L’uso dei filtri sui social è così frequente che oggigiorno è difficile distinguere una foto in cui sono stati alterati i tratti del viso e una naturale. Ma perché gli utenti del web usano così tanti filtri e quali sono le conseguenze psicosociali di un utilizzo così smodato?
Le piattaforme social molto spesso contengono già tra le proprie opzioni quella di applicare filtri alle foto scattate, Instagram ne è un esempio. Tali filtri possono essere di diverso tipo ed applicabili anche ai video. Dal semplice filtro che illumina il volto a quello che, basato su sistemi di realtà aumentata, crea veri e propri make-up, l’uso dei filtri sui social è diventata ormai pratica comune e socialmente accettata. Tali sistemi sono diventati così sofisticati che spesso sono indistinguibili dalla realtà.
I filtri di piattaforme come Instagram e Snapchat, ad esempio, si sono evoluti così tanto da passare da cappellini e simpatiche orecchie di animali da applicarsi sul viso per girare video buffi, a trasformazioni molto elaborate dei colori e delle forme del volto e del corpo intero.
È possibile, infatti, cambiare anche le proporzioni del viso per rispecchiare canoni di bellezza standard. Secondo uno studio del 2021 firmato City University of London, magrezza e pulizia del viso, naso piccolo, labbra carnose e occhi grandi sono tra le modifiche più quotate da chi usa i filtri sui social.
Il filtro della Body Positivity
Quando l’uso dei filtri sui social ha lo scopo di alterare la propria immagine, si rischia di perdere il contatto con il reale aspetto di sé. Quando l’utilizzo non è più ludico e sporadico ma accompagna ogni pubblicazione di contenuti sui social, l’effetto che si ottiene è una dissociazione da ciò che si vede allo specchio, poiché le aspettative sulla propria immagine inevitabilmente cambiano.
Iniziano quindi a farsi strada pensieri dettati dall’autostima carente e cambia il modo in cui si percepisce se stessi.
Si inizia ad usare filtri per foto e video un po’ per gioco, ma il più delle volte lo si fa per apparire migliori agli occhi altrui. Un filtro levigante, effettivamente, rende il viso più proporzionato e aderente agli standard di bellezza che la fanno da padrone, nonostante le guerre social in merito al body shaming e l’innalzamento di concetti complessi quali body positive e accettazione di sé.
Non a caso, molti degli influencer o guru a vario titolo che sui social sono impegnati nella lotta per l’auto-accettazione del proprio corpo, lo fanno attraverso video e foto in cui utilizzano filtri che li rendono appetibili per gli altri e irriconoscibili a sé. È per questo motivo che più ci si espone alla bellezza, più ci si fa del male senza saperlo.
Gli effetti dell’uso dei filtri sui social
Più si ritocca la propria immagine, più si soffre per ciò che in realtà si è, poiché i filtri che abbelliscono secondo canoni estetici standard, rafforzano idee di bellezza non aderenti alla realtà. Ciò che appare chiaro è che esiste una forte correlazione tra immagine del corpo negativa e l’uso eccessivo di filtri che alterano i tratti fisici.
L’elemento da indagare maggiormente, invece, è la direzione di tale correlazione. Capire, cioè, se la bassa autostima delle persone è dovuta alla costante alterazione del proprio aspetto tramite i filtri o se le persone che hanno già una scarsa autostima sono più propense ad usare filtri.
L’insoddisfazione relativa al proprio aspetto fisico nella vita quotidiana si traduce spesso in ricorsi alla chirurgia estetica: l’uso dei filtri sui social dà un’idea di come potrebbero essere, ad esempio, le proprie labbra se fossero più carnose e di come sarebbe avere un naso più piccolo. E siccome gran parte dell’esistenza umana oggi si gioca sulle piattaforme social, abituarsi all’uso di tali filtri ed “affezionarsi” al proprio nuovo aspetto è molto facile.
L’uso massivo dei filtri sui social, inoltre, è un predittore importante per varie condizioni, come disturbi alimentari, disturbi d’ansia e depressione.
Cosa possono fare le piattaforme social?
Le piattaforme social hanno un grande potere di influenzare le vite di chi ne fruisce, ma non ci sono soluzioni che possano essere applicate in modo semplice, anche alla luce del fatto che è proprio sulle suddette piattaforme che si mette in scena il dramma corporeo.
Una strategia utile potrebbe essere, ad esempio, quella di far sì che l’algoritmo proponga contenuti più variegati e non omologati ad uno stesso standard.
A dispetto dell’esistenza del social BeReal, la cui mission è quella di mostrare la vita così com’è, non sembra pensabile eliminare dai social i filtri che alterano i tratti del corpo. Già Instagram e Facebook, però, hanno iniziato a mettere in pratica delle manovre per limitarne l’uso e i tool open-source per la creazione dei filtri, sebbene siano presenti, non sono tra i contenuti suggeriti in galleria. Questi, insieme ai filtri per creare il make-up, sono comunque ricercabili.
Le piattaforme potrebbero avviare campagne educative per promuovere l’uso consapevole e responsabile dei filtri sui social. Tali campagne potrebbero evidenziare l’importanza dell’autenticità e dell’accettazione di sé e, per non trasmettere messaggi dissonanti, potrebbero essere condotte da influencer o guru della rete che, per la registrazione dei propri contenuti, non utilizzano filtri distorcenti.
Sarebbe utile, inoltre, implementare un sistema che segnali quando un filtro che altera l’aspetto fisico è stato applicato a una foto o ad un video. Questo potrebbe aiutare gli utenti a capire che l’immagine che stanno vedendo non è l’aspetto naturale della persona.
La chiave per attuare queste misure sta nel trovare un equilibrio tra la libertà di espressione degli utenti e la protezione della salute mentale e del benessere degli stessi.
I social, però, non possono dirsi responsabili della sofferenza delle persone in merito al proprio aspetto fisico: molti dei problemi che sorgono sulle piattaforme social, infatti, derivano dalle motivazioni e dai desideri che gli esseri umani sperimentano nelle loro vite quotidiane. Le persone hanno sempre desiderato apparire piacenti agli occhi altrui ed è sempre stata una sofferenza guardarsi allo specchio e percepirsi intimamente sgradevoli. I social media hanno solo fornito degli strumenti per controllare il proprio modo di apparire che, se non usato in modo consono, può tramutarsi in un’arma di auto-sabotaggio.
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