I grandi sanno parlare ed incantare anche dopo la loro scomparsa, perché, in realtà, non vanno mai via davvero, ma restano, statuari ed immortali, sempre presenti e vivi tra le loro pagine, con la potenza del classico che, parafrasando Calvino, non smette mai di dire ciò che ha da dire.
È il caso di Andrea Camilleri, uno degli ultimi grandi della letteratura contemporanea, o, com’egli stesso avrebbe preferito definirsi, “in fondo un cantastorie“: uomo di grande umiltà e cultura, prolifico autore della fortunatissima serie di gialli legati al nome del Commissario Montalbano, che rivive ora tra le pagine di Autodifesa di Caino, il primo libro del grande narratore siciliano scomparso lo scorso 17 luglio e pubblicato postumo da Sellerio Editore.
Come Conversazione su Tiresia, l’opera, strutturata come breve monologo teatrale sull’origine biblica del Male, avrebbe dovuto essere rappresentata a Roma, alle Terme di Caracalla, il 15 luglio 2019, tuttavia non ha mai visto il palcoscenico a causa della scomparsa del suo autore.
Autodifesa di Caino: l’origine del Male raccontata dal primo assassino della storia
Sembra quasi di ascoltarlo, o addirittura vederlo, l’anziano Camilleri, grande affabulatore, interrogarsi sul Bene e sul Male, e sull’origine di entrambi, che risiede nell’uomo, anzi, nello stesso uomo, nel pronunciare l’autodifesa di Caino, una brillante e ben congegnata arringa di difesa del primo assassino della storia, o, come lo definisce Camilleri, “colui che mise per primo in atto il Male, trasformando in atto ciò che era in potenza“.
Simbolo incarnato del Male, predestinato ad esso fin dalla nascita, immagine speculare del fratello Abele, predestinato al Bene, Caino racconta la sua storia e prova ad affrancarsi dall’abito che non soltanto la religione, ma la letteratura, l’arte e la cultura tutta, gli ha cucito addosso, ed indossare i panni, più veritieri, di uomo tra gli uomini, che ha in sé il germe del Male ma anche quello del Bene. Male, in un certo senso, necessario, in quanto ci permette di distinguere e riconoscere il Bene.
Camilleri racconta una Genesi differente, dipingendo Caino e Abele non come anime speculari, ma come uomini nei quali il Bene ed il Male convivono in un delicato equilibrio che ha il suo ago della bilancia nel libero arbitrio, nella capacità di scegliere se sottomettersi all’istinto o dominarlo, in una narrazione che, rifacendosi a fonti differenti da quelle bibliche nel delineare le personalità dei due fratelli e raccontare i retroscena della morte di Abele, ne rovescia addirittura le posizioni.
È il Caino uomo, non il Caino-simbolo a prendere la parola, a raccontarsi, svelarsi, mettersi a nudo. Il Caino che, condannato da Dio non a morte ma ad una lunga, lunghissima vita da fondatore di civiltà, riceverà il suo perdono, secondo alcuni miti, grazie all’invenzione della musica, perché “la musica, ha scritto infatti Hermann Hesse, è basata sull’armonia tra Cielo e Terra, è la coincidenza tra il disordine e la chiarezza“. Un Caino la cui progenie non ha prodotto assassini, non ha generato altro male, perché non esiste la predestinazione, l’uomo ha facoltà, diritto e dovere di scegliere. Scegliere cosa essere, cosa diventare, in che modo condurre la propria esistenza. E, perché no, pentirsi, cambiare e mettersi al servizio degli altri.