Stop ai filtri bellezza: Meta contro la “selfie dismorfia”?

Stop ai filtri bellezza

Mark Zuckerberg dice stop ai filtri bellezza: una mossa che sembra puntare ad una una maggiore autenticità per l’universo Meta. Questa novità, però, solleva interrogativi: sarà davvero un passo decisivo verso la protezione degli utenti dai risvolti psicologici negativi della “fittizia perfezione digitale”?”

Il 14 gennaio 2025, Mark Zuckerberg ha annunciato la chiusura di Meta Spark, la piattaforma che permetteva a creatori e brand di sviluppare filtri di realtà aumentata (AR) e intelligenza artificiale (AI-AR) su Instagram e Facebook. Con questa decisione i filtri estetici, in particolare quelli dedicati alla “bellezza”, sembrano essere ormai un capitolo chiuso, segnando una svolta nel modo in cui Meta gestisce la personalizzazione visiva sui suoi social.

Meta, in questo modo, ha reso inaccessibili gli effetti AR e AI-AR creati da terzi, limitando l’offerta a soli 140 filtri sviluppati internamente. Una drastica riduzione rispetto ai circa 2 milioni di effetti disponibili precedentemente. Ma attenzione: non tutti i filtri sono scomparsi. Se da un lato quelli che migliorano l’aspetto fisico vengono eliminati, restano quelli utilizzati per cambiare il colore o lo stile delle immagini. 

Ma come funzionano i filtri estetici?

Filtri bellezza: magia digitale o inganno psicologico? Ecco come funzionano i filtri AR e AI-AR

I filtri bellezza, ormai onnipresenti sui social, si dividono in due grandi categorie. I più “tradizionali”, basati sulla Realtà Aumentata (AR), sono facili da riconoscere: sovrappongono maschere al viso creando effetti visibili che lasciano poco spazio all’illusione. Chi li usa, infatti, è subito identificabile.

Ben diverso è il discorso per i filtri AI-AR,  più sofisticati, che combinano la Realtà Aumentata con l’Intelligenza Artificiale. Questi filtri non si limitano a nascondere o sovrapporre, ma trasformano il volto in modo iper-realistico, tanto che risulta quasi impossibile accorgersi che qualcosa non sia genuino. Che si tratti di foto o video,i filtri AI-AR si adattano ai movimenti del viso, posizioni del corpo e alle espressioni facciali, creando un effetto estremamente fluido e naturale.

Il risultato? Un viso levigato, denti sbiancati, occhi ingranditi, labbra piene, naso dritto, sopracciglia impeccabili e lineamenti perfetti. Le imperfezioni – brufoli, rughe, cicatrici – svaniscono in un attimo. In pratica qualsiasi “difetto” percepito può essere cancellato. Ma a quale prezzo?

La spasmodica ricerca della perfezione estetica, amplificata dalla tecnologia, solleva un dibattito sui suoi impatti psicologici. Da anni studi mostrano come la Generazione Z, cresciuta in un mondo dominato dalla “perfezione visiva”, sia vittima di insicurezze legate all’aspetto fisico. Le aspettative sociali, alimentate da filtri come quelli AR e AI-AR, possono innescare disturbi gravi. Ansia, depressione e disturbi alimentari (DCA) sono solo alcune delle conseguenze per una generazione che cresce con l’idea che solo attraverso un’immagine perfetta si possa essere accettati, riconosciuti e amati.

La decisione di Meta di dire stop ai filtri bellezza non è ampiamente motivata nel comunicato ufficiale che fa solo riferimento al “dare priorità ai prodotti che riteniamo possano soddisfare al meglio le esigenze future dei nostri consumatori e clienti aziendali”, ma potrebbero esservi alle spalle anche delle riflessioni etiche. Potrebbe trattarsi di un un primo importante passo per proteggere, soprattutto i più giovani, dalla pressione di standard estetici artificiali e irraggiungibili?

Filtri e disagio corporeo: i numeri che raccontano una realtà inquietante

I dati parlano chiaro: l’uso dei filtri sui social ha un impatto profondo sul modo in cui percepiamo il nostro corpo. Una ricerca del Wall Street Journal del 2020 ha rivelato che ben il 40% degli adolescenti che utilizzano i social soffre di disagio legato all’immagine corporea, un disagio acuito dall’uso massiccio di filtri estetici. Le ragazze sottolineano che la loro percezione di non essere abbastanza attraenti sia nata proprio su Instagram, i ragazzi, invece,  ammettono di soffrire di  una pressione sociale originata dai social. 

