Videogiochi, Italo Calvino e James Joyce; quando il mondo videoludico è fortemente debitore alla letteratura novecentesca
Gli attuali videogiochi di ultima generazione, con trame sviluppate e una maggior cura per i dialoghi e per le scenografie oltre che per la progettazione, vengono sempre più spesso accostati a prodotti artistici al pari di canzoni o film.
Per quanto sembri assurdo, esiste un sottile legame che collega la letteratura, quella modernista e post-modernista, all’industria videoludica e questo sembra sempre più evidente, infatti molti videogames recenti hanno caratteristiche in comune con alcune tecniche narrative di molti romanzi novecenteschi e alcuni scrittori hanno anticipato l’avvento del mondo digitale.
Videogiochi e letteratura; i molti esempi di adattamento da testi letterari
Diversi videogiochi sono tratti da opere letterarie; è il caso della serie Ubisoft Rainbow Six tratta dall’omonima serie di romanzi dello scrittore di thriller Tom Clancy (autore di best-seller come La grande fuga dell’Ottobre Rosso e Senza Rimorso), la serie The Witcher tratta dai romanzi fantasy dell’autore polacco Andrej Sapkowski, la serie di avventure grafiche di Sherlock Holmes della Frogwares tratta dai racconti e romanzi di Arthur Conan Doyle oppure Dante’s Inferno come riadattamento della Divina Commedia in chiave fantasy e horror.
Non mancano i casi di influenze meno palesi: Assassin’s Creed risente dell’influenza del romanzo Alamut che narra le vicende della Setta dei Nizariti, oppure la serie God of War si ispira alla mitologia greca e a quella nordica. Altrimenti abbiamo casi di videogiochi storici ambientati in determinate epoche perfettamente ricostruite con l’aiuto di storici, il caso della trilogia di Prince of Persia: le sabbie del tempo ambientato nella Persia medievale oppure Ghost of Tsushima nel Giappone feudale durante le invasioni dei Mongoli.
James Joyce, lo scrittore irlandese che ha predetto l’era digitale con le sue opere
Uno dei primi scrittori ad aver predetto il mondo dei videogiochi è l’irlandese James Joyce. Autore della raccolta di racconti Gente di Dublino (1914), dei romanzi L’Ulisse (1922) e Finnegan’s Wake (1939), il giornalista e autore modernista ha anticipato l’era informatica e la nuova comunicazione nei suoi romanzi.
L’esempio più palese è proprio nell’Ulisse, dove Joyce cerca di adottare diversi linguaggi espressivi nel narrare la vicenda di Stephen Dedalus, Leopold Bloom e Molly. Nell’episodio di Circe, l’autore utilizza la forma di sceneggiatura teatrale, nell’episodio di Eolo si riprende il modello di scrittura giornalistica mentre quello delle Mandrie del Sole risente dell’intera produzione letteraria inglese dal Medioevo ai primi del Novecento.
L’intento di Joyce col suo romanzo è di rappresentare la modernità che ha cambiato la realtà circostante e la sua percezione. D’altronde le scoperte di Albert Einstein in merito alla Teoria della relatività e quelle di Sigmund Freud sulla psiche hanno ribadito che l’uomo non ha una conoscenza certa della realtà circostante, la quale appare mutevole. Una crisi che ha distrutto l’individuo provocandogli nevrosi a cui si aggiunge l’imminente arrivo del moderno (cinema, telefoni, treni a vapore, automobili, luci delle città) che ha l’effetto di amplificare lo shock.
Proprio come un videogioco alterna fasi interattive a cut-scene (quelle non interattive), il romanzo di Joyce ci presenta diversi modi di comunicare con parti da romanzo e altre con diversi metodi di comunicazione ispirate ai media dell’epoca (radio, cinema e giornale). Così come nei videogiochi abbiamo la presenza di un sottofondo musicale anche nel romanzo dell’Ulisse Joyce cerca di produrre una musicalità per accompagnare le azioni dei protagonisti come nell’episodio delle Sirene.
