Dune, alla scoperta dell’imminente film basato sulla saga fantascientifica di Herbert grazie al saggio di Filippo Rossi
Dune è il nuovo film kolossal di fantascienza diretto da Denis Villenueve (tratto dal romanzo dello scrittore statunitense Frank Herbert) che sarà presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il 3 settembre. Tra i protagonisti di questa nuova avventura dal sapore epico abbiamo Timothèe Chalamet, Zendaya, Rebecca Fergurson, Josh Brolin, Oscar Isaacs, Dave Bautista, Javier Bardem e Jason Momoa.
Per poter approfondire e scoprire il mondo immaginario creato da Herbert, il saggista Filippo Rossi ha realizzato un volume: “Dune- Tra le sabbie del mito” pubblicato il 25 febbraio 2021 da Edizioni NPE. L’autore, dopo aver raccontato il mondo di Star Wars nei saggi “La Forza sia con voi – Storia, simboli e significati della saga di Star Wars” (2015, scritto con Paolo Gulisano), “Tutte le Guerre Stellari – La metafisica della Forza nella saga di Star Wars” (2020) e quello dedicato a Superman con “Super – Ottant’anni del primo supereroe: da Nembo Kid a Superman” (2018), ha deciso affascinare i nerd di oggi con questa epopea spaziale scritta da Herbert.
Come prima domanda le volevo chiedere in che modo avesse conosciuto il ciclo di Dune dello scrittore americano Frank Herbert?
Nel 1986 avevo quindici anni e aprivo per la prima volta il libro Dune di Frank Herbert. L’avevo ordinato sul vecchio catalogo di distribuzione postale Euroclub, al quale era abbonata mia madre, poiché attratto dalla copertina (tratta dal poster del film di David Lynch, datato 1984) e dal riassunto della trama. In quel grande romanzo del 1965, capostipite della saga fantascientifica omonima, il protagonista Paul Atreides ha la stessa età: quindici anni. Cosa che ovviamente mi coinvolse nel profondo. In un paio di anni ho completato la lettura dell’esalogia letteraria originale, condendola con la visione dello storico, controverso film di Lynch. Nel tempo le riletture e le condivisioni si sono moltiplicate.
Il lavoro per le Edizioni NPE esce al compiersi esatto dei miei cinquant’anni. Quest’anno, in autunno, a un secolo dalla nascita di Herbert (classe 1920), uscirà il film kolossal del grande regista canadese Denis Villeneuve tratto proprio dal primo Dune. Essendo io un appassionato di cinema, si tratta della realizzazione del pluri-decennale sogno di un’opera cinematografica tratta dal mio libro più amato che sia ambiziosa, ma soprattutto fedele e rispettosa.
In questo incredibile meccanismo di coincidenze, che ovviamente coincidenze non possono essere, ho dunque ho costruito un saggio molto vasto. L’idea alla base è l’omaggio tanto alle mie fantasie giovanili, quanto ai maestri che mi hanno aiutato a realizzarle, facendomi uomo. L’obiettivo è seguire le profetiche tracce tra le dune di Paul “Muad’Dib” Atreides e dei suoi figli, per comprendere l’ossessione e distinguere le visioni dai miraggi.
Perché ha deciso di scrivere un saggio dedicato a questa saga fantascientifica ?
Il primo romanzo di Herbert è considerato il best-seller della fantascienza, il libro più venduto e più popolare del genere. È molto importante perché la fanta-filosofia, alla base anche del boom cinematografico di Star Wars, nasce dalla fantascienza di Dune. Credo che tutti, piaccia o meno questa forma di racconto, dovrebbero affrontare la saga duniana perché si va oltre la fantascienza in sé. È una critica sociale, un’indagine sull’umanità e sull’essere umano. Un lavoro simile può essere accostato alle opere dei grandi. Se un tempo venne scritta la Divina Commedia, oggi abbiamo il complesso di Dune, che ci darà modo di discutere nei secoli a venire.
Nei decenni che si sono susseguiti alla primissima lettura adolescenziale di Dune e dei tanti seguiti, a ogni rilettura ho sentito sempre di più il bisogno di un approccio analitico sia ai complicati testi originali di Herbert, che alle tante opere multimediali ispirate a essi. Il saggio è la risposta a questa necessità, oserei dire vitale.
