Gli Indifferenti è il romanzo d’esordio di Alberto Moravia, pubblicato per la prima volta nel 1929, viene considerato il primo romanzo esistenzialista.
Questo romanzo sembra apparentemente scarno, asciutto e rigido nella prosa (specie nella rappresentazione dei personaggi); ma in realtà si tratta di un libro incredibile.
Alberto Moravia ha appena 22 anni quando inizia la stesura dell’opera che nasce dal forte impulso di narrare (vista la scoperta di un mondo sconcertante) tutta la borghesia romana; esattamente, nel momento in cui il regime ha bloccato qualsiasi ipotesi di evoluzione culturale, così come qualsiasi desiderio di cambiamento e progresso.
Gli Indifferenti, di Alberto Moravia
Gli Indifferenti si svolge tra le pareti di una casa in cui i personaggi sono sempre e solo gli stessi; che vivono in un interno borghese che non consente alcuna giustificazione, imbevuta totalmente da un convenzionalismo in cui si annida un clima costante di falsità e di menzogna.
Moravia con uno spiccato realismo descrive un mondo fatto di mancanza di valori, in cui gli uomini e le donne si muovono seguendo solo delle pulsioni animalesche e primitive; e di fatti i “menzogneri” personaggi del romanzo, agiscono unitamente l’uno contro l’altro, sospinti soltanto da un crudo egoismo, e da una personale bramosia.
Moravia, con Gli Indifferenti, asserì di aver pensato alla tragedia come la più alta forma di letteratura, per cui tale romanzo venne concepito come una tragedia. Ergo, spazio e tempo sono estremamente ridotti, tant’è che ci sembra quasi di aver a che fare con le singole unità aristoteliche. Questa famiglia borghese è pertanto descritta in due giornate, in cui i cinque personaggi – legati tra loro – agiscono e si feriscono vicendevolmente: l’indifferenza, ai valori o all’umanità, è chiaramente messa in luce dal Moravia. Ed è questa la vera tragedia, ovvero la tragedia di un mondo impuro, volgare, indifferente e borghese, che non vuole affermare né ottenere nulla, ma che mira solo alla sua conservazione.
Moravia racconta la vicenda della famiglia Ardengo che è dominata dallo stanco rapporto della madre Maria Grazia con Leo.
Questa famiglia è dominata dalla relazione tra Maria Grazia e questo personaggio Leo, un arrampicatore sociale, volgare e interessato che sfrutta l’amore di questa donna vedova e più adulta. E i figli Carla e Michele ne sono alquanto danneggiati.
Maria Grazia è gelosa della sua migliore amica, e non riesce a comprendere che Leo invece cerca di sedurre Carla. Tuttavia Carla odia ferocemente non solo Leo, l’amante di Maria Grazia, ma anche la madre. Ma ad un certo punto ella deciderà di legarsi a Leo, per disprezzo verso l’uomo, la madre e sé stessa (non essendo in grado di rompere questa tragica linea di intreccio).
Michele, il fratello di Carla, anche è disgustato da tutto quello che vede; vorrebbe finalmente mettere fine allo scempio della sua famiglia, e difatti carica la pistola, seppur fallendo, allo scopo di uccidere Leo.
Leo però sposerà Carla, e dunque Maria Grazia e Michele si rassegnano, anche se quest’ultimo, indifferente, intreccia una relazione con l’amica della madre, Lisa.
Questo romanzo è una critica terribile ed illuminata della borghesia italiana prossima alla crisi sotto al regime fascista, che tutto accetta e che mai contrasta.
Fonte immagine: Wikipedia
Che spoiler! (Forse bisognerebbe aggiungere un disclaimer all’inizio della recensione…)