Basta un caffè per essere felici è il nuovo libro di Toshikazu Kawaguchi, edito da Garzanti.
Toshikazu Kawaguchi è nato a Osaka, in Giappone, nel 1971, dove lavora come sceneggiatore e regista. Con Finché il caffè è caldo, suo romanzo d’esordio, ha vinto il Suginami Drama Festival.
Aromi e tradizioni, oltre che la cura per i dettagli infinitesimali, quelli che passano inosservati agli occhi dei più, sono tutte racchiuse in questo romanzo che, sulla scia del primo successo dell’autore, ripropone le medesime atmosfere e suggestioni, proponendo ai lettori un viaggio sensoriale nella propria emotività.
Basta un caffè per essere felici – il sapore della felicità
Occasioni perdute, parole mancate, azioni incompiute sono ciò che spinge gli avventori ad avvicinarsi alla famosa caffetteria dove è possibile viaggiare nel tempo. Poche accortezze, ma ben precise, regolamentano il viaggio. La più importante: nessuna azione o parola cambierà il presente né il futuro. Nonostante ciò sono molti coloro che approfittano dell’occasione per tornare a quel momento specifico, per rivedere una persona cara e colmare il vuoto che ha lasciato. Un’ultima occasione che non ha lo scopo di risistemare le cose, né di condurre la propria vita o quella dell’altro in una direzione diversa; un padre che non riesce a definirsi tale, un figlio che ha preferito scappare piuttosto che restare, un fidanzato che non è riuscito a dire la verità e un marito addolorato sono i protagonisti delle struggenti storie che compongono questo magico viaggio nel tempo, tutto interiore. Il coraggio è il comune denominatore che lega i protagonisti, quello che dopo anni permette di guardarsi dentro e affrontare le proprie paure, le proprie mancanze, i propri errori.
L’incontro però può avvenire in un tempo limitato; il caffè non deve per nessun motivo raffreddarsi. La pena sarebbe quella capitata a un personaggio misterioso che solo una volta al giorno si allontana dal suo posto, concedendo agli avventori di affrontare il proprio viaggio.
La cura della tradizione e i riti che si trasmettono solo alle donne della famiglia sono il fulcro di questa misteriosa cerimonia, attraverso la quale una bevanda, tipicamente evocativa, quale il caffè riesce a permettere a chi ne ha il coraggio di affrontare i propri fantasmi. E una volta compiuto il percorso, l’ultimo sorso di caffè e il ritorno al presente concedono ciò che nessun cambiamento di rotta avrebbe permesso: la pace, un conforto che non può provenire da nessun altro al di fuori di se stessi.
E la morte in fondo non cambia ciò che si è vissuto, i ricordi e i sentimenti permangono e in un certo qual mondo il presente muta ma solo se il cambiamento è una scelta consapevole di felicità, capace finalmente di colmare il vuoto.
Un tempo, quello del romanzo, circolare e non lineare che nell’incontro tra passato e presente concede una nuova prospettiva per il futuro. L’attesa, la premura, la descrizione del minimo dettaglio aprono uno spiraglio sui tratti tipici della cultura giapponese, sempre affascinante e suggestiva.
Dopo ogni inverno arriva la primavera, che coincide alla fine con la consapevolezza che la felicità è una scelta che spetta soltanto a noi.
Fonte immagine: ufficio stampa