Dopo aver scritto tre libri sul Fantastico, dedicati a Star Wars e Superman e Supereroi, la lunga lavorazione e l’uscita sposata causa Covid-19 al 2021 del nuovo film Dune di Denis Villeneuve (e, nel frattempo, dei tanti libri sequel del figlio Brian Herbert) è stata l’occasione per raccogliere il materiale accumulato in una vita di studio. Il saggio che ho scritto è l’espressione cosciente di un percorso che ho intrapreso nei decenni, lungo questo enorme ciclo di romanzi. L’idea è infatti nata proprio trentacinque anni fa.
La passione ha sostenuto la creazione della mia opera, stimolando l’approfondimento su ogni singolo dettaglio del ciclo, partendo dai riferimenti da William Shakespeare fino a Carl Gustav Jung, passando per le musiche o i giochi ispirati alle opere di Frank Herbert.
Ho scritto e corretto il saggio anche durante il lockdown della rivoluzionaria pandemia Covid-19, esperienza di pseudo “reclusione” per il bene degli altri. Questo sacrificio socialmente benigno è un evento che ci sta rendendo consapevoli in chiave reale di molti dei temi ecologici, politici, etici e geopolitici affrontati fin da metà Novecento, in chiave speculativa, da Frank Herbert con Dune. Con l’antropologia non si scherza mai. Le ultime fasi della stesura del mio saggio riflettono un nuovo mondo, che speriamo di veder sorgere da questo terribile biennio. L’inizio dopo la catastrofe.
La mia è una ricerca puntigliosa, forsennata e maniacale durata decenni, condotta in tutto il mondo, su numerose piattaforme, diversi ambiti e in varie modalità, analizzando le influenze ricevute e trasmesse, sviscerando ogni più intuitivo collegamento multidisciplinare, in particolare sui temi relativi a religione, psicologia, filosofia, scienze biologiche, fisica teorica. Sono in particolare molto orgoglioso delle numerose illustrazioni che ho realizzato in prima persona, frutto di un portfolio personale tematico, cresciuto nel corso degli anni e già apprezzato dagli addetti ai lavori nel campo del fumetto e dell’illustrazione. Queste si uniscono a molti altri esempi di arte mondiale duniana, fornendo un supporto grafico imprescindibile per cogliere le infinite suggestioni del ciclo di Herbert.
La serie di Dune tratta di molti temi tra cui l’ecologia (il rapporto fra i Fremen e il pianeta Arrakis) nonché il tema dell’imperialismo statunitense (la conquista di Arrakis da parte del Duca Leto), insomma Herbert ci aveva avvisato già negli anni Sessanta?
Il romanzo Dune (1965) è un capolavoro fantascientifico che rappresenta un Universo narrativo dalla sorprendente modernità. Scienze ambientali e importanza dei personaggi, analisi storica e avventura classica: nella desertificazione della tecnologia operata dall’autore vengono esaltati gli infiniti granelli sabbiosi di uomini e donne, in un’opera di finzione scientifica profondamente umanista.
È un ciclo estremamente importante e attuale, una sorta di corpus iniziatico. Rivela ulteriori significati a ogni nuova lettura, con il procedere della nostra vita e con il susseguirsi frenetico di questa era umana. Ci aiuta ad andare oltre i soliti parametri di riferimento, capendo altre realtà affiancate alla conosciuta.
Infrange tutto un modo di vedere le cose nella nostra società. Ci fa vedere la realtà, politica e sociologica, in maniere totalmente diverse.
Dune può e deve preconizzare la nostra fine come esseri umani, se si insiste ad accettare l’egemonia di algoritmi che razziano le nostre preferenze, riducendoci a bestie da macello immagazzinate negli archivi degli uffici marketing.
Oggi Denis Villeneuve ha l’occasione irripetibile di seguire l’esempio di Frank Herbert e spingere forte sulla questione del Jihad Butleriano, il fulcro del libro che sta alla base antecedente la sua Storia di finzione. Si tratta del rifiuto della mente ricostruita in silicio, in favore dell’esaltazione delle capacità biologiche senza il supporto delle macchine. Oggi imperversa l’entusiasmo acritico per ogni passo scientifico verso l’intelligenza artificiale; Dune ferma tutto e impone una riflessione, puntando sulle droghe organiche e le cure biologiche per ampliare le potenzialità dell’Uomo.
