Nel libro Il mondo di Banana Yoshimoto a cura di Giorgio Amitrano, pubblicato nel 1999, si parla del legame tra Banana Yoshimoto e l’Italia, le viene chiesto infatti dei suoi lettori italiani. La scrittrice dice che sono molto diversi dai lettori giapponesi, che le scrivono delle loro vite e delle loro sventure; i lettori italiani hanno una personalità ben definita e quindi non hanno bisogno di raccontarsi, questi sono i lettori che colpiscono di più l’autrice perché si soffermano sul lato estetico dei suoi scritti, le commentano i libri perché apprezzano la bellezza della sua scrittura. In molte occasioni ribadisce che non si sarebbe mai aspettata tutto il successo avuto in Italia, aggiungendo che questo sia dovuto anche alle buone traduzioni di Giorgio Amitrano e Alessandro Giovanni Gervini.
Banana Yoshimoto e l’Italia condividono un legame molto profondo. Il suo libro Kitchen, uscito nel 1988, è stato tradotto per la prima volta in assoluto in italiano nel 1991 da Giorgio Amitrano. Il libro ha riscosso un successo straordinario e inaspettato, da quel momento Banana Yoshimoto è diventata una delle scrittrici più amate in Italia e nel mondo.
Banana Yoshimoto è un’autrice giapponese, nata a Tokyo negli anni Sessanta. È figlia di Takaaki Yoshimoto, un intellettuale molto conosciuto per i movimenti studenteschi degli anni Sessanta in Giappone; ha una sorella Haruno Yoiko, una disegnatrice di manga. Figlia di un tempo in attesa, della generazione del decennio tra gli anni Cinquanta e Sessanta in cui si configura la massima espressione creativa e si presentano delle narrative antitradizionali, influenzate da quegli anni di particolare fervore dovuto alle lotte studentesche e a una presa di coscienza maggiore.
È qui che trova il suo posto Banana Yoshimoto, insieme ad altri eredi come Murakami Haruki e Murakami Ryū. La personalità che traspare nei suoi scritti, la prosa così semplice e impressionistica, lo stile accompagnato dalla sensibilità, hanno permesso alla scrittrice di ottenere un ruolo importante nella letteratura giapponese contemporanea. Già dal nome si può dedurre una personalità molto forte: Banana è uno pseudonimo scelto perché adora i fiori rossi del banano, bijinshō, ed è un termine che si pronuncia facilmente anche nelle altre lingue. Inoltre, la sua prosa e il suo stile le hanno permesso di avere così tanta notorietà in una generazione molto influenzata dai shōjo manga, quei manga scritti dalle autrici per ragazze, successiva ai manga scritti da autori (dal punto di vista maschile, insomma) che non rifiutano la creatività; i manga per ragazze fanno l’opposto: si soffermano su un mondo immaginario dettato dalla esaltazione, dallo squilibrio. È rilevante questo dettaglio per capire perché è così popolare la narrativa dell’autrice, che racconta di amore, amicizia, famiglia, ma non solo. Infatti, Banana Yoshimoto si focalizza anche su temi, potremmo dire, scottanti, come la questione della sessualità o dell’identità di genere, anche la morte è un altro tema ricorrente. Nei suoi scritti si parla di situazioni concrete e reali, che molto spesso si ignorano ma ci sono.
Il legame tra Banana Yoshimoto e l’Italia è evidente nel suo rapporto con i lettori italiani. Sono significativi i postscriptum a essi dedicati in alcuni libri. Nei suoi scritti l’autrice ritaglia uno spazio speciale ai suoi lettori italiani, parlando di sé stessa e del processo di scrittura dei singoli libri; inoltre, non manca mai un ringraziamento a Giorgio Amitrano, il quale insieme a Alessandro Giovanni Gervini e Gala Maria Follaco traducono le opere della scrittrice. Tra questi si ricordano:
• Nel postscriptum per l’edizione italiana di Amrita, in cui dice di adorare la lingua italiana e di essere curiosa di leggere le traduzioni di Giorgio Amitrano, che ha amato più di lei il libro recandogli una nuova sfumatura con la sua traduzione;
• In Lucertola la scrittrice brevemente parla anche di Roma, che dice di adorare e nel postscriptum per l’edizione italiana dice di voler scrivere qualcosa in cui il nostro paese abbia un ruolo un po’ più speciale;
• Nel postscriptum per l’edizione italiana di Sonno profondo l’autrice descrive l’Italia come un «…paese speciale, nelle cui vene scorre l’amore per la bellezza e il piacere»;
• Nel postscriptum per l’edizione italiana di Tsugumi ricorda del suo viaggio in Italia in occasione del premio Scanno come un’esperienza fantastica. Giornate così di una felicità intensa, concentrata che la scrittrice ha passato in compagnia dei suoi amici italiani e nel quale cita anche Dario Argento.
