Videogiochi in Unione Sovietica: esistevano?

Videogiochi in Unione Sovietica: esistevano?

Quando si parla della storia del videogioco si fa sempre riferimento alla nascita del videogioco in Occidente. In effetti, il primo videogioco è nato in America nell’Università di Cambridge con il titolo OXO. OXO è l’antenato di Tris, uscito nel 1952 e giocabile su un computer EDSAC, dotato di un tubo catodico come schermo. È stata la dimostrazione di una concreta collaborazione tra l’uomo e la macchina grazie alle interazioni con la macchina visibili sul tubo catodico. Ma se il settore videoludico cominciava, quindi, a nascere nella seconda metà del Novecento in America, cosa succedeva negli anni ’50 oltre cortina? Esistevano i videogiochi in Unione Sovietica?

Videogiochi in Unione Sovietica: un paradosso oppure no?

L’Unione Sovietica era un’entità statale completamente diversa dall’Occidente, dal punto di visto politico, economico e sociale. Anche la vita civile in URSS era completamente diversa e anche i modi di divertirsi. Investire nel divertimento non era tra le prerogative dell’Unione Sovietica, tantomeno investire nei videogiochi, in quanto potevano rappresentare una fonte di distrazione rispetto all’etica sovietica. In verità, le cose non sono andate proprio così. I videogiochi esistevano in Unione Sovietica e il governo investiva in questo settore. La scelta degli investimenti nell’intrattenimento elettronico può essere giustificata sia dal profilo politico che da quello sociale: l’URSS non voleva essere da meno rispetto all’Occidente; quindi, doveva per forza elaborare qualcosa che potesse essere allo stesso livello dei prodotti occidentali. Il governo sovietico giustificava i propri investimenti in campo videoludico dicendo che sarebbero state macchine utili allo sviluppo della coordinazione occhio-mano dei giocatori. Di fatti, il gameplay dei primi giochi sviluppati in URSS – molto meno articolato rispetto a quello dei giochi occidentali – era molto difficile perché era creato in modo da allenare la coordinazione.
La prima console sovietica esce nel 1978 e ha il nome Palestra-02. Il nome è già esplicativo per lo scopo della console: c’erano pochi giochi tra cui scegliere – tennis, calcetto, pallavolo, squash – ed era anche disponibile una modalità allenamento. Il termine “palestra” si riferisce allo scopo che i videogiochi avevano per i sovietici: lo sviluppo della coordinazione dei giocatori, uno scopo, quindi, non ludico.
Ad ogni modo, i videogiochi in Unione Sovietica non nascono con le console domestiche, ma erano già presenti con le cabine Arcade, ancora oggi conservate e aperte al pubblico nel Museo degli Arcade Sovietici di San Pietroburgo.

La leggenda di Krusciov: un sovietico appassionato di videogames

C’è una leggenda – non confermata storicamente – che tratta di una passione e ammirazione di Krusciov per i videogiochi occidentali. Si narra che appena Krusciov si interfacciò in Occidente con questo nuovo sistema di intrattenimento, radunò tutti i produttori di giochi in Russia per cercare di produrre qualcosa quanto più simile possibile, mantenendo però un’identità sovietica. Le fonti storiche non smentiscono né confermano tale fonte, ma è pur vero che Krusciov era molto affascinato dalle tecnologie occidentali. Non a caso, è stato il primo leader del Partito Comunista ad ammorbidire e cambiare l’economia pianificata sovietica per avvicinarsi maggiormente a modelli occidentali.

 I videogiochi erano accessibili al pubblico in Unione Sovietica?

Contrariamente a ciò che ci si potrebbe aspettare, anche per i sovietici l’intrattenimento elettronico e videoludico era una delle fonti di intrattenimento più utilizzate. Ovviamente, in un’epoca in cui non esisteva Internet e tutti i mezzi di cui usufruiamo oggi, in URSS non conoscevano Nintendo e Atari, ma conoscevano e frequentavano i cabinati Arcade. Sono molte le testimonianze di persone che ricordano con affetto i cabinati e il riunirsi a giocare a giochi elettronici, anche se profondamente diversi da quelli occidentali. La cura e la perseveranza sovietica negli investimenti in questo settore era ormai una questione puramente politica: l’URSS non voleva essere seconda in nessun campo con l’Occidente, nemmeno nel campo dell’intrattenimento elettronico. Per questo, i videogiochi in Unione Sovietica diventarono abbastanza accessibili per i consumatori man mano che avanzavano le tecnologie. Diversi studi hanno stabilito che con tutta probabilità la console più longeva in Unione Sovietica è stata il Turnir, uscita dopo poco tempo dal Palestra e dotata di un hardware molto simile a quest’ultima, ma con una differenza importante: il Turnir, a differenza del Palestra, era dotato di un processore di importazione che era considerato molto performante per l’epoca.

L’apertura all’Occidente e l’arresto del settore videoludico

Negli anni ’80, nell’Ungheria comunista nasce la Novotrade, una software house che riuscirà a riscuotere un discreto successo anche in Occidente. Gli Stati Uniti erano estremamente interessati e iniziarono ad accordarsi con la Gran Bretagna per iniziare a vendere i prodotti dell’azienda ungherese, la quale riuscì anche a concludere accordi con aziende di spessore come Activision. Novotrade iniziò, quindi, a produrre molti videogiochi anche per imprese occidentali. Per la prima volta i videogiochi dell’Unione Sovietica cominciavano a uscire dal proprio territorio. Ma vi è una crisi che, oltre a causare uno squilibrio nell’ordinamento economico-sociale sovietico, mette in ginocchio tutte le attività economiche. È il 1985 e Michail Gorbaciov diventa il nuovo Segretario del Partito Comunista. Questo è un anno spartiacque della storia sovietica: con l’inizio del declino del blocco comunista e di tutti quei settori considerati ormai di poco conto rispetto alla portata della crisi, come il settore videoludico. Nonostante la minima apertura dei videogiochi dell’Unione Sovietica in Occidente, Gorbaciov si trova ad affrontare una grossa crisi economica e politica. Non c’era più spazio per i videogiochi. Si ha quindi un arresto dell’industria videoludica, mentre in Occidente c’era una situazione nettamente opposta: l’età dell’oro. Nintendo vede il suo periodo di massimo splendore, con i primi Super Mario Bros e The Legend of Zelda, mentre Atari si afferma come tra le migliori aziende nel settore videoludico.  

 Il caso Tetris e la svolta del videogioco nel mondo

Tetris, forse il videogioco più famoso al mondo, è stato sviluppato un anno prima l’elezione di Gorbaciov. Sviluppato da Aleksej Leonidovič Pažitnov con l’aiuto di Dmitry Pavlovsky e Vadim Gerasimov, il gioco aveva preso ispirazione dai tetramini. Lo scopo del videogioco è quello di incastrare in maniera ingegnosa dei blocchi che man mano cadono dall’alto. Inizialmente monocolore, il gioco nel 1985 diventa a colori ed è subito un successo mondiale. Dato l’enorme successo, uno degli sviluppatori cercò di portare Tetris all’estero, ma in realtà Tetris ci era già arrivato, e non per vie legali. Il gioco era stato trasportato su altri dispositivi rispetto a quelli pensati dagli sviluppatori, e a causa della mancanza di licenza sul gioco prodotto dai sovietici il gioco fece il giro di numerose software houses, fino ad arrivare alla cessione della licenza alle aziende di Atari e Nintendo.

Fonte immagine: Wikimedia Commons

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