L’opera herbertiana tratta mille altri temi necessari. I Fremen sono migranti che rivoluzionano un mondo “occidentale” imbalsamato. Lo spot ecologico si affianca al trionfo della protesta dell’adolescente attivista svedese Greta Thunberg sui cambiamenti climatici. La critica al disprezzo ignorante che i privilegiati imperiali mostrano nei confronti della maggioranza disagiata ma consapevole avviene nel massimo storico delle disuguaglianze globali. La forza delle donne Bene Gesserit pare rispondere alla piaga dei femminicidi e alla lotta per le pari opportunità. Sono solo alcuni esempi…
La saga di Dune è costellata dalle metafore positive di dinamismo e da quelle negative di staticità. Paul Atreides, prevedendo nel breve periodo di causare oltre sessanta miliardi di vittime, vorrebbe evitare la grande migrazione violenta del Jihad di Muad’Dib, ma non può farlo. La direzione nella quale la tirannia del figlio Leto II, l’Imperatore-dio, si avvia segue il Sentiero Dorato. Lo spaventoso blocco rappresentato da tre millenni e mezzo di dittatura assoluta scatena un millennio e mezzo di Dispersione. L’urgenza d’espansione proietta l’umanità addirittura in altri universi. Lo scopo del Sentiero Dorato è infrangere il controllo ristagnante della prescienza, la malattia mortale che ci colpisce in quanto, da sempre e per sempre, spaventati da ciò che ci aspetta. La soluzione è un doppio simbolo dinamico: la tecnologia delle non-navi, mezzi di trasporto; l’azione di spargimento interstellare dei geni Atreides grazie ai discendenti di Siona, immuni alla previsione.
L’Uomo concepisce la Terra, e di conseguenza gli artisti umani raffigurano il cosmo siderale, come uno spazio geometrico chiuso, fondato sull’immobilità dei soggetti pensanti che si esprime nei confini degli Stati. Questa staticità va superata. Del resto ogni Stato moderno è incapace di affrontare politicamente l’ineluttabile dilemma dei flussi migratori, che sono l’aspetto più evidente della naturale fluidità dinamica della vita. Si deve smettere di addomesticare la realtà. L’esplorazione, quindi il movimento di persone e popoli, è l’unica chiave per aprire la razza umana a un futuro di prosperità. La realtà va lasciata libera e affrontata. Solo allora quel soggetto collettivo detto “umanità” può unire all’innato istinto romantico ed etico la dura pratica della sopravvivenza.
La macchina non va abbracciata nel ristagno della realtà virtuale. All’umano ci si deve avvicinare attivamente, al contrario della pericolosa tendenza attuale che cerca il riposo nell’intelligenza artificiale. Il corpo va difeso e sostenuto con la fatica, che è la vera chiave attiva dell’esistenza. I Fremen ce lo mostrano, con la loro poetica “vacanza” dei Venti Martellatori ai Palmeti del Sud, in viaggio devastante per lunghe settimane sulle groppe dei titanici e letali Vermi delle Sabbie, tra aspre folate di polvere e senza comode scorciatoie.
Qual è stato l’impatto di questa serie di romanzi nella fantascienza tra film, libri e fumetti?
In questo saggio per NPE i lettori possono trovare tutto quanto si possa scoprire sul ciclo di Dune: l’idea fantascientifica dello scrittore Frank Herbert, i vari progetti (letterari, cinematografici, artistici) che ne sono nati, gli omaggi e le interpretazioni, i simboli e i riferimenti, il valore letterario e l’eredità sociale.
Dune e il totale letterario/extra-letterario che ne è nato hanno indubbiamente un’influenza enorme su vari artisti in tutto il mondo. Si tratta della summa allucinata delle tensioni profetiche a cavallo di questi due secoli (o millenni). La visione speculativa, sia essa filosofica, etnica, socio-politica, economica, psicologica, mistica o profetica, di Frank Herbert – in particolare presente nel primo romanzo – lo avvicina ai grandi del pensiero umano, dai tragici greci a Philip K. Dick. Non stupisce che il grande cinema (George Lucas con Star Wars, e tutti i grandi autori visionari delle ultime cinque decadi) e la grande musica (i Pink Floyd di Roger Waters in primis, il cui rock psichico arriva addirittura al prossimo kolossal di Villeneuve) siano stati profondamente influenzati dalla sua opera.