Non si tratta di uno studio isolato: il 90% delle intervistate di sesso femminile dalla City University of London ha ammesso di sentire pressione nell’apparire in un determinato modo sui social e di modificare le proprie immagini per adeguarsi a standard estetici.

Dati preoccupanti emergono anche dalla Mental Health Foundation, secondo cui il 40% degli adolescenti dichiara che le foto sui social influenzano negativamente la percezione che hanno del proprio corpo. Il 35% ha smesso di mangiare o ha limitato la propria dieta a causa della preoccupazione per la propria immagine corporea.

Gli esperti avvertono dei rischi psicologici  derivanti dall’uso eccessivo dei filtri estetici sui social media.  La costante alterazione dell’immagine di sé può dar vita ad una spirale pericolosa: la ricerca incessante di un ideale estetico che non esiste, alimentando insoddisfazione, ansia e un profondo senso di inadeguatezza. Oggi i giovanissimi si trovano catapultati in un mondo di immagini “fintamente perfette” e questo capita nelle fasi più delicate per la crescita e presa di coscienza sul loro aspetto, ovvero, adolescenza e pre-adolescenza.

A confermare l’inquietante connessione tra social media e percezione corporea, c’è uno studio condotto dal Centro Universitario di Statistica per le Scienze Biomediche dell’Università Vita-Salute San Raffaele che fa luce sui pre-adolescenti tra i 13 e i 16 anni e sul fatto che più tempo si trascorre sui social media, maggiore è il desiderio di modificare selfie e foto scattate. Solo il 25,4% degli intervistati è soddisfatto di come appare al primo scatto, mentre appena il 22,9% è sufficientemente contento da arrivare a pubblicarlo. Uno dei dati più preoccupanti è proprio quello che riguarda l’uso dei filtri: il 49,2% ha confermato di utilizzare filtri e app per modificare le proprie foto prima di pubblicarle sui social network.

Selfie dismorfia: quando i filtri diventano una prigione

Questo fenomeno, che può intendersi come un’evoluzione del perfezionismo estetico digitale, è già noto al mondo della psichiatria; si tratta del: disturbo da dismorfismo corporeo. Nel 1891 lo psichiatra Enrico Morselli parlava di “disturbo da dismorfismo corporeo” o dismorfia, condizione per cui un soggetto sviluppa una preoccupazione eccessiva per un difetto fisico che, invece, agli altri appare irrilevante o persino inesistente. Oggi, con l’avvento dei social, questo disturbo ha trovato una nuova forma e un nuovo terreno per sedimentarsi; gli esperti parlano di: dismorfia corporea digitale

I filtri bellezza sono uno degli elementi alla base di questa condizione. Nell’universo dei social media siamo immersi in un’infinità di filtri e app, facilmente accessibili, per la modifica dell’immagine; per non parlare dei feedback immediati che possiamo ricevere sotto ai nostri post. Questo meccanismo sembrerebbe spingerci a concentrarsi su dei “difetti” da perfezionare o eliminare, inclusi persino quelli che inizialmente non consideravamo come tali, ma che lo diventano nel momento in cui ci abituiamo ad usare filtri. Siamo, dunque, tutti messi nella condizione di poter condividere  una “rappresentazione di noi stessi ottimizzata”, in altre parole, oggi: “si finisce col condividere l’immagine desiderata, il sé ideale, più che un riflesso effettivo di se stessi” .

Nel 2018, il chirurgo estetico Tijion Esho ha coniato il termine “Snapchat Dysmorphiaper descrivere una sempre più diffusa tendenza. Esho spiega come un crescente numero di pazienti non gli chiedeva più di sottoporsi ad interventi estetici per provare ad assomigliare a delle celebrità, ma l’obiettivo era quello di cercare di avvicinarsi alla versione “perfetta”, “ottimizzata” di loro stessi realizzata proprio tramite filtri. Questo fenomeno oggi è definito più generalmente dagli specialisti come filter o selfie dysmorphia –  un disturbo psicologico che porta chi ne soffre a non riuscire a distaccare la propria immagine da quella ritoccata sui social. La selfie dismorfia implica il non riconoscersi allo specchio, abituandosi a una versione distorta e idealizzata del proprio volto. 