Insomma, James Joyce ha predetto l’attuale mondo dell’informatica, come riferito dal filosofo Jacques Derrida con le seguenti parole: «L’attuale tecnologia dei nostri computer [….] resta un bricolage, un gingillo antidiluviano rispetto all’Ulisse e al Finnegan’s Wake, questo computer della millesima generazione». Philip K. Dick inoltre afferma: «Joyce era collegato a una conoscenza cosmica da cui ha tratto l’ispirazione per l’intero corpus delle sue opere». Per l’anglista Enrico Terrioni l’allucinazione psicodelica è comprendere che il nostro mondo è un algoritmo.
«Credo che gli scrittori sperimentali moderni e post moderni, come Joyce, Beckett, Paley, Barthelme, e Lydia Davis, offrono la migliore preparazione per imparare a scrivere per i video giochi. Capire i loro metodi unici migliorerà la qualità della vostra scrittura, e vi abituerà a pensare fuori dagli schemi.»
Questo è quanto affermato da Darby McDevitt, l’editor di una delle saghe videoludiche più famose, Assassin’s Creed, in una propria dichiarazione riportata dal sito Game Industry Career Guide.
Insomma, anche lo scrittore Joyce e il drammaturgo Beckett possono essere d’ispirazione per la stesura della trama di un videogioco.
Le nuove forme della comunicazione anticipate da Italo Calvino con le sue ultime opere.
Anche nella letteratura nostrana abbiamo il caso di uno scrittore e pensatore che ha anticipato l’avvento del digitale. Si tratta di Italo Calvino, autore di opere come Il sentiero dei nidi di ragno (1947), Marcovaldo (1963), la trilogia I nostri antenati e La giornata d’uno scrutatore (1963).
In questo caso bisogna prendere in considerazione la produzione di Calvino dopo gli anni Sessanta, quando incontrò le teorie di narratologia espresse da Roland Barthes e Jorge Louis Borges. Tali teorie avevano come base l’idea che l’uomo non può conoscere la realtà, piuttosto cerca dei mezzi per adattarsi ad essa e provarla a reinterpretare, così anche il testo letterario va studiato secondo tale approccio.
È il caso del romanzo Il castello dei destini incrociati (1973) dove Calvino prova a raccontare una vicenda seguendo un nuovo escamotage: quello di usare le carte dei tarocchi. I protagonisti del romanzo sono un gruppo di viandanti medioevali che si ritrovano in una taverna (le ambientazione, la narrazione con cornice e lo stile si rifà ai Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer e al Decameron di Giovanni Boccaccio) ma a causa di un evento improvviso tutti gli avventori della locanda perdono la facoltà di parlare. Così decidono di usare le carte dei tarocchi per raccontare le proprie storie ma la lettura delle carte può avvenire in modo diverso a seconda della disposizione.
Questa scelta che permette di creare percorsi diversi la si ritrova anche nei videogiochi; esempio in casi come Assassin’s Creed, GTA, Prince of Persia o Il professor Layton il giocatore può scegliere quali missioni compiere oppure scegliere un determinato approccio al gioco.
Infine abbiamo una delle opere meta-letterarie uniche nella caso della letteratura italiana, Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) dove il mondo della letteratura diventa un gioco. Il protagonista (chiamato semplicemente “il Lettore”) acquista l’ultimo libro di Calvino Se una notte d’inverno ma quando lo apre scopre che il primo capitolo, forse per un errore di impaginazione, si ripete all’infinito per tutto il volume. Torna in libreria per restituirlo e incontra Ludmilla, una ragazzina che ha acquistato lo stesso libro e ha notato il medesimo errore. Così i due partono per una grande avventura fantastica alla scoperta di un segreto che lega questo e altri libri con capitoli che si ripetono. Così come Calvino ha creato un legame con il lettore lo stesso hanno fatto gli editor dei videogiochi come Darby McDevitt (Assassin’s Creed), Hideo Kojiima (Metal Gear Solid) o Jordan Mechner (Prince of Persia) nei confronti del grande pubblico di gamers.
Insomma, con l’avvento dei videogiochi di nuova generazione come Ghost of Tsushima, Assassin’s Creed Valhalla o The Last of Us II hanno mostrato al pubblico che oramai il mondo dei videogiochi vuole prendersi sul serio e vuole dimostrare la maestria dei suoi programmatori e dei suoi writers, così lo fa seguendo gli insegnamenti di alcuni scrittori del Novecento che hanno profetizzato l’arrivo del mondo e della cultura digitale.
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