Nel 1975 ecco il primo tentativo di tradurre il romanzo in film che, pur non realizzato, scatena ulteriori energie creative in omaggio al mondo Herbert. Questa del multi-artista, pluri-filosofo e “pan-creativo” Alejandro Jodorowsky è una versione alternativa ed estrema di Dune, pura arte surreale in forma di mega-kolossal science fiction/horror, visionario e immaginifico. Un epico tentativo che, ed era inevitabile, finisce nel nulla ma non fallisce. La mole di qualità prodotta a metà anni Settanta è straordinaria, riassunta nella colossale sceneggiatura interamente illustrata dallo storyboard di Moebius. “Il (più) grande kolossal mai fatto” sa avviare altri grandi film fantastici dell’epoca ed enormi saghe moderne. Tutti gli artisti coinvolti ne fanno nascere carriere gloriose. Un solo esempio concreto: quattro anni dopo il team duniano O’Bannon, Cobb, Moebius, Foss e Giger realizzano Alien. L’influenza poi tocca, tra i tantissimi, due opere spartiacque come Star Wars di Lucas nel ‘77 e Conan il Barbaro di John Milius nell’82, per i quali Cobb ricicla diverse idee. Inoltre, è il diretto progenitore di almeno due dei capolavori del fumetto mondiale: The Long Tomorrow, racconto scritto da O’Bannon e disegnato da Moebius nel 1975, padre putativo del film Blade Runner di Ridley Scott e precursore del cyberpunk; e la graphic novel fantascientifica dell’Incal, in cui gli autori Jodorowsky e Moebius, dal 1980 all’88, riprendono molto dell’apparato concettuale e visivo di quel Dune. Io nel saggio ne sviscero rielaborazione narrativa e collaborazioni artistiche, davvero oltre l’incredibile…
Altre opere famose palesemente ispirate a Dune? Mi tolgo un primo sassolino dalla scarpa: il famoso ciclo fantasy delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin (adattato per la TV ne Il Trono di Spade) a me ne sembra quasi un plagio. Secondo sassolino: pure il popolarissimo film Avatar di James Cameron!
Sulla retta dell’originalità, all’estremo opposto stanno le ispirazioni per Nausicaä della Valle del Vento del maestro nipponico Hayao Miyazaki e per la tetralogia letteraria dei Canti di Hyperion di Dan Simmons, influenzati dal Dune di Herbert per diretta ammissione degli autori. Come del resto il già citato ciclo francese a fumetti dell’Incal di Jodorowsky e Moebius. Ma sono pochi, indispensabili esempi tra i millemila possibili: si tratta di un’opera certamente irripetibile che ha inseminato tutto il fantastico mondiale tra arte, libri, fumetti e live action.
In un lungo capitolo, ad esempio, analizzo un secolo di fantascienza letteraria in relazione alla pubblicazione di Dune e dei suoi seguiti. È impossibile sintetizzare tutte le scoperte fatte nei due anni di stesura materiale del saggio, che condensano trentacinque anni di riflessioni e ricerche. È arduo anche solo cercare di far capire questa lunga esperienza molto personale, anche molto drammatica. Ma posso dire che la scoperta intellettuale del rintracciare ogni ispirazione duniana nella grande fantascienza (non solo letteraria) dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, e oltre, è tra le cose che mi hanno sorpreso di più mentre mettevo insieme il materiale per il volume. È stato un viaggio pazzesco, anzi allucinante, nelle menti di maestri eccelsi del pensiero umano. Il capitolo che lo narra è stato forse il più impegnativo ma anche quello del quale vado più fiero.
Il mio saggio è, anche per queste ricerche, l’opera che avrei voluto trovare sugli scaffali subito dopo aver letto per la prima volta Dune. Ma ciò non toglie che il volume di NPE “Dune – Tra le sabbie del mito”, grazie alle preziose sintesi esplicative di ciascuna storia e vicenda di finzione, possa essere letto autonomamente dai romanzi e, magari, invogliare a leggerli per la prima volta. Infine, per chi si avvicinerà al ciclo di Dune solo grazie al film di Denis Villeneuve, questo saggio può essere un’utile guida a comprendere il capolavoro originario – ovviamente, al netto degli spoiler!
Lei cosa ne pensa dell’adattamento cinematografico di Dune curato dal regista americano David Lynch?
Io amo definirlo il “vero capolavoro di Lynch”, poiché diretta espressione della sua mente in formazione e, quasi di conseguenza, tragico fallimento produttivo. Un film indubbiamente da riscoprire, pur se fuorviante per un neofita di Arrakis. Il saggio aiuta a comprendere anche quest’opera cinematografica del 1984, meravigliosamente imperfetta.