I social non soltanto alterano la nostra visione del sé, ma influenzano e rafforzano anche quei meccanismi cerebrali che regolano la nostra soddisfazione. In particolare, il circuito neuronale dopaminergico, che produce il neurotrasmettitore del benessere, ovvero la dopamina, viene stimolato da azioni come il ricevere un “mi piace” sui social. Ogni like è recepito come una piccola “ricompensa” e questo attiva la produzione di dopamina; il nostro cervello, nell’intento di ricreare nuovamente quella sensazione di benessere, ci spingerà a ripetere l’azione che l’ha originata. Nel momento in cui riceviamo apprezzamenti per foto modificate rispetto a foto naturali, dire stop ai filtri bellezza si rivelerà sempre più difficoltoso e il desiderio di perfezionare ulteriormente l’immagine crescerà, alimentando un vero e proprio circolo vizioso di dipendenza da filtri e ritocchi.

Non stupisce che anche la pandemia abbia giocato un ruolo centrale nell’acuire i disturbi legati alle insicurezze estetiche. Durante il lockdown, i social sono diventati il principale mezzo di comunicazione e l’uso intensivo di video-call e meeting online ha amplificato la preoccupazione di molti per il proprio aspetto fisico. Il risultato? Un’impennata nelle richieste di interventi estetici post-pandemia, un fenomeno che dagli esperti è stato definito: Zoom Boom”.

L’uso incontrollato dei filtri sembrerebbe aver trasformato delle insoddisfazioni in veri e propri disturbi psicologici, portando le persone a sottoporsi a “migliorie” chirurgiche per raggiungere quella perfezione digitale che i filtri stessi hanno contribuito a creare. La riflessione che emerge è chiara: i filtri, che una volta erano uno strumento di divertimento, si sono trasformati in una nuova forma di prigionia estetica, con conseguenze psicologiche che non possiamo più ignorare.

Meta con lo stop ai filtri bellezza sta davvero cambiando le regole del gioco?

Meta sta riorganizzando la sua strategia, con una mossa che potrebbe segnare un punto di svolta nell’evoluzione dei social media. Limitando l’uso di strumenti esterni e privilegiando i propri effetti, l’azienda sembra voler tentare di prendere il pieno controllo della qualità visiva sui suoi social. Un cambiamento che potrebbe influire sul modo in cui gli utenti vivono la loro esperienza visiva online, riducendo la dipendenza dai filtri. La scelta di dire stop ai filtri bellezza potrebbe portare a un’esperienza “genuina”, ma si sollevano anche dubbi: questa direzione ci guiderà davvero verso un ritorno alla realtà o, al contrario, ci porterà a metodi nuovi, ancora più avanzati per modificare i nostri volti e corpi online? 

Immergendoci nel mondo dei social, siamo costantemente esposti a immagini di corpi che risultano “perfetti” rispetto alla realtà. Questo “bombardamento visivo” continua a plasmare i nostri canoni estetici, influenzando la percezione che abbiamo di noi stessi e degli altri. 

Tuttavia, si potrebbe ragionare su diverse soluzioni per ridurre questo impatto negativo dei social. La chiave potrebbe essere nell’educazione digitale: imparare a navigare in un mondo online distinguendo il reale dal fittizio. Inoltre, potremmo creare il nostro spazio sicuro, dicendo noi stessi in primis stop ai filtri bellezza e incoraggiando anche i nostri amici a fare lo stesso. Usare i social per celebrare l’auto-accettazione e diffondere messaggi positivi è un altro passo importante verso un ambiente sano e inclusivo.

Un’altra scelta ottimale potrebbe essere quella di porre maggiore attenzione ai “role model” che seguiamo. Affidarsi a figure che promuovono l’autenticità può aiutarci a contrastare il flusso di immagini distorte che dominano le piattaforme. Infine, se i social iniziano a farci sentire sopraffatti, non dimentichiamoci che possiamo sempre disconnetterci. La possibilità di staccare la spina quando necessario e rivolgere il nostro sguardo al mondo reale è un’arma potente che tutti possediamo. 

Dunque, il passo di Meta potrebbe rivelarsi sicuramente significativo nel tentativo di rompere il circolo vizioso della “fittizia perfezione” dei social, ma il vero cambiamento non risiede solo nell’avere a disposizione o meno i filtri bellezza, ma nella consapevolezza  con cui affrontiamo il mondo online.

Fonte immagine: Freepik

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