: Pixabay