Lynch, regista magistrale e a suo modo rivoluzionario, a metà anni Ottanta è ancora nella “fase giovanile” in cui deve concentrarsi, capire e spiegare il proprio ego artistico industriale e post-industriale, più che adattarsi alle terrificanti e rivelatrici visioni fanta-filosofiche di Frank Herbert. Si costringe, quindi, a reinventare Dune e giunge a raccontare praticamente un’altra storia, purtroppo in seguito devastata dai timori dei produttori che ne fanno a pezzi il montaggio. Allo stesso tempo, sbaglia il libro, azzecca l’ennesimo film di culto e fallisce il suo kolossal.
Il suo Dune è formalmente bello ma esagerato, filmicamente scoordinato, sopra le righe ed eccessivo, grottesco. Con un cast interessante ma spesso lontano dalle pagine scritte. Non tanto “infedele” al testo, piuttosto all’oscuro dei tanti dettagli, particolari e risvolti fondamentali per l’intera serie di romanzi. Insomma, della storia è impossibile capirci qualcosa, mentre se ne resta abbagliati dall’immenso apparato artistico.
Viste le carriere successive (e in certi casi precedenti) degli attori e delle attrici scelti da Lynch, direi proprio che il cast del film fosse adeguato. Alcuni di loro sono più adatti alle pagine, altri meno, certamente tutti sono perfetti per la visione autonoma del regista. L’unico che non mi piace proprio è il dimenticabile Duncan Idaho di Richard Jordan, ma da tutte le loro facce si vede come Lynch abbia letto il romanzo e l’abbia legittimamente re-immaginato. Semmai è stato lo scontro tra l’arte ancora grezza ma già visionaria di un David Lynch alle prime armi e i rigidi, forse ignoranti diktat della produzione a generare questo fallimentare gioiello cult.
Purtroppo non vedremo mai una versione del film completamente frutto delle decisioni di Lynch. Ciò non toglie che, nell’ambito della sua cinematografia, il film è la palestra (anche attoriale, basti vedere Kyle MacLachlan) nella quale si allenano e dalla quale si svilupperanno molti dei suoi capolavori assoluti. Di per sé Dune 1984 è già un capolavoro, nonostante sia un film sbagliato. E poi la musica è bellissima.
Tra molti nerd c’è l’idea che la saga di Dune fosse più adatta a una trasposizione televisiva, come il caso del Trono di Spade tratto dai romanzi di George R.R. Martin. Secondo il suo parere sarebbe stata una scelta giusta per riuscire a raccontare le imprese dei personaggi di Herbert?
No. Le serie televisive sono dannate dal costante pericolo dell’assenza di sintesi e dello sbrodolamento narrativo, ossia quei terrificanti episodi “filler” per allungare il brodo e fare più soldi sul lungo periodo. Il pregio del romanzo capostipite Dune e dei sequel di Frank Herbert è, anche, quello della secchezza espressiva, nonostante la vastità dell’Universo raffigurato.
Al di là del primo e dei cinque classici sequel herbertiani, è comunque possibile una trasposizione in televisione degli altri tantissimi libri di Dune, in particolare prequel (sempre che il primo film di Villeneuve abbia successo). Più rileggo i sequel/prequel/interquel di Brian Herbert e Kevin J. Anderson, soprattutto certi prequel ambientati in epoche antiche rispetto a Dune (le Leggende e le Grandi Scuole pre, durante e dopo il Jihad Butleriano), più ritengo che siano un ottimo materiale dal quale partire per “riscrivere” e creare un attualissimo ciclo multimediale; per quanto basato, ovviamente e per prima cosa, sull’estrema forza globale e artistica del cinema, eppure potenziato dalla capacità popolare di espansione concettuale proprio della televisione. In grado di rivaleggiare con quello, ad esempio, di Star Wars – e, ci tengo a dirlo, in grado di distruggere a occhi chiusi quello così in voga del Marvel Cinematic Universe.
Certamente è possibile trasferire il tutto letterario in forma audiovisiva tra serie e motion picture, se come guida si seguirà il percorso tracciato dal figlio di Frank Herbert. Egli, vista la sua storia, è l’unico a poter legittimare e rafforzare la produzione con uno sguardo d’insieme. E, soprattutto, lo si potrà fare bene se alle redini (sia cinematografiche che televisive) c’è un uomo di cinema colto, capace e moderno, in grado di circondarsi del meglio creativo e che ama nel profondo, fin dalla giovinezza, il libro. E per fortuna Denis Villeneuve lo è.
Sarà una visione per forza di cose semplificata ma non semplicistica, adatta a un’epoca così frenetica nella fruizione dei contenuti multimediali ma affamata di visioni non banali, anzi preziose, sul difficile e interconnesso mondo attorno a noi.
