Dodici Giorni è l’opera prima di Amalia Marro, scrittrice casertana, classe 1991. Il suo romanzo disseziona con delicatezza il tema della salute mentale, connesso alle relazioni e alla perdita. Ha concesso a Eroica Fenice un’intervista, durante la quale ha raccontato l’idea dietro il romanzo, le sue passioni e suggestioni riguardo il mondo del self-publishing e dell’editoria.
Amalia Marro, l’intervista
La particolarità di Dodici Giorni risiede nella struttura temporale con cui è organizzato. Come è arrivata a questa idea?
Mi piacciono le cose geometriche, dunque l’idea era di riproporre una vera e propria forma geometrica. Partendo da ciò, volevo creare qualcosa che facesse un giro e ritornasse da dove era partita; infatti, il prologo si conclude con l’ultimo momento del 2015 e l’epilogo è l’inizio della nuova storia, dunque il cerchio si chiude. In più mi piaceva l’idea della struttura (ndr. dei capitoli) bipartita e tripartita. Questo gioco di “avanti e indietro” ricorda il modo in cui si racconta un evento, molto spesso non è lineare e non viene raccontato tutto, nel libro ho voluto riproporre l’incastro, come nei rompicapo di legno: insieme compongono una forma, ma i pezzi sono a sé stanti.
Il suo romanzo segue la vita di un gruppo di amici, dall’adolescenza fino all’età adulta, lo definirebbe un coming of age?
Per quanto riguarda le prime due sezioni temporali, sì. I personaggi non sono più bambini, ma diventano giovani adulti. Il momento che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta è l’attimo in cui si chiude un’amicizia storica. Non sono più bambini e comincia una nuova vita per tutti.
Quanto la sua formazione poliedrica ha influito sul suo romanzo?
Ha influito sui personaggi di Edge ed Angel, che sono due facce del futuro che ho scelto di non avere. Hai presente quando si dice “Devi avere il coraggio di lasciare andare il cose che non fanno per te?”. La musica è sempre stata una parte importantissima della mia vita, io ho avuto un’alta formazione musicale, ho studiato al Conservatorio, e la mia vita sarebbe stata avviata in quel campo, magari non avrei fatto necessariamente l’insegnante, ma avrei potuto suonare con i quartetti o avrei potuto suonare con i gruppi rock. Avevo entrambe le possibilità, ma mi sono resa conto che non facevano per me, perché io come persona sono diversa da come sono loro, per esempio Edge è nato per stare su un palco, non per la fama, però non ha problemi a esporsi tanto. Io forse avrei avuto più problemi, ma perché cantare -quando si tratta di ambienti piccoli – non è piacevole per me.
La mia formazione mi ha aiutato a rendere credibili i personaggi in questo contesto, sebbene siano famosi e possa sembrare surreale, ma se ci pensi effettivamente succede. Bisogna diventare virali, ed è ciò che succede a loro: Edge scrive una canzone che scoppia, dopodiché diventa un caso internazionale con la sua band, a Ray succede la stessa cosa: scrive un fantasy che piace alla gente, diventa famoso anche lui.
Anche dal punto di vista degli studi linguistici e letterari, la comparazione delle letterature mi ha aperto la mente, nel senso che le scene si manifestavano nella mia testa e io cercavo di tradurle nel linguaggio. Inoltre, i dialoghi, ad esempio, li penso in inglese e alcune volte le frasi non hanno un vero e proprio corrispettivo in italiano.
Sul suo sito web sono presenti dei racconti one shot, che approfondiscono la vita dei protagonisti di Dodici Giorni, attraverso degli slice of life. Ce ne vuole parlare?
Come ho detto all’inizio ho scelto di non dire tutto, perché volevo seguire quella forma geometrica. Però, dato che si parla della vita, ci sono eventi che hanno portato a determinati sviluppi. Quando si arriva alla reazione di Angel, una persona che non ha familiarità con il disturbo di depressione maggiore, può pensare che sia una reazione eccessiva. In realtà, il disturbo di depressione maggiore scoppia all’improvviso e porta a delle reazioni eccessive, i pezzetti raccontati nella serie raccontano traumi che si vanno a stratificare, non solo nella vita di Angel, ma nella vita di sua madre, motivo per cui diventa iperprotettiva quando lei ritorna, sebbene lei sia un’adulta. Attraverso la serie si approfondiscono le storie anche dei personaggi minori, e aiutano ad avere una visione più chiara in episodi che però sono a sé stanti. È possibile leggerli anche senza aver letto Dodici Giorni, indubbiamente avendo letto il libro si ha una visione ancora più chiara. È come guardare diversi quadri, che appartengono allo stesso filone: Dodici giorni parla di amore, amicizia e perdita, la serie parla del lutto e di come superarlo, ma anche delle cose belle che precedono il lutto. La serie e il romanzo non sono propedeutici l’uno all’altro, ma si legano in un’immagine di quadro, ma chiariscono delle cose.
Pensa che la cross-medialità cambierà il mondo dell’editoria?
Quando si compra un libro, specialmente quando si tratta di autori emergenti, stai facendo una scommessa. Leggendo il racconto in maniera gratuita, è chiaro che stai leggendo una cosa diversa, ma puoi capire qual è il mio stile, se ti piace ciò che scrivo, se ti piace questo tipo di narrazione e di conseguenza se gradisci ciò che stai leggendo, puoi pensare se acquistarlo. Io faccio una cosa che mi piace e se piace a qualcun altro, può scegliere se investire in questo progetto insieme a me. Non so dunque se lo cambierà, il fatto che siamo iperconnessi e interconnessi non è per forza una cosa negativa, risulta negativo quando qualcuno si lascia trasportare e cambiare completamente. Se la cross-medialità la si usa in maniera che possa andare a nostro vantaggio è uno strumento incredibile, per esempio per farsi pubblicità si dovrebbe investire un ingente somma di denaro che un esordiente non ha.
Si ringrazia Amalia Marro per la sua disponibilità, la redazione le augura un in bocca al lupo per il suo progetto.
Immagine a cura di Amalia Marro.