Leggere Atti mancati, è come andare a teatro: o meglio, immaginare di esserci.
La scrittura di Francesco Amoruso permettere di figurarsi completamente le scene e quasi ci sembra di essere personaggi degli atti mancati, vicini di casa di quei due “pezziente sagliute”; ci sembra di vederlo quel lupo a cui il narratore del secondo atto si rivolge o probabilmente, ci sentiamo quel padre scomparso che non farà più ritorno e che chissà se c’è mai stato.
Atti mancati ci trasporta in un’altra dimensione: una dimensione in cui i coniugi Proculo, nella Pompei del 29 d.C. si chiamano amo’ e ciuciu’, una Pompei dove anche il figlio di uno schiavo può riuscire a farsi ritrarre. Soprattutto una Pompei che è metafora del nostro vivere, chi più e chi meno, per apparire, senza tenere conto però che la verità verrà sempre a galla, per quanto ci si possa sforzare di modificarla.
Leggendo il secondo “atto mancato” e viaggiando con la mente possiamo vedere gli occhi gialli del lupo, brillare nel buio della sua tana. La tradizione letteraria a cui siamo abituati ci porta ad immaginarlo come un cattivo, ma poi, probabilmente, non è nient’altro che un cucciolo peloso di cui prendersi cura. Un lupo che soffre del pregiudizio che si ha di lui.
E poi c’è l’atto finale, il più misterioso e forte di tutti: un padre parla col figlio, poi sparisce. Sembra che la scena si svolga su una nave, poi si rivela tutt’altro: non si capisce mai cosa sia successo veramente e questo rende l’ultimo atto, il più criptico di tutti, quello a cui pensiamo dopo aver letto l’intera opera.
Il finale, invece, riprende quel concetto di vivere per l’apparenza: ci sono ancora quei coniugi pompeiani, ma si ritrovano nella modernità, dove possono finalmente saziare il proprio bisogno di farsi notare e conoscere, pur essendo nient’altro che poveri cristi.
D’altronde, come dichiara lo stesso Francesco Amoruso, Atti mancati è un pretesto: «un pretesto per fare letteratura […] per pensare a corpi […] che trovano maggiore consistenza, maggiore realismo». Un pretesto, dunque, per parlare di ciò che si ignora e che, ancora, cerchiamo di nascondere.
Come ogni opera che si rispetti, Atti mancati non ha un’interpretazione univoca, ma può essere considerata in modi diversi, a seconda degli occhi di legge e delle orecchie di chi ascolta, a seconda delle esperienze e della visione del mondo di ognuno di noi. Questo, dopotutto, accade con ogni buona opera di letteratura ma, soprattutto, di teatro. Un teatro che dice tutto e niente, che si adatta alle esperienze di ognuno di noi e che, in ogni caso, ci accompagna nell’interpretazione della vita.
Questa è un’opera, disponibile su IBS, che va letta con attenzione, con curiosità, con sguardo critico e con una volontà di osservare mondi che non sono poi così lontani come si crede.
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