In molti hanno paragonato l’intenzione di Villeneuve di creare una nuova saga con un forte impatto nella cultura pop come fu Star Wars negli anni Settanta/Ottanta e Il Signore degli Anelli negli primi Duemila. Secondo lei è possibile questo avvicinamento del pubblico all’opera di Herbert?
Naturalmente sì. Amo dire che, nel nostro mondo moderno, all’incirca ogni vent’anni appare un’opera super di tipo mitopoietico in grado di segnare la generazione corrente e tutte quelle successive. Fin dal raffinato corpus letterario di J.R.R. Tolkien, esploso dagli anni Trenta ai Cinquanta; e poi i boom pop-cinematografici della Trilogia Classica di Star Wars dal 1977 al 1983 e la traduzione filmica del Signore degli Anelli operata da Peter Jackson dal 2001 al 2003. Adesso tocca al Dune del regista Denis Villeneuve.
Dune è una storia mistica sia per parole che per immagini mentali, un’illuminazione avventurosa che intende accompagnare per mano il fortunato adepto in un vero percorso iniziatico. Lo stesso direi, in effetti, dello stesso mio saggio: un’analisi a tutto campo che, in un crescendo emotivo, fa toccare la grandezza epica dell’Universo concepito da Herbert e continuato dai suoi eredi. Grazie a livelli su livelli di arricchimenti concettuali, voglio illuminare chiunque mi segua sulle pagine per renderlo un vero cultore della saga più vasta.
Posso esprimere sensazioni, sul film in arrivo: in effetti si tratta del mio regista preferito, Villeneuve, alle prese con il mio romanzo preferito, con il massimo del potere produttivo e, guarda caso, pure lui fan del libro fin da ragazzo… Non posso che essere di parte: sono certo si tratterà di un boom di pubblico e di critica paragonabile a quello che ha benedetto vent’anni fa Il Signore degli Anelli, che Peter Jackson ha tratto da Tolkien. E Villeneuve è oggettivamente un regista più bravo dell’amato Jackson! Il mio saggio ha un intero capitolo dedicato al regista Denis Villeneuve, alla personale visione autoriale (che si è espressa per diversi film lungo due decadi) e alla produzione del suo Dune filmico.
Il film al cinema di Villeneuve rappresenta simbolicamente – io spero! – la prossima e auspicata riapertura, non solo economica ma anche mentale. Questo saggio di NPE, accanto alle opere dell’amato regista del Québec, mi piace sia testimone del buio più pesto prima dell’alba.
In tutti questi sensi, Dune è il testo profetico dei secoli che viviamo, a cavallo tra secondo e terzo millennio, pronto a diventare il manuale di istruzioni anche filmico per i millenni a venire. In Dune dominano le sterminate potenzialità fisiche e mentali dell’Uomo, come regnano i limiti umani nei confronti del destino. Facciamo attenzione agli eroi, vi prego: è una morale di grande valore, in tempi di preoccupazioni per il futuro e timore per chi dovrebbe aiutarci nel renderlo luminoso. Da giovani ci conquistano gli aspetti eroici dell’avventura duniana, perché vorremmo tutti essere Paul e Alia, Duncan e Sheeana. Da grandi iniziamo a comprendere la tragedia insita nelle trappole disperate, negli intrighi paranoici e nella morte straziante che circondano la Casa Atreides. Compatiamo Jessica e Chani, Leto II e Odrade soffrendo per loro, come soffriamo compatendo noi stessi.
Sta di fatto che le intuizioni in campo politico, economico, religioso ed ecologico che trionfano in Dune si sono rivelate esatte rispetto a quanto stiamo tragicamente vivendo in quest’ultimo ventennio. Il bello è che Dune non propone solo uno specchio ammonitore, ma anche delle soluzioni. Inoltre, la ricchissima polifonia espressa dai personaggi ha pochi eguali nel campo fantascientifico. Di certo hanno aiutato sia i sequel e i prequel letterari di Brian Herbert, che i tanti progetti multimediali che sono scaturiti da quasi sessant’anni di vita del romanzo originale.
E adesso tocca a un kolossal cinematografico pensato al massimo a ogni livello. Il vasto mondo sotterraneo degli appassionati duniani è una bomba termonucleare in attesa di esplodere definitivamente.
Allargando lo sguardo, come Dune ci insegna, grazie al film sarà l’ora nella quale l’intera umanità del pianeta Terra capirà di più su sé stessa.
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