Il legame di Banana Yoshimoto e l’Italia traspare anche nel libro uscito nel 2008 per Feltrinelli, Chie-chan e io, nel quale la protagonista si trasferisce in Italia perché appassionata dall’arte e dalla cultura tanto da imparare anche la lingua del paese. Banana Yoshimoto e l’Italia condividono dunque un legame molto importante, come lei stessa dichiara nel postscriptum per l’edizione italiana del suo libro Sonno profondo:
«L’Italia è un paese dove riesco con grande naturalezza a essere me stessa e contemporaneamente a diventare una persona dalle infinite sfaccettature. Posso essere una giovane fanciulla, una bambina innocente, una donna matura, oppure una scrittrice consapevole di sè, un cucciolo fedele, una dea innamorata dell’arte, una viaggiatrice con lo zaino sulle spalle, una turista insaziabile, una fanatica della cucina, e poi ancora e ancora mille altre cose… Paese che accogli tutto, che aiuti la bellezza degli esseri umani a fiorire, fantastica Italia, ti adoro».
Tanto si ritrova a scrivere del belpaese anche nei suoi libri, ad esempio, nel saggio Un viaggio chiamato vita, pubblicato in Giappone nel 2006 e in Italia nel 2010 da Feltrinelli. Il libro si apre infatti con una prefazione: un viaggio per quanto terribile possa essere, nel ricordo si trasforma in qualcosa di meraviglioso.
È un libro composto da 47 brevi racconti divisi in tre sezioni. La prima sezione è dedicata ai viaggi della scrittrice fatti in diverse zone del mondo: Asia, Egitto, Sud America e Italia. Nel parlare dell’Italia Banana Yoshimoto descrive l’esperienza del suo viaggio in Sicilia, dove visita Palermo. A detta dell’autrice, le avevano consigliato di stare attenta a eventuali situazioni pericolose. Nel capoluogo l’autrice però rimane esterrefatta dal primo momento in cui atterra. Rimasta stupita del cielo azzurro e del tramonto e il sole, la scrittrice addirittura dichiara di «desiderare con tutto il cuore di vivere in quella città…».
L’Italia è presente nella raccolta di racconti Il corpo sa tutto, pubblicata nel 2000 e uscito in Italia per la prima volta nel 2004. Nel racconto I fiori e il temporale Banana Yoshimoto parla di un viaggio in Italia: descrive di nuovo la Sicilia, e dopo un piccolo focus sulla morte della mamma di un suo amico, si sofferma a parlare anche della Toscana, un viaggio fatto con i suoi amici, ma questa volta d’inverno. Con il sottofondo del temporale, l’autrice ha la libertà di pensare a quell’amico, ora senza madre, e per un istante lo rivede da bambino, poi di nuovo da uomo, solo ma circondato dalle persone che ama. Il racconto si chiude con delle parole forse tipiche degli italiani: Domani, ci penseremo domani, ci dicemmo a vicenda.
Il suo regista preferito è Dario Argento, il cui film Suspiria rappresenta per lei un punto di svolta. Vedendolo a quattordici anni l’autrice si sente capita ed è un film che l’ha salvata, perché in quel momento era sola e grazie alle immagini nel film, simili a quelle nella sua testa, si rende conto di non essere pazza e rinuncia al pensiero di togliersi la vita.
Il legame di Banana Yoshimoto e l’Italia è dimostrato anche da svariati viaggi di lavoro, che riguardano incontri con gli studenti, diversi convegni e inoltre ha ricevuto molti premi, tra cui il premio Scanno nel 1993, il premio Maschera d’Argento nel 1999, il premio Capri nel 2011.
Fonte immagine di copertina: Pixabay