La Yakuza, organizzazione criminale tradizionale giapponese, è forse uno dei gruppi malavitosi più influenti e particolari della storia nonché una delle mafie più ricche del mondo. Le origini, anche se non chiare, sono da rintracciare nel XVI secolo e ancora oggi sono strettamente radicati nel tessuto sociale, politico ed economico del Giappone.
Ma da tanto potere deriva anche tanta popolarità nella cultura di massa: questi uomini dagli appariscenti tatuaggi sulla schiena sono ormai presentissimi in film, serie tv (nella serie Amazon Prime “The Man in the High Castle” ad esempio) e videogiochi.
La saga di videogiochi Yakuza, in Giappone conosciuta come “Like a Dragon” di Toshihiro Nagoshi, ha cercato di creare per prima un’esperienza che rappresentasse realisticamente la loro vita ma con una punta di autoironia.
Sviluppo iniziale e trama.
Yakuza del 2005 è il primo gioco della serie di Toshihiro Nagoshi che sin da subito fa pervenire la sua voglia di rappresentare realmente la vita di uno Yakuza e la realtà giapponese attraverso un gioco beat ‘em up basato molto sul roleplay nei panni del protagonista, diventato una figura iconica del mondo videoludico e il protagonista di ben 7 giochi della serie, Kazuma Kiryu, un membro della Yakuza appartenente al Tojo Clan situato nel Kanto. Nonostante Kiryu lavori attivamente con i capi del clan Tojo fermare cospirazioni dirette verso di loro o per ampliare l’influenza del clan, il tema primario della serie è il desiderio del protagonista di abbandonare la vita mafiosa e riiniziale la sua vita aiutando orfani come lui ed evitare che finiscano nelle zone malfamate della città sotto l’influenza del mondo Yakuza.
Il gameplay è quindi basato sul muoversi per le strade del quartiere fittizio Kamurochō che è basato su Kabukichō, un vero quartiere a luci rosse di Tokyo, pestare gruppi di sgherri o gangster e compiere varie missioni principali che permetteranno di progredire nella drammatica e profonda storia oppure indulgere in una quantità immensa di missioni secondarie.
Ed è proprio qui che giace la dualità dei videogiochi Yakuza e Toshihiro Nagoshi ha compiuto un lavoro incredibile insieme alla SEGA, casa produttrice del gioco, nel creare un gioco dai temi estremamente drammatici con argomenti come: violenza, rapimenti, tortura e prostituzione nella trama principale ed accompagnarla con missioni dal tenore completamente opposto in cui Kiryu, personaggio spesso impassibile, brutale ed imbronciato, interagisce con personaggi estremamente stravaganti ed esilaranti.
Yakuza 0: il prequel capolavoro
Esempio migliore di questa dualità tra i videogiochi Yakuza è il capitolo 0, Yakuza 0 pubblicato in Giappone nel 2015 e distribuito globalmente per la Playstation 4 solo nel 2017, prequel della storia raccontata nei capitoli fino al 6 in cui al protagonista Kiryu si affianca un secondo protagonista, fan favorite della community, Majima Goro.
I due sono personaggi assolutamente antitetici, Kiryu serio, ligio al lavoro e al rispetto mentre Majima è un ventiquattrenne manager del cabaret hostess club “Grand” di Osaka dalla personalità eccentrica e frizzante e il giocatore si troverà a vivere la realtà dei personaggi alternandosi tra i due con il proseguire della storia.
Quest’ultima, senza fare spoiler, vede Kiryu accusato di un omicidio e fronteggiato dal capi del grande Tojo Clan: Daisaku Kuze, Keiji Shibusawa, Hiroki Awano con cui il giocatore avrà parecchio a che fare con cutscenes da gustarsi come se fossero un film drammatico.
Proprio sul realismo del setting e dei personaggi viene fatto un lavoro incredibile che, grazie al motion capture di elevata fattura e un cast di voiceactor che comprende cantanti e celebrità del Giappone, riesce a prendere il giocatore e catturarlo per ore davanti ad uno schermo, osservando la storia svelarsi davanti ai propri occhi con grandi colpi di scena. Ma Yakuza 0 non offre solo questo suo lato ma anche un altro decisamente più stravagante dato dalle citate missioni secondarie che sono forse il vero motivo per giocare a Yakuza 0. Missioni che denotano una profonda autoironia su luoghi comuni della cultura nipponica, che portano quello che dovrebbe essere un personaggio dal tono serio a trovarsi in situazioni molto particolari, come avere a che fare con hostess bar e personaggi con richieste insolite.
Perché solo in un gioco come questo si può passare dal vivere la vita di un malvivente che sta rischiando la vita all’entrare in una sala da bowling e vincere un pollo dopo aver fatto un “turkey” (3 strike di fila), oppure inseguimenti in auto al cardiopalma seguiti dallo scortare un personaggio fittizio chiamato Miracle Johnson che viene attaccato da orde di zombie mentre regista il video musicale di una sua canzone diretto da un certo Stephen Spining, direttore di film come Indian Jeans…
Di certo non devo aggiungere altro per spingervi a giocare questi capolavori.
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