L’algoritmo nello streaming influenza i nostri gusti ostacolando la scoperta di nuovi contenuti. Questo meccanismo condiziona anche artisti e creatività, privilegiando prodotti virali e omologando il panorama culturale.
Le piattaforme di streaming come Spotify e Netflix sembrano quasi conoscerci meglio dei nostri stessi familiari. Esse analizzano attraverso gli algoritmi ciò che ascoltiamo e guardiamo più frequentemente, per poi proporci nuovi contenuti in linea con i nostri gusti. Questo meccanismo, per quanto abbia rivoluzionato e facilitato la ricerca di prodotti artistici con noi compatibili, ha anche un grande lato meno vantaggioso: l’algoritmo nello streaming ci intrappola in una cosiddetta “echo chamber” di suggerimenti che ci propone solo ciò che è simile a quello che già conosciamo e a ciò che ci piace. Questo fenomeno è chiamato “filter bubble”, e può ridurre la nostra esposizione a generi e settori diversi e ad esperienze culturali più variegate. Oggi, molte persone tendono a guardare gli stessi film o ad ascoltare generi musicali simili perché i suggerimenti algoritmici portano a un’omogeneizzazione dei gusti culturali, rappresentando un limite verso la scoperta di qualcosa di veramente nuovo.
L’effetto dell’algoritmo nello streaming sugli artisti e sulla creatività
Purtroppo, dinamiche come questa creata dall’algoritmo nello streaming condizionano sia gli utenti sia gli artisti, poiché dipendono da quest’ultimi. Le piattaforme tendono a far visualizzare i contenuti più virali, lasciando poco spazio a musicisti emergenti o a produzioni di nicchia, e ciò negli anni ha causato nell’arte un’esaltazione della forma del prodotto artistico piuttosto che del contenuto. Inoltre, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle produzioni musicali ha aiutato molti artisti indipendenti ad emergere ma, allo stesso tempo, ha omologato ancor di più il panorama musicale. Tutto ciò succede perché il cervello tende a utilizzare meno possibile le energie cognitive che servono per sperimentare qualcosa di nuovo e tende a preferire prodotti che già conosce o almeno che gli sono familiari. Senza dubbio, le case produttrici riconoscono queste caratteristiche e utilizzano strategie basate su questo meccanismo, ottenendo successo assicurato. Qui, si può chiaramente notare come l’utente stia perdendo il potere di scelta su cosa guardare ed ascoltare e, soprattutto, come il successo di un artista si sia ridotto più ad un calcolo statistico piuttosto che al suo valore artistico e personale.
Come uscire dalla bolla e riscoprire la varietà culturale
La nostra libertà di scelta può essere mantenuta attiva anche dove l’intrattenimento è dominato dall’algoritmo. Una delle soluzioni potrebbe essere cercare attivamente nuovi artisti e generi senza affidarci esclusivamente ai suggerimenti delle piattaforme e/o delle persone che ci circondano. Si possono esplorare playlist create e curate da persone reali, partecipare a festival in cui vengono esaltati più generi musicali, guardare film indipendenti o chiedere consigli a community online, in cui, data l’enorme mole di persone che le frequentano, si possono avere pareri molto diversi tra loro. Anche le piattaforme stesse potrebbero contribuire, rendendo gli algoritmi più trasparenti e incentivando la scoperta di contenuti meno noti. Ma, in fondo, il vero valore della cultura è nella sua varietà e nella possibilità di sorprenderci ed emozionarci. L’arte è nata per esprimere ciò che normalmente non viene espresso in modo convenzionale: non si può lasciare le un algoritmo scelga al posto nostro. Essere curiosi e sperimentare è ancora il miglior modo per arricchire i nostri gusti e scoprire qualcosa di veramente nuovo.
Fonte immagine: